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La vera storia della nube di Oort, la casa delle comete

Un team di astronomi dei Paesi Bassi ha ricostruito i primi 100 milioni di anni di storia della nube di Oort nella sua interezza. La simulazione suggerisce che essa sia un residuo del disco protoplanetario che ha formato il Sistema Solare. E che sia il prodotto di una vera e propria coreografia cosmica.

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Giugno 12, 2021
in Astronomia e astrofisica, News, Scienza, Sistema solare
Nube di Oort

Rappresentazione artistica della nube di Oort. La stella al centro è il nostro Sole. Credits: Pablo Carlos Budassi

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Ai più è conosciuta come la casa delle comete, il luogo da dove arrivano e dove tornano gli oggetti ghiacciati che noi vediamo come una scia luminosa in cielo. Si chiama nube di Oort, ospita circa 100 miliardi di asteroidi e oggetti simili a comete, e avvolge il nostro Sistema Solare come un enorme guscio. Essa si trova ad una distanza variabile fra 20000 e 100000 UA e la sua crescita ed evoluzione è stata oggetto di numerosi studi, nel corso degli anni. Tuttavia nessuno era ancora riuscito ad analizzarla nella sua interezza. Fino a oggi.

Ora un team di astronomi dell’Università di Leida ha ricostruito per la prima volta i primi 100 milioni di anni di storia della nube di Oort. La loro simulazione sarà pubblicata nella rivista Astronomy & Astrophysics.

“Solo quando i calcoli sono stati completati, tutti i pezzi del puzzle sono improvvisamente andati al loro posto” spiega Portegies Zwart, astronomo dell’Università di Leida e leader del team. “Allora, tutto è sembrato naturale ed evidente.”

La casa delle comete

La nube di Oort è stata ipotizzata nel 1950 dall’astronomo olandese Jan Hendrik Oort. Prima di allora, nessuno riusciva a spiegare da dove provenissero e dove andassero le comete e come fosse possibile vederne continuamente di nuove nel Sistema Solare. Secondo Oort doveva esistere un luogo ai margini del sistema contenente milioni di nuclei di comete, stabili perché la radiazione del Sole non li raggiungeva. In questa nube le comete nuove avrebbero potuto cibarsi del materiale lasciato dalle vecchie comete distrutte.

Nube di Oort simulazione
Rappresentazione artistica della nube di Oort con le orbite di alcuni degli oggetti al suo interno. Credits: Mark Garlick

La teoria di Oort sembrerebbe confermata dagli studi sulle orbite delle comete, ma non dall’osservazione della nube stessa. Infatti è troppo lontana e buia per essere vista direttamente anche dai più potenti telescopi. E neppure l’idea di raggiungerla sembra realizzabile. Al momento, anche con la nostra sonda più veloce impiegheremmo circa 30 mila anni per arrivare al centro della nube.

Cosa (non) sapevamo sulla nube di Oort

Così come non abbiamo una prova diretta dell’esistenza della nube di Oort, ma solo prove indirette, finora non sapevamo neppure come si fosse formata. Questo perché i processi e gli eventi che si verificano al suo interno non sono semplici da simulare con un modello integrale. Fino ad oggi ne erano stati fatti sono studi parziali. Alcuni eventi, infatti, impiegano pochi anni e distanze brevi a realizzarsi, altri durano miliardi di anni e distanze di anni luce.

“Se vuoi calcolare l’intera sequenza in un computer, finisci arenato” ammette Zwart. “Ecco perché, fino ad ora, sono stati simulati solo eventi separati”.

Cosa sappiamo ora sulla nube di Oort

Ora però è stato fatto un passo in più. I ricercatori di Leida sono partiti da eventi separati, come negli studi precedenti, ma sono riusciti collegare gli eventi tra loro. Hanno utilizzato il risultato finale del primo calcolo come punto di partenza per il calcolo successivo. In questo modo, sono stati in grado di mappare l’intera genesi della nube di Oort.

La ricostruzione degli astronomi mostra la cronologia della formazione ed evoluzione della nube. Essa sarebbe un residuo del disco protoplanetario di gas e detriti da cui è nato il Sistema Solare, circa 4,6 miliardi di anni fa. Inoltre, lo studio ha previsto che i corpi celesti presenti nella nube di Oort provengono da due punti dell’Universo:

  • Una parte arriva dal Sistema Solare stesso, precisamente dai detriti espulsi dai pianeti giganti. Non tutti questi detriti hanno raggiunto la nube di Oort, infatti una parte di essi occupa ancora la fascia asteroidale tra Marte e Giove.
  • L’altra parte proviene da altre stelle. Quando il Sole si era appena formato, infatti, c’erano circa un migliaio di stelle nelle vicinanze. La nube di Oort avrebbe catturato le loro comete, intrappolandole all’interno del Sistema Solare.
Disco protoplanetario
Rappresentazione artistica di un disco protoplanetario. Credits: NASA/FUSE/Lynette Cook

Quali vecchie ipotesi possiamo escludere?

Non ci sono solo novità. La ricostruzione virtuale prodotta dagli astronomi di Leida permette di sfatare alcune ipotesi avanzate negli anni. Mostra infatti che la nube di Oort si sarebbe formata tardi, dopo che il Sole era stato espulso dal gruppo di stelle dove era nato. Quindi l’ipotesi secondo qui la nube di Oort potrebbe essere una conseguenza della migrazione dei pianeti giganti non sarebbe corretta!

Si tratta di una sorta di cospirazione cosmica?

Interessante è l’interpretazione di Portegies Zwart:

Con i nostri nuovi calcoli, dimostriamo che la nube di Oort è nata da una sorta di cospirazione cosmica, in cui le stelle, i pianeti e la Via Lattea vicini svolgono tutti la loro parte. Ciascuno dei singoli processi da solo non sarebbe in grado di spiegare la nuvola di Oort. C’è davvero bisogno dell’interazione e della giusta coreografia di tutti i processi insieme.

Affascina l’idea che questa danza di corpi celesti del Sistema Solare contribuisca nel suo insieme alla storia della nube di Oort. Un po’ come l’equilibrio tra attrazione gravitazionale, maree e risonanze garantisce la perfetta sincronia dei moti orbitali dei pianeti. Quasi tutto facesse parte di un grande disegno, la cui interezza ancora ci sfugge. Ma di cui ora conosciamo un tassello in più.

Lo studio completo può essere trovato qui.

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Tags: CometaCometenube di oortSistema solareSole

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