L’acqua è un elemento fondamentale per la vita come la conosciamo. Comprenderne la presenza, quantità e storia nei pianeti del Sistema Solare diversi dalla Terra può aiutarci a comprendere non solo l’origine della vita sul nostro pianeta, ma anche la possibilità che forme di vita analoghe si siano originate o possano originarsi in futuro in altri luoghi del nostro sistema planetario.
In particolar modo Venere, anche detto il “gemello della Terra” perché molto simile in massa e dimensioni, è un pianeta arido, nonostante la sua densa atmosfera. Numerosi studi in passato hanno cercato di spiegare il motivo di questa bassissima presenza di acqua, senza arrivare mai a dei risultati veramente certi.
Ora, un team di scienziati planetari dell’Università del Colorado Boulder ha concluso una ricerca particolarmente interessante. Utilizzando simulazioni al computer, il gruppo guidato dai ricercatori M. S. Chaffin e E. M. Cangi hanno analizzato le diverse reazioni che si verificano all’interno della densa atmosfera venusiana. Hanno così mostrato che gli atomi di idrogeno nell’atmosfera del pianeta vengono rilasciati nello spazio attraverso un processo noto come ricombinazione dissociativa, facendo sì che Venere perda ogni giorno circa il doppio di acqua rispetto alle stime precedenti.
Il responsabile di questa perdita sarebbe la molecola HCO+, uno ione composto da un atomo di idrogeno, uno di carbonio e uno di ossigeno, che dovrebbe esser presente in grande quantità nell’alta atmosfera di Venere ma che non è ancora stato rilevato.
Venere, miliardi di anni fa
L’atmosfera venusiana è costituita al 96.5% di anidride carbonica; il 3.5% restante è azoto. La sua massa è circa 93 volte quella dell’atmosfera terrestre, e genera il più forte effetto serra del sistema solare, portando la temperatura della superficie del pianeta a oltre 460°C, fatto che rende la superficie di Venere persino più calda di quella di Mercurio.
Gli studi hanno evidenziato come miliardi di anni fa, l’atmosfera di Venere fosse probabilmente molto più simile a quella terrestre e che vi fosse una presenza abbondante di acqua sulla superficie. Si stima anzi che il pianeta, durante la sua formazione, abbia ricevuto almeno tanta acqua quanta quella ricevuta dalla Terra.
Il progressivo aumento della radiazione solare, però, causò un aumento dell’evaporazione. E siccome il vapore acqueo è un potente gas serra, si innescò un processo detto di feedback positivo. Questo processo diventò sempre più rapido fino a diventare incontrollabile: come risultato gli oceani di Venere evaporarono completamente e le temperature al suolo raggiunsero valori di 1500 K. In seguito la radiazione solare ha progressivamente fotodissociato il vapore acqueo in idrogeno e ossigeno.
Venere, oggi: un pianeta arido
Venere ai giorni nostri è un pianeta decisamente riarso. Per comprendere la differenza rispetto alla Terra, se prendessimo tutta l’acqua terrestre e la depositassimo sull’intero globo, otterremmo uno strato liquido profondo circa 3 chilometri. Se facessimo la stessa cosa su Venere, dove tutta l’acqua è intrappolata nell’aria in atmosfera, ci ritroveremmo con soli 3 centimetri.
Si stima che Venere, come la vediamo oggi, abbia 100mila volte meno acqua della Terra, nonostante abbia sostanzialmente le stesse dimensioni e la stessa massa. Diverse ricerche sulla superficie di Venere basate sui dati di diverse missioni spaziali del passato hanno dimostrato che sulla sua superficie è presente ematite, a dimostrazione dell’antica presenza di acqua a livello del suolo. L’ematite, infatti, è un minerale di ossido di ferro che spesso si forma se è presente acqua.
Sono state prese in considerazione diverse ipotesi su come Venere abbia potuto perdere (quasi) tutta la sua acqua. Una afferma che quando Venere aveva l’acqua, la radiazione solare era inferiore del 30% rispetto a oggi. La zona abitabile si estendeva da Venere alla Terra, forse anche a Marte, prima che i massimi solari iniziassero a creare gas serra nell’atmosfera di Venere, rendendo l’atmosfera più spessa, facendo evaporare tutta l’acqua liquida sulla superficie del pianeta.
Tuttavia, quell’antica evaporazione non può spiegare perché Venere sia così arida come la vediamo oggi.
Una nuova spiegazione
Nel nuovo studio, Chaffin e Cangi hanno spiegato che negli strati atmosferici superiori del pianeta, l’acqua si mescola con l’anidride carbonica per formare la molecola HCO+. Questa HCO + verrebbe prodotta costantemente nell’atmosfera, ma i singoli ioni non sopravvivono a lungo. Gli elettroni nell’atmosfera trovano questi ioni e si ricombinano, dividendo la molecola originaria. A quel punto, gli atomi di idrogeno usano le molecole di CO (monossido di carbonio) per fuggire dall’atmosfera, derubando Venere di uno dei due componenti necessari a formare molecole d’acqua.
In questo modo, a causa della ricombinazione dissociativa di HCO+, che produce una maggiore quantità di idrogeno in uscita rispetto ai processi precedentemente suggeriti, Venere perderebbe ogni giorno circa il doppio della quantità di acqua ipotizzata finora.
Secondo i risultati di questa ricerca, l’unico modo per spiegare l’attuale aridità di Venere è che il pianeta ospiti volumi di HCO+ maggiori del previsto nella sua atmosfera. Addirittura, l’HCO+ dovrebbe effettivamente essere tra gli ioni più abbondanti nell’atmosfera di Venere.
Finora, nessuna sonda ha mai osservato HCO+ in fuga attorno a Venere. L’unica missione che ha contribuito a studiare la fuga dei gas da Venere è BepiColombo, che durante il suo sorvolo di Venere il 10 agosto 2021 ha misurato il numero e la massa delle particelle cariche incontrate mostrando che in una regione precedentemente inesplorata dell’ambiente magnetico di Venere, gli ioni del carbonio e dell’ossigeno vengono accelerati a velocità tali da poter sfuggire all’attrazione gravitazionale del pianeta.
Chaffin e Cangi suggeriscono che il fatto che l’HCO+ non sia ancora stata osservata fuoriuscire dall’atmosfera venusiana sia dovuto alla mancanza di strumenti adeguati a misurarlo nelle missioni spaziali finora effettuate.
Future missioni su Venere
Le missioni spaziali del futuro, quindi, saranno fondamentali. Negli ultimi anni, un numero crescente di scienziati ha messo gli occhi su Venere. Nella tabella seguente abbiamo riassunto le missioni attualmente in fase di sviluppo, e il cui lancio è previsto entro la fine di questo decennio (o poco oltre, nel caso di EnVision dell’ESA).
L’intenzione, con tutte queste missioni, è quella di esplorare l’atmosfera di Venere, studiandone la composizione chimica e la stratificazione, di comprendere l’evoluzione del pianeta e di indagare sul perché quest’evoluzione sia stata così diversa dalla Terra e da Marte. Saranno per lo più orbiter, che grazie ai radar e agli strumenti di imaging fotograferanno e mapperanno dall’alto il pianeta. Ci saranno però anche sonde atmosferiche, che attraverseranno la densa e acida atmosfera venusiana per studiarla nel dettaglio.
DAVINCI (Deep Atmosphere Venus Investigation of Noble gas, Chemistry, and Imaging) della NASA, ad esempio, lancerà una sonda attraverso l’atmosfera del pianeta per farla arrivare fino alla superficie di Venere. In questo modo potrà campionare l’atmosfera ed effettuare anche misurazioni sul suolo venusiano. Uno degli obbiettivi, oltre allo studio della composizione atmosferica, è proprio la comprensione della storia dell’acqua di Venere. Purtroppo, DAVINCI non trasporterà strumenti in grado di rilevare HCO+. Ma altre missioni potrebbero farlo.
L’abstract dell’articolo, pubblicato su Nature, è reperibile qui.
Altre risorse utili:
- Venus Facts sul sito della NASA.
- Sito ufficiale di DAVINCI.
- Venus Flyby, la missione con equipaggio che 50 anni fa avrebbe potuto sorvolare Venere.
- Il nostro approfondimento YouTube su Venus Flyby.
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