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Ecco perché esopianeti non terrestri possono ospitare acqua liquida

Un team di ricercatori dell'Università di Berna e Zurigo ha studiato l'evoluzione di innumerevoli esopianeti per scoprire la loro potenziale capacità di ospitare acqua liquida in superficie. I risultati mostrano che anche pianeti non terrestri possono diventare target interessanti per la ricerca della vita, di cui l'acqua è uno degli ingredienti chiave.

Chiara De Piccoli di Chiara De Piccoli
Luglio 9, 2022
in Astronomia e astrofisica, Divulgazione, News, Scienza
Rappresentazione artistica esopianeta
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La ricerca della vita al di fuori della Terra e del Sistema Solare è una delle sfide più intriganti e complesse che si trovano a fronteggiare i ricercatori. Conoscendo l’evoluzione della vita sul nostro pianeta, gli esopianeti terrestri, cioè simili alla Terra, sono considerati i mondi su cui poter identificare con più probabilità delle tracce biologiche. Un team di ricercatori dell’Università di Berna e di Zurigo ha dimostrato come anche pianeti diversi dalla Terra siano potenziali target su cui individuare uno degli ingredienti chiave per la vita. L’acqua allo stato liquido.

L’evoluzione dell’acqua liquida sugli esopianeti

Lo studio ha coinvolto innumerevoli esopianeti, di cui è stata simulata l’evoluzione nel corso di miliardi di anni. Questa ricerca è stata spinta dall’idea che pianeti più massivi di quelli terrestri possono intrappolare un’atmosfera primordiale più larga rispetto a quella terrestre. E questo, a seguito dell’evoluzione del sistema, avrebbe indotto un effetto serra simile a quello presente sulla Terra oggi. Un fenomeno indispensabile per la formazione di acqua liquida.

I modelli utilizzati hanno tenuto in considerazione le proprietà dell’atmosfera e il calore geotermico dei vari pianeti, ossia la quantità di calore interno che si irradia verso l’esterno. Anche l’intensità delle radiazioni della stella gioca un ruolo importante.

Grafico che descrive la durata di acqua liquida su alcuni esopianeti studiati
Grafici che rappresentano la durata delle condizioni ottimali per il mantenimento dell’acqua liquida sulla superficie per una vasta gamma di pianeti, distinti per semiassi maggiori dell’orbita e massa dell’involucro atmosferico. I pallini colorati rappresentano il dato temporale: dal viola scuro, pari a 10 Myr (1 milione di anni) a quello giallo di 5 Gyr. Le croci grigi corrispondono a casi senza condizioni per l’acqua liquida che durano più di 10 Myr. I grafici (a), (b), (c) descrivono pianeti con masse rispettivamente pari a 1.5, 3 e 8 masse terrestri. Il grafico (d) invece pianeti di 3 masse solari con un vincolo nella temperatura superficiale tra i 270 K e 400 K. Crediti: Nature Astronomy (2022)

I risultati delle simulazioni mostrano come alcuni pianeti perdano completamente l’atmosfera a seguito della radiazione stellare. Altri invece riescono a trattenerla, fornendo le condizioni ottimali affinché l’acqua allo stato liquido esista sul pianeta. Questo è possibile anche grazie al contributo del calore geotermico. Queste condizioni favorevoli sopravvivono nel pianeta per un tempo estremamente lungo, fino a decine di miliardi di anni.

L’effetto serra dell’atmosfera

Ciò che rende la Terra, e i pianeti simili ad essa, habitat favorevoli per l’acqua allo stato liquido è l’atmosfera. Come spiega Ravit Helled, professore di Astrofisica Teorica presso l’Università di Zurigo, “con il suo effetto serra naturale, [l’atmosfera] intrappola la corretta quantità di calore per creare le giuste condizioni per oceani, fiumi e piogge“.

L’atmosfera terrestre non è sempre stata quella che conosciamo oggi. Ne esisteva una primordiale, composta principalmente da idrogeno e elio, che avvolgeva la Terra fin dalla sua nascita. Durante l’evoluzione del pianeta però è andata persa, lasciando quella che troviamo ora.

Vista l’importanza dell’atmosfera nella formazione della vita dunque, la ricerca degli astronomi si è focalizzata sui pianeti situati nella cosiddetta zona abitabile. Si tratta della regione di spazio attorno alla stella nella quale le radiazioni ricevute dal pianeta permettono la formazione di acqua liquida. Troppa irradiazione la farebbe evaporare, troppo poca invece la farebbe ghiacciare.

rappresentazione artistica atmosfera primordiale
Rappresentazione artistica di un pianeta con un’atmosfera primordiale d’idrogeno e elio che possiede le temperature e pressioni che consentono all’acqua di trovarsi nella fase liquida. Crediti: (CC BY-NC-SA 4.0) – Thibaut Roger – Universität Bern – Universität Zürich

Un lavoro di squadra

La scoperta del team sottolinea che non c’è un confine entro cui individuare acqua liquida, poiché la sua formazione dipende da molte variabili. Secondo lo studio, anche i pianeti free-floating (ossia liberi di fluttuare nello spazio) possono ospitare acqua allo stato liquido.

Tuttavia sebbene i risultati siano eccitanti, ci sono ancora molte cose da considerare. Infatti l’atmosfera dei pianeti deve resistere per molto tempo nella giusta quantità per sostenere la formazione di acqua liquida. Questa condizione tuttora non si sa quanto sia comune all’interno della vastità di esopianeti scoperti.

Anche il lavoro di squadra con gli astrobiologici è fondamentale per capire quanto probabile è lo sviluppo di vita in habitat esotici, diversi da quelli terrestri. Il lavoro da fare dunque è ancora molto, ma questo studio aiuta a ampliare gli orizzonti di ricerca. Citando Christoph Mordasini, professore di Astrofisica Teorica presso l’Università di Berna, “la nostra idea centrata sulla Terra di un pianeta favorevole alla vita potrebbe essere troppo ristretta”.

Lo studio, pubblicato su Nature Astronomy, è disponibile qui.

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Tags: AcquaastrobiologiaAtmosferaEsopianetiTerraVita

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