Di pianeti il nostro Sistema Solare ne ha otto, da quando Plutone è stato declassato a pianeta nano nel 2006. Tuttavia, è stato osservato un peculiare raggruppamento di orbite di un gruppo di oggetti transnettuniani estremi (Extreme Trans-Neptunian Objects, ETNO), corpi oltre Nettuno che orbitano attorno al Sole a distanze in media più di 250 volte quelle della Terra. Per spiegare questo raggruppamento, nel 2016 gli astronomi Milke Brown e Konstantin Batygin del Caltech ipotizzarono l’esistenza di un nono pianeta.
Questo pianeta, soprannominato Pianeta 9 (“planet nine”), avrebbe le dimensioni di una super-Terra e un’orbita allungata circa 460 volte più lontana dal Sole rispetto al nostro pianeta. Finora nessun telescopio terrestre o nello spazio ha rilevato la presenza del Pianeta 9, neppure le indagini Wide-field Infrared Survey Explorer (WISE) e Pan-STARRS, che tuttavia non escludono l’esistenza di un oggetto del diametro di Nettuno nel Sistema Solare esterno. Sono inoltre state avanzate diverse ipotesi alternative per spiegare il raggruppamento anomalo degli ETNO.
Di recente, Brown e Batygin hanno pubblicato un altro articolo, insieme ai colleghi Alessandro Morbidelli e David Nesvorny, presentando ulteriori prove a sostegno del Pianeta 9. Le zone più lontane del Sistema Solare, spiegano, mostrano una ricchezza di strutture dinamiche anomale. E anche se le ragioni di ciò potrebbero essere diverse, utilizzando l’ipotesi di un nono pianeta si spiegherebbero facilmente.
L’ipotesi del Pianeta 9
Le prove originali sull’esistenza del Pianeta 9 si concentravano prevalentemente sul raggruppamento di TNO, oggetti che trascorrono la maggior parte delle loro orbite più lontano dal Sole di quanto lo sia Nettuno. I due astronomi si sono concentrati, in particolare, sui TNO con elevate inclinazioni, ovvero quelli con orbite molto inclinate rispetto al piano dell’eclittica.
Poiché il contenuto del Sistema Solare si è formato da un disco attorno al Sole, ci aspetteremmo che le orbite si mantengano relativamente vicine al piano di quel disco. Tuttavia, per alcuni oggetti non è così. Batygin e Brown hanno dedotto che la gravità del Pianeta 9 potrebbe tirare fuori questi oggetti dall’eclittica, e raggrupparli insieme in orbite altamente inclinate (in maniera simile rispetto all’eclittica).
Molti scienziati sono rimasti scettici, sostenendo che ciò che Batygin e Brown vedevano come un raggruppamento (clustering) era solo un’illusione causata da errori di osservazione. I due astronomi, però, hanno contestato questa opinione, e hanno pubblicato un nuovo studio che si concentra sulle osservazioni di TNO a bassa inclinazione che non si raggruppano, ma che hanno comunque delle peculiarità che potrebbero essere spiegate dall’esistenza del Pianeta 9.
Il nuovo studio
Questi TNO considerati da Batygin e Brown sono particolari: trascorrono la maggior parte della loro vita centinaia di volte più lontani dal Sole rispetto alla Terra, ma le loro orbite sono così allungate che trascorrono un periodo più vicini al Sole di Nettuno, solo 30 più lontano dal Sole rispetto alla Terra. Questo non include, comunque, tutti gli oggetti che attraversano l’orbita di Nettuno, per esempio Plutone.
Nel Minor Planet Database, 29 TNO hanno orbite ben caratterizzate con semiasse maggiore più grande di 100 UA (dove l’Unità Astronomica è la distanza Terra-Sole), inclinazioni minori di 40° e perielio minore di 30 UA. Di questi 29, 17 hanno orbite ben quantificate. Batygin, Brown, Morbidelli e Nesvorny hanno concentrato le loro simulazioni su questi 17.
Hanno quindi effettuato simulazioni N-body di questi oggetti includendo tutto: l’attrazione dei pianeti giganti, l’azione della marea galattica mentre il Sistema Solare orbita attorno alla Via Lattea, le stelle di passaggio. L’obiettivo era analizzare le origini di questi oggetti e determinare se potevano essere utilizzati come mezzo per trovare il Pianeta 9.
Per raggiungere questo obiettivo, hanno condotto due serie separate di simulazioni: un set con incluso il Pianeta 9 nel Sistema Solare, con una massa 5 volte quella della Terra, e un set senza, con solo la marea galattica a modellare le orbite. Le simulazioni sono iniziate a t = 300 milioni di anni, ovvero 300 milioni di anni dall’inizio dell’esistenza del Sistema Solare. Si tratta del periodo di infanzia per l’evoluzione dinamica intrinseca nel Sistema Solare esterno, ma è anche trascorso tempo a sufficienza perché l’ammasso stellare natale del Sistema Solare si disperdesse e i pianeti giganti avessero in gran parte concluso le loro migrazioni.
Alla fine, i ricercatori si sono ritrovati con circa 2000 oggetti nella simulazione con perielio maggiore di 30 UA e semiassi maggiori tra 100 e 5000 UA, come vediamo nella figura seguente.
C’è o no un nono pianeta?
Le simulazioni hanno mostrato che i TNO a bassa inclinazione possono penetrare regolarmente nell’orbita di Nettuno solo se il Pianeta 9 è effettivamente lì per trascinarli. Di per sé, i vortici delle maree galattiche sono stati calcolati come troppo deboli per portare i TNO oltre Nettuno. Quindi, nella simulazione delle maree galattiche, i TNO arrivano entro una certa distanza dal Sole e non più vicini. Mentre nello scenario in cui viene incluso il Pianeta 9, i TNO sono distribuiti su una serie di orbite che attraversano Nettuno. Che corrisponde a ciò che vediamo nella realtà.
Si tratta di risultati sicuramente interessanti, ma che non provano in alcun modo l’esistenza di un nono pianeta. Queste orbite potrebbero essere generate da altri fattori. Fattori che ancora non stiamo considerando, o che nelle simulazioni vengono approssimati in maniera eccessiva.
Gli autori stessi sottolineano che qualcosa di diverso dal Pianeta 9 potrebbe causare le variazioni orbitali. Le perturbazioni gravitazionali del Sistema Solare primordiale, ad esempio. Oppure dei pianeti erranti presenti nell’infanzia del nostro sistema planetario, che potrebbero averne influenzato l’architettura per alcune centinaia di milioni di anni prima di essere in qualche modo rimossi.
Forse le risposte arriveranno presto, grazie a Vera C. Rubin
Se il Pianeta 9 effettivamente esistesse, potrebbe essere il nucleo di un pianeta gigante espulso durante gli albori del Sistema Solare. Potrebbe anche essere un pianeta errante, che è andato alla deriva attraverso lo spazio interstellare fino a quando non è stato catturato dall’ambiente gravitazionale del nostro Sistema Solare. Oppure potrebbe essere un pianeta che si è formato su un’orbita distante, e una stella di passaggio lo ha guidato nella sua orbita eccentrica.
Nel 2025, l’Osservatorio Vera C. Rubin in Cile vedrà la sua prima luce. Successivamente inizierà a condurre un’indagine notturna a tutto cielo con il suo telescopio all’avanguardia da 8.4 metri.
Con le sue alte prestazioni, Rubin sarà sicuramente in grado di testare le prove disponibili finora per l’esistenza del Pianeta 9: il raggruppamento delle orbite, l’allineamento dei loro piani orbitali, le ripide inclinazioni orbitali, la prevalenza di Centauri retrogradi.
Se qualcuna di queste prove dovesse essere solo causata da pregiudizi nell’osservazione, le misurazioni di Vera Rubin lo diranno. Oppure, potrebbero invece rafforzare le prove e trovare molti più TNO che mostrano le stesse potenziali influenze di un qualche nono pianeta. È anche possibile che l’Osservatorio Vera C. Rubin lo possa effettivamente trovare, un nono pianeta. Sempre se è presente, perché la questione resta ancora aperta…
Il nuovo studio, accettato per la pubblicazione su The Astrophysical Journal Letters, è reperibile qui.