Alle 13:20 italiane di due anni fa, il 25 dicembre 2021, partiva dallo spazioporto europeo di Kourou a bordo di un Ariane V il più grande e complesso telescopio spaziale mai costruito e lanciato nello spazio dall’Umanità: il James Webb Space Telescope.
Con il suo specchio principale da 6.5 metri, per un totale di 25 metri quadri disponibili per catturare la luce di sorgenti lontane, e i suoi strumenti scientifici all’avanguardia che vedono nel vicino e medio infrarosso, il Webb è attualmente uno dei telescopi spaziali più innovativi attivi nello spazio. Si trova a 1.5 milioni di km dalla Terra, in orbita halo attorno al punto lagrangiano L2 del sistema Terra-Sole.
Nel corso di questi due anni trascorsi dal lancio, il telescopio ha attraversato mesi di test, dato il via alle attività scientifiche all’inizio dell’estate 2022, e sondato il cosmo vicino e lontano con il suo potente occhio infrarosso. Ciò ha consentito agli scienziati di compiere scoperte straordinarie, anche completamente rivoluzionarie, sul nostro Universo. E ci ha regalato dei mosaici colorati e ricchissimi di dettagli (e di scienza) di molti oggetti cosmici, tra pianeti, galassie, nebulose e sorgenti primordiali. In questo approfondimento abbiamo raccolto tutte le scoperte più importanti di questi due anni.
La missione è stata inizialmente progettata per una durata nominale di 5 anni, con un obbiettivo però pari a 10 anni. Tuttavia, dopo il successo del lancio con l’Ariane V, il team Webb ha stabilito che l’osservatorio dovrebbe avere abbastanza propellente per consentire il supporto delle operazioni scientifiche in orbita per più di 20 anni.
Il lancio del James Webb a Natale 2021
Il lancio del telescopio spaziale, progetto delle agenzie spaziali americana (NASA), europea (ESA) e canadese (CSA) è stato un evento storico, per diversi motivi. In primo luogo per l’entità stessa del progetto. Attualmente il James Webb è infatti il telescopio spaziale più complesso, potente e ambizioso mai costruito dall’umanità. Ed è anche la singola struttura spaziale esclusivamente scientifica più costosa mai costruita (poco meno di 12 miliardi di dollari).
Secondariamente, per tutti i molteplici fattori di rischio a cui la missione poteva andare incontro. Al contrario dei lanci classici, durante i quali la maggior parte del rischio di fallimento rientra nelle prime decine di minuti ed è dovuto a un eventuale fallimento del razzo, Webb rischiava di fallire per tutti i primi cinque mesi.
Il lancio vero e proprio, dopo la partenza alle 13:20 del giorno di Natale 2021, è durato 26 minuti, durante i quali il telescopio si è separato dal secondo stadio del razzo europeo Ariane V. Dopodiché sono iniziate le sequenze di dispiegamento delle varie componenti del Webb, ripiegato su se stesso all’interno della carenatura del razzo, e il suo viaggio verso il punto lagrangiano L2.
Dopo 20 anni di progettazione, costruzione e preparazione, dopo numerosissimi rinvii, finalmente il Webb era partito, e stava viaggiando nello spazio. Tuttavia, molte cose potevano ancora andare storte. Per fortuna, però, l’arrivo nel punto lagrangiano L2, l’immissione in orbita halo, le comunicazioni con la Terra e i test alla strumentazione scientifica dell’osservatorio sono si sono conclusi tutti con un successo.
Le prime immagini di Webb a luglio 2022
Alle 23:00 italiane dell’11 luglio 2022, il Presidente Biden ha tenuto un evento alla Casa Bianca durante il quale ha mostrato in anteprima la prima immagine scientifica del James Webb. Si trattava dell’ammasso di galassie SMACS 0723, e rappresentava la più profonda e nitida immagine a infrarossi dell’Universo lontano mai realizzata fino ad allora. Denominata First Deep Field di Webb, l’immagine era ricchissima di migliaia di galassie, tra cui gli oggetti più deboli mai osservati nell’infrarosso.
Alle 16:30 italiane di martedì 12 luglio, durante una trasmissione in diretta, la NASA ha infine annunciato il rilascio ufficiale delle prime 5 immagini a colori del telescopio spaziale James Webb. Risultati che seguivano a mesi di test della strumentazione, con allegati i primi veri e propri dati spettroscopici su cui la comunità scientifica avrebbe potuto iniziare fin da subito a lavorare. Al Webb First Deep Field si sono così aggiunte:
- L’analisi spettrale dell’esopianeta WASP-96b, un gioviano caldo a 1150 anni luce da noi analizzato dallo strumento NIRISS di Webb.
- La nebulosa Anello Meridionale, o NGC 3132, a 2500 anni luce da noi, una nebulosa planetaria formata da una stella morente e ora modellata dai movimenti di questa stella e della sua compagna binaria.
- Il quintetto di Stephan, un gruppo di galassie in un mosaico costruito a partire da quasi mille immagini singole di Webb, per realizzare l’immagine più grande di Webb fino ad allora.
- La nebulosa della Carena, o NGC 3324, a 7600 anni luce da noi, una nebulosa anche soprannominata “scogliera cosmica” che in luce infrarossa ha rivelato per la prima volta aree di nascita stellare precedentemente invisibili.
Due anni nello spazio: il Sistema Solare
Dall’inizio della missione, e successivamente da quando ha cominciato a tutti gli effetti le attività scientifiche, il James Webb ha puntato spesso gli occhi sul nostro Sistema Solare. Lo ha fatto, soprattutto nei primi tempi, per calibrare la sua strumentazione all’osservazione nell’infrarosso. Così facendo, ci ha regalato dei meravigliosi scatti di alcuni dei pianeti e dei satelliti del nostro sistema planetario, che oltre ad essere esteticamente molto belli, sono anche ricchissimi di scienza.
Giove
Il 22 agosto 2022 è stata pubblicata la prima foto di Giove visto nell’infrarosso con il Webb. Ottenuta con la NIRCam (Near InfraRed Camera) nel vicino infrarosso, che dispone di tre filtri specializzati, mostra i deboli anelli gioviani, 1 milione di volte più deboli del pianeta, e due piccole lune, Amaltea e Adrastea. Sono ben apprezzabili le fasce e le bande che caratterizzano l’atmosfera di Giove, così come autore blu elettrico sopra i poli nord e sud del pianeta, da cui emana un bagliore bianco. La Grande Macchia Rossa brilla in bianco/azzurro.
Credits: NASA, ESA, CSA, Jupiter ERS Team
Marte
A settembre 2022 gli occhi di Webb si sono posati su Marte. Da dove si trova, il telescopio può studiare eventi a breve termine come tempeste di polvere, modelli meteorologici, cambiamenti stagionali e altro ancora. Ci ha mostrato quindi un primo piano di Marte ripreso dallo strumento NIRCam, alle lunghezze d’onda più corte della luce infrarossa, in cui notiamo dettagli della superficie di Marte come il cratere Huygens, l’oscura Syrtis Major Planum e il luminoso bacino di Hellas. NIRCam ha realizzato anche una mappa a lunghezze d’onda maggiori che mostra l’emissione termica, ovvero la luce emessa dal pianeta quando perde calore. Qui, il punto più luminoso è dovuto al fatto che il Sole è quasi sopra la nostra testa. I poli del pianeta ricevono meno luce solare, mentre nell’emisfero settentrionale sta vivendo l’inverno, quindi sono tutti meno luminosi.
Credits: NASA, ESA, CSA, STScI, Mars JWST/GTO
Nettuno
Il 21 settembre 2022 il Webb ci ha mostrato Nettuno. In particolare i suoi vasti anelli ghiacciati, nella vista più chiara in oltre 30 anni, e per la prima volta in luce infrarossa. Nello scatto di Webb sembrano eterei ovali concentrici attorno alla sfera di colore perlaceo che è il gigante ghiacciato. Alcune macchie molto luminose nella metà inferiore di Nettuno rappresentano nuvole di ghiaccio di metano. Tra gli anelli sono sparsi sei piccoli punti bianchi, che rappresentano 6 delle 14 lune di Nettuno.
Credits: NASA, ESA, CSA, STScI
95803 Didymos
A ottobre 2022 la NIRCam del James Webb ha effettuato una serie di osservazioni dell’asteroide binario Didymos, composto dal più grande Didymos e dal compagno Dimorphos, sul quale nella notte tra il 26 e il 27 settembre di era schiantata la sonda DART della NASA per il primo test di difesa planetaria per studiare gli effetti cinetici dell’impatto di un veicolo spaziale contro un asteroide. Le osservazioni di Webb, eseguite simultaneamente a osservazioni del telescopio spaziale Hubble in orbita attorno alla Terra, hanno catturato le conseguenze dell’impatto. Hanno mostrato un nucleo stretto e compatto, con pennacchi di materiale disperso nello spazio in seguito all’impatto di DART. Queste osservazioni per il JWST sono stata una vera sfida. L’asteroide, infatti, si spostava a una velocità oltre 3 volte più veloce del limite di velocità originale che Webb era stato progettato per tracciare.
Credits: NASA, ESA, CSA, Cristina Thomas (Northern Arizona University), Ian Wong (NASA-GSFC); Giuseppe DePasquale (STScI)
Titano
L’1 dicembre 2022 il team JWST ci ha regalato alcuni scatti di Titano, la luna più grande di Saturno e l’unica di tutto il Sistema Solare ad avere un’atmosfera. Poiché Titano ha un’atmosfera densa, la sua superficie è nascosta in luce visibile, ma non lo è nell’infrarosso, infatti il Webb ha catturato sia nuvole in atmosfera che macchie luminose e scure sulla superficie. Le due nubi viste da Webb convalidano le previsioni di lunga data secondo cui le nubi si formano nell’emisfero settentrionale durante la fine dell’estate di Titano, quando il Sole ne riscalda la superficie.
Credits: NASA, ESA, CSA, A. Pagan (STScI)
10199 Chariklo
A gennaio 2023, il James Webb ha osservato per la prima volta un’occultazione stellare, ottenendo preziose informazioni su un oggetto schiacciato tra Saturno e Urano, l’asteroide 19199 Chariklo. Chariklo ha due anelli sottili, i primi anelli mai rilevati (nel 2013) attorno a un piccolo oggetto del Sistema Solare. Oltre a confermare ulteriormente la presenza degli anelli, Webb ha anche rivelato le prime tracce chiare di ghiaccio d’acqua cristallino nel sistema Chariklo. I dati provenivano in gran parte da Chariklo piuttosto che dai suoi anelli, ma le osservazioni future potrebbero aiutarci a isolare di cosa sono fatti gli anelli.
Fascia Principale
All’inizio di febbraio 2023, analizzando i dati dei test dello strumento MIRI (Mid InfraRed Instrument) di Webb, gli scienziati hanno scoperto un asteroide lungo circa 100-200 metri nella Fascia Principale di asteroidi, tra Marte e Giove, che è probabilmente l’oggetto più piccolo osservato fino ad oggi da Webb. Non era mai stato osservato prima. Gli scienziati sono fiduciosi che future osservazioni Webb consentiranno agli astronomi di studiare altri asteroidi della Fascia Principale di dimensioni inferiori a 1 km, fornendo i dati necessari per perfezionare i nostri modelli di formazione del Sistema Solare.
Urano
Il 6 aprile 2023 abbiamo visto la prima immagine di Urano di Webb, ottenuta in soli 12 minuti di esposizione, e soprattutto di ben 11 dei suoi 13 anelli, luminosissimi nell’infrarosso. Solo Voyager 2 e l’Osservatorio W.M. Keck (con ottica adattiva) avevano ripreso gli anelli di Urano, e mai così chiaramente. A differenza degli anelli orizzontali di Saturno, quelli di Urano sono verticali, perché Urano ruota su un fianco. Ben visibile nell’immagine JWST è la calotta polare stagionale, un’area bianca sul lato destro del pianeta, che appare alla luce diretta del Sole in estate e svanisce in autunno.
Credits: NASA, ESA, CSA, STScI
Cometa Read
Il 31 maggio 2023 è stato annunciato che Webb aveva confermato la prima rivelazione di vapore acqueo attorno a un raro tipo di cometa della Fascia Principale degli asteroidi, la cometa Read. A differenza della maggior parte delle comete, che si trovano oltre l’orbita di Nettuno nella Fascia di Kuiper o nella Nube di Oort, le comete della cintura principale risiedono nella fascia degli asteroidi tra Marte e Giove. E a differenza degli asteroidi, mostrano periodicamente un alone e una coda.
Le comete ottengono i loro caratteristici aloni e le loro code dal materiale ghiacciato che vaporizza mentre si avvicinano al Sole. Sebbene oggetti simili a comete siano stati precedentemente osservati nella fascia principale, Webb ci ha fornito la prima prova definitiva che il ghiaccio d’acqua sta creando quell’effetto. Il rilevamento riuscito dell’acqua è arrivato con un altro enigma: la cometa Read non aveva anidride carbonica rilevabile, e di solito essa costituisce il 10% del materiale volatile di una cometa.
Encelado
Sempre a maggio 2023, la straordinaria sensibilità e gli strumenti altamente specializzati del James Webb hanno rivelato un pennacchio di vapore acqueo proveniente dal polo meridionale di Encelado, luna di Saturno, che si estende per oltre 20 volte la dimensione della Luna stessa. L’Integral Field Unit (IFU) a bordo del NIRSpec ha inoltre fornito informazioni su come l’acqua di Encelado alimenta il resto dell’ambiente circostante.
Saturno
Il 25 giugno 2023 il Webb ha scattato la sua prima foto di Saturno nell’infrarosso, poi elaborata e pubblicata qualche giorno dopo. Il Signore degli Anelli del nostro Sistema Solare appare estremamente scuro a questa lunghezza d’onda, perché il gas metano nella sua atmosfera assorbe la luce solare. Tuttavia, i suoi anelli rimangono molto luminosi. Gli anelli di Saturno sono costituiti da una serie di frammenti rocciosi e ghiacciati: le dimensioni delle particelle variano da quelle più piccole di un granello di sabbia a quelle grandi quanto le montagne sulla Terra. Vediamo in questa immagine anche le lune Dione, Encelado e Teti.
Credits: NASA, ESA, CSA, STScI, Matt Tiscareno (SETI Institute), Matt Hedman (Università dell’Idaho), Maryame El Moutamid (Cornell University), Mark Showalter (SETI Institute), Leigh Fletcher (Università di Leicester), Heidi Hammel (AURA)
Europa
A settembre 2023, sulla crosta ghiacciata della luna gioviana Europa il James Webb ha scoperto l’anidride carbonica che probabilmente ha avuto origine nell’oceano di acqua liquida sottostante. Si è scoperto che l’anidride carbonica era più abbondante in un’area chiamata Tara Regio, dove ci sono prove di scambi di materiale tra l’oceano interno di Europa e la sua crosta. L’anidride carbonica non è stabile sulla superficie di Europa, quindi gli scienziati ritengono che si sia depositata abbastanza recentemente, geologicamente parlando. La NIRCam ha anche scattato una foto di Europa, che vediamo come una sfera sfocata blu e bianca. Ci sono macchie blu più scure nella maggior parte dell’emisfero settentrionale, così come due distinte macchie bianche lungo l’emisfero meridionale.
Credits: NASA, ESA, CSA, Geronimo Villanueva (NASA-GSFC), Samantha K Trumbo (Cornell University)
Urano
Qualche giorno fa, il 18 dicembre 2023, il Webb ci ha regalato una nuova vista di Urano, mostrandoci un mondo molto più dinamico di ciò a cui siamo abituati vedendolo in luce visibile. E ricco di anelli, lune, stagioni estreme, tempeste e molto altro. La sensibilità di Webb è riuscita anche a catturare l’anello Zeta, il più debole e diffuso e il più vicino al pianeta. Ben visibile è la calotta polare stagionale di Urano, così come tempeste luminose nell’alta atmosfera e molte delle sue 27 lune.
Credits: NASA, ESA, CSA, STScI
Due anni nello spazio: i pianeti extrasolari
Nell’agosto 2022, il James Webb ha ottenuto la prima prova sperimentale della presenza di anidride carbonica nell’atmosfera di un pianeta al di fuori del nostro sistema planetario, WASP-39 b, un gigante gassoso in orbita attorno a una stella simile al Sole a circa 700 anni luce da noi.
A settembre, il telescopio ha ottenuto la sua prima immagine diretta di un pianeta extrasolare, il gigante gassoso HIP 65426 b, con una massa da sei a dodici volte quella di Giove. È giovane, di circa 15-20 milioni di anni, ed è stato ripreso da Webb in diverse lunghezze d’onda della luce infrarossa. Credits: NASA/ESA/CSA, A Carter (UCSC), il team ERS 1386 e A. Pagan (STScI)
A novembre 2022 gli occhi di Webb sono stati puntati nuovamente su WASP-39b, per ottenere il primo profilo molecolare e chimico dell’atmosfera di un esopianeta. Ha rivelato la presenza di acqua, anidride solforosa, monossido di carbonio, sodio e potassio, oltre ad aver mostrato tracce di nuvole.
L’11 gennaio 2023 è stata data grazie allo strumento NIRSpec (Near InfraRed Spectrometer) di Webb la conferma del piccolo pianeta roccioso LHS 475 b, a 41 anni luce da noi. Con il suo diametro pari al 99% della Terra, ha quasi esattamente le stesse dimensioni del nostro pianeta. Il pianeta è però qualche centinaio di gradi più caldo della Terra, essendo molto vicino alla sua stella: completa un’orbita in soli 2 giorni.
In quei giorni è stata pubblicata anche un’immagine di Webb del disco protoplanetario attorno alla giovane stella AU Mic, una nana rossa vicina, che ospita già in orbita due pianeti conosciuti. Credits: NASA, ESA, CSA e K. Lawson (GSFC)
A marzo 2023, il James Webb ha misurato la temperatura diurna dell’esopianeta roccioso TRAPPIST-1 b, di circa 227 gradi Celsius, suggerendo che non ha un’atmosfera significativa. Questo segna il primo rilevamento di qualsiasi forma di luce (in questo caso, energia termica) emessa da un pianeta roccioso piccolo e freddo come quelli del nostro Sistema Solare. TRAPPIST-1 b è il più interno di 7 pianeti rocciosil in orbita attorno alla stella nana M TRAPPIST-1, scoperti nel 2017. Le stelle nane M sono intriganti perché sono 10 volte più comuni e 2 volte più probabilità di avere pianeti rocciosi rispetto a stelle come il nostro Sole.
In maggio, il telescopio ha rilevato tracce di vapore acqueo mentre osservava l’esopianeta roccioso GJ 486 b, molto vicino alla sua stella ospite, una nana rossa. Completa un’orbita in poco meno di 1.5 giorni terrestri e ha una temperatura superficiale di 426.7 gradi Celsius. Se il vapore acqueo fosse dovuto a un’atmosfera, quell’atmosfera avrebbe bisogno di essere continuamente rifornita a causa della forte radiazione della stella attiva.
Sempre in maggio, lo strumento MIRI del Webb ci ha permesso di ottenere una foto del disco di detriti polveroso che circonda la giovane stella Fomalhaut. L’immagine mostra chiaramente tre diverse cinture asteroidali estese per 23 miliardi di km dalla stella. Le cinture più interne, mai viste prima di questa occasione, sono state scoperte proprio con il Webb.
Credits: NASA, ESA, CSA, András Gáspár (Università dell’Arizona), Alyssa Pagan (STScI)
Alla fine di maggio, il Webb ha analizzato l’atmosfera di un gigante gassoso ultracaldo, WASP-18 b, e ne ha mappato le temperature. Nonostante il caldo torrido (quasi 2700 gradi Celsius), WASP-18 b ha piccole quantità di acqua atmosferica, misurate con precisione grazie alla sensibilità di Webb. Il pianeta orbita attorno alla sua stella così velocemente che il suo anno dura solo 23 ore. È anche bloccato dalle maree, il che significa che un lato è sempre rivolto verso la sua stella.
A giugno 2023, il telescopio ha osservato TRAPPIST-1 c, confermando che è molto improbabile la presenza di un’atmosfera densa come quella di Venere.
In luglio, è stata rilevata acqua in un disco protoplanetario, attorno alla stella PDS-70, più fredda del nostro Sole, nella zona in cui potrebbero nascere pianeti. Anche se avevamo già visto acqua in dischi simili, la scoperta di Webb è stata la prima rilevazione di acqua nella “zona dei pianeti rocciosi” di un sistema noto per avere due o più pianeti in via di sviluppo.
L’11 settembre 2023, il Webb ha rivelato anidride carbonica e metano nell’atmosfera dell’esopianeta K2-18 b, un mondo potenzialmente abitabile 8.6 volte più massiccio della Terra. L’abbondanza di anidride carbonica e metano (insieme a una carenza di ammoniaca) è intrigante per gli astronomi: supporta l’idea che questo pianeta possa avere un oceano d’acqua al di sotto di un’atmosfera ricca di idrogeno. Webb ha anche accennato al rilevamento di dimetilsolfuro su K2-18 b. Sulla Terra, questa molecola è prodotta solo dalla vita microbica.
In ottobre, il telescopio ha tracciato minuscoli cristalli di quarzo nelle nubi di un gigante gassoso caldo, WASP-17 b, uno dei pianeti extrasolari più grandi conosciuti. Presenta temperature di 1500 gradi Celsius e una pressione atmosferica pari a solo un millesimo della pressione superficiale terrestre, consentendo la formazione di cristalli di quarzo solidi direttamente dal gas.
Credits: NASA, ESA, CSA e Ralf Crawford (STScI)
A novembre, infine, il Webb ha rilevato definitivamente la presenza di gas metano nell’atmosfera del gioviano caldo WASP-80 b, a 163 anni luce da noi, molto vicino alla sua stella madre, con un anno di soli 3 giorni terrestri. Per studiare l’atmosfera del pianeta, Webb ha osservato come la luce combinata della stella e del pianeta veniva influenzata dal movimento di WASP-80 b davanti e dietro la sua stella. Il team scientifico ha quindi creato spettri, che hanno informato gli scienziati sulla composizione chimica dell’esopianeta, nonché su ciò che ci dice sulla nascita, crescita ed evoluzione del pianeta.
Due anni nello spazio: nebulose e galassie
In questi due anni il Webb ha osservato e fotografato molti bellissimi oggetti del cielo profondo: nebulose coloratissime, regioni di intensa formazione stellare, galassie vicine e lontane, resti di supernova. Lo studio nell’infrarosso di questi oggetti permette agli scienziati di unire le informazioni a quelle ottenute in altre lunghezze d’onda, e di ottenere quindi una comprensione sempre maggiore del cosmo in cui viviamo.
Inoltre, le foto di Webb sono davvero straordinarie e ricchissime di caratteristiche e sfumature. Tra le molte, ricordiamo:
- La galassia Cartwheel.
- La galassia Fantasma.
- La nebulosa della Tarantola.
- I Pilastri della Creazione.
- La nebulosa di Orione.
- Il preludio di una supernova.
- Il complesso di nubi Rho Ophiuchi.
- L’oggetto Herbig-Haro 46/47.
- La nebulosa Anello.
- La supernova 1987a.
- Il centro galattico.
Due anni nello spazio: l’Universo primordiale
A mano a mano che l’Universo si espande e che questa espansione accelera, la radiazione proveniente dalle sorgenti più lontane si “arrossa”, ovvero la sua lunghezza d’onda si sposta verso il rosso. Questo fenomeno è noto come redshift.
Il telescopio spaziale James Webb, osservando nell’infrarosso, riesce a raccogliere la luce di oggetti molto lontani, perché molto rossi, e quindi a caratterizzare molto bene l’Universo primordiale. I suoi strumenti all’avanguardia riescono a catturare i dettagli provenienti da oggetti fin quasi all’alba del cosmo, dove ancora non siamo davvero riusciti ad arrivare.
Nel novembre 2022, ad esempio, con Webb i ricercatori hanno scoperto due galassie primordiali insolitamente luminose, una delle quali potrebbe contenere la luce stellare più distante mai vista. Si ritiene che le galassie siano esistite già 350 e 450 milioni di anni dopo il Big Bang, e che fossero piccole e compatte, con forme sferiche o a disco anziché a grandi spirali come la nostra e molte altre che osserviamo oggi.
Le nuove scoperte di Webb suggeriscono che le galassie avrebbero dovuto iniziare a riunirsi circa 100 milioni di anni dopo il Big Bang, il che significa che le prime stelle potrebbero aver iniziato a formarsi in tali galassie intorno a quel periodo, molto prima del previsto. Anche scoperte successive del James Webb sono tornate ad annoverare questa ipotesi, una è quella dell’immagine sottostante.
Credits: NASA, ESA, CSA, M. Zamani (ESA/Webb). Brant Robertson (UC Santa Cruz), S. Tacchella (Cambridge), E. Curtis-Lake (UOH), S. Carniani (Scuola Normale Superiore), JADES Collaboration
A gennaio di quest’anno, dopo aver analizzato e ingrandito il Webb First Deep Field mostrato come prima immagine del James Webb da Biden l’11 luglio 2022, hanno scoperto 3 galassie giovani e distanti molto simile a una categoria di galassie primordiali molto rare soprannominate green peas. Vediamo queste tre come erano ben 13.1 miliardi di anni fa. Il trio sembra condividere le caratteristiche chimiche (ossigeno, idrogeno e neon) con le green peas.
A febbraio 2023 è stato rilasciato un gigantesco mosaico panoramiche ottenuto uneno 4 istantanee separate, contenente 3 diversi ammassi galattici, tra cui l’ammasso di Pandora, e più di 50mila sorgenti cosmiche, viste nel vicino infrarosso.
Credits: NASA, ESA, CSA, I. Labbe (Swinburne University of Technology) e R. Bezanson (Università di Pittsburgh)
In uno studio condotto su 100mila galassie e chiamato Cosmic Evolution Early Release Science, o CEERS, il Webb ha individuato il buco nero supermassiccio attivo più distante fino ad oggi, oltre ad altri due piccoli buchi neri e 11 galassie primordiali. Tutti questi oggetti esistevano già nei primi 1.1 miliardi di anni dopo il Big Bang. Il buco nero CEERS 1019 è degno di nota sia perché esisteva quando l’Universo aveva poco più di 570 milioni di anni, sia perché è molto più piccolo di altri del suo genere. Si pensava che nell’Universo primordiale esistessero buchi neri più piccoli, ma è servita la sensibilità di Webb per individuarli.
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