Gli astrobiologi, e chi si occupa di cercare la vita nell’Universo, studiano come la luce stellare interagisce con la superficie o l’atmosfera di un pianeta. Questo perché se la superficie o l’atmosfera sono state trasformate dalla vita, la luce può contenerne alcuni indizi, chiamati “biofirme“. Di cosa si tratta? E come è possibile rilevare tali tracce di vita aliena?
La spettroscopia come metodo per rilevare le biofirme
Per studiare le atmosfere degli esopianeti, esistono tre metodi principali:
- spettroscopia di trasmissione. Quando un pianeta transita di fronte alla sua stella, possiamo osservare il flusso della stella mutare. Innanzitutto esso diminuirà, perché porzioni della stella vengono oscurate dal pianeta durante il suo passaggio. Inoltre, osservando la luce della stella che filtra attraverso l’atmosfera del pianeta, noteremo che alcune lunghezze d’onda sono state assorbite. Questo perché alcune delle molecole e degli atomi presenti nell’atmosfera assorbono determinate lunghezze d’onda. Tale metodo può essere utilizzato per riconoscere la presenza di determinati gas atmosferici associati alla vita, come l’ossigeno o il metano, poiché tali gas lasciano segni molto specifici nella luce.
- spettroscopia di riflettanza. In qualsiasi momento durante la sua orbita, ma soprattutto vicino all’occultazione (il pianeta passa dietro la stella), la luce della stella può rimbalzare sull’atmosfera e riflettersi verso la Terra.
- spettroscopia di emissione. Quando il pianeta e/o la sua atmosfera sono sufficientemente caldi, emettono abbastanza radiazione da essere rilevati. Naturalmente sono visibili solo quando il pianeta non sta transitando davanti alla stella, ma si trova nella condizione “fuori-dal-transito”.

La Terra come banco di prova
Prima di provare a individuare la vita aliena su un altro pianeta, è bene capire come possono apparire l’atmosfera e la superficie di un pianeta su cui, siamo certi, la vita si è sviluppata. Partiamo dunque dalla nostra Terra.
Naturalmente il profilo del Pianeta Azzurro è mutato nei diversi miliardi di anni. Durante la prima metà della sua esistenza, essa ha ospitato vita semplice e unicellulare. A quell’epoca, la sua atmosfera era priva di ossigeno e se l’avessimo osservata con un telescopio da un pianeta lontano, avremmo visto in essa tracce biologiche leggere.
La situazione è cambiata bruscamente 2.4 miliardi di anni fa, quando si è evoluta una nuova famiglia di alghe. Esse erano soggette a un processo di fotosintesi che produce ossigeno libero (non-legato chimicamente a nessun altro elemento). Da quel momento in poi, l’atmosfera ricca di ossigeno della Terra ha lasciato una biofirma forte e facilmente rilevabile nella luce che la attraversa.
Il James Webb può rilevare biofirme?
Ci vuole un telescopio incredibilmente potente per rilevare questi sottili cambiamenti nella luce proveniente da un esopianeta potenzialmente abitabile. Per ora, l’unico telescopio capace di una tale impresa è il James Webb Space Telescope. Una delle prime immagina del Webb, rese pubbliche la scorsa settimana, rappresenta proprio lo spettro di un esopianeta. Si tratta del gigante gassoso WASP-96b.
Il fatto che lo spettro abbia mostrato la presenza di acqua e nuvole però, non ci deve impressionare. Infatti è improbabile che un pianeta grande e caldo come WASP-96b ospiti la vita. Tuttavia, questi primi dati mostrano che Webb è in grado di rilevare deboli tracce chimiche nella luce proveniente dagli esopianeti. Nei prossimi mesi, Webb girerà i suoi specchi verso TRAPPIST-1e, un pianeta delle dimensioni della Terra potenzialmente abitabile a soli 39 anni luce da noi.

Webb cercherà le firme biologiche in TRAPPIST-1e e in altri esopianeti utilizzando la spettroscopia di trasmissione. Ma poiché non è stato progettato per cercare la vita, sarà in grado di rilevare solo i cambiamenti nei livelli atmosferici di anidride carbonica, metano e vapore acqueo. Sebbene alcune combinazioni di questi gas possano suggerire la presenza di vita, il segnale più forte rimane l’ossigeno non legato. E il Webb non è in grado di rilevarne la presenza.
I telescopi più adatti alla ricerca di biofirme
Ci sono diversi piani per futuri telescopi spaziali. Essi prediligono il metodo della spettroscopia di riflessione e includono progetti per bloccare la luce brillante della stella ospite di un pianeta, per rivelare la luce stellare riflessa dal pianeta stesso.
Questa idea è simile all’usare la mano per bloccare la luce solare per vedere meglio qualcosa in lontananza. I futuri telescopi spaziali potrebbero utilizzare piccole maschere interne o veicoli spaziali grandi, esterni e simili a ombrelli, per farlo. Una volta che la luce delle stelle è bloccata, diventa molto più facile studiare la luce che rimbalza su un pianeta.
Ci sono anche tre enormi telescopi terrestri attualmente in costruzione che saranno in grado di cercare le biofirme: il Giant Magellen Telescope, il Thirty Meter Telescope e l’European Extremely Large Telescope. Ciascuno di essi è molto più potente dei telescopi ora esistenti sulla Terra. E nonostante l’atmosfera terrestre distorga la luce delle stelle, questi telescopi potrebbero essere in grado di sondare le atmosfere dei mondi più vicini alla ricerca di ossigeno libero.
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