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L’algoritmo di intelligenza artificiale che ha sfidato il microlensing per la ricerca di pianeti extrasolari

Gli astronomi dell'Università di Berkeley hanno sviluppato un algoritmo di intelligenza artificiale per la ricerca di esopianeti, implementato con le curve di luce delle stelle ottenute con la tecnica del microlensing. Esso ha rivelato che le teorie matematiche legate al microlensing sono incomplete. Questo studio pone le basi alle osservazioni del telescopio Nancy Grace Roman, il cui lancio è previsto nel 2027.

Mila Racca di Mila Racca
Giugno 1, 2022
in Astronomia e astrofisica, ESA, NASA, News, Scienza
Trappist-1 extrasolar system. Credit: NASA

Trappist-1 extrasolar system. Credit: NASA

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A oggi sono stati confermati più di 5000 esopianeti all’interno della nostra galassia, la maggior parte dei quali individuati con i metodi del transito e delle velocità radiali. Solo un centinaio sono stati scoperti grazie al microlensing. Ora un algoritmo d’intelligenza artificiale (AI) sviluppato dagli astronomi dell’Università di Berkeley potrebbe aiutare nella ricerca di pianeti extrasolari, usando come test le curve di luce dell’effetto di microlensing.

Keming Zhang, studente all’Università di Berkeley, ha testato l’algoritmo sulle curve di luce microlensing da centinaia di possibili configurazioni orbitali di stelle ed esopianeti. Ha così notato qualcosa d’insolito, che non poteva essere spiegato dalle interpretazioni già conosciute. Potrebbe essere l’indizio di una faccia della teoria del microlensing che ancora non sapevamo esistesse.

Il microlensing e i pianeti extrasolari

Il microlensing è un metodo particolarmente indicato per individuare esopianeti di dimensione simile alla Terra con un’orbita molto ampia, simile a quella di Giove e Saturno. La tecnica è fondata sulla teoria della relatività generale di Einstein. In particolar modo, su come la luce venga deviata dal campo gravitazionale generato dalla presenza di una massa.

Quando una stella solitaria in primo piano passa davanti a una stella sullo sfondo, la luminosità di quest’ultima aumenta gradualmente, fino a raggiungere un picco. Poi scende simmetricamente alla sua luminosità originale. Ma se la stella in primo piano ha un esopianeta, esso crea un picco di luminosità separato all’interno del picco dovuto alla stella. L’aumento di luminosità da parte della stella può durare fino a 30 giorni, mentre il picco causato dal pianeta dura qualche ora. 

A sinistra vediamo l’incremento della luminosità della stella sullo sfondo (gialla) a causa del campo gravitazionale della stella che si trova fra lei e noi (bianca). A sinistra, vediamo come la curva di luce subisca un ulteriore incremento a causa della presenza di un pianeta. Credit: NASA

La falla del metodo del microlensing

Quando si cerca di ricostruire la configurazione orbitale dell’esopianeta che ha prodotto il segnale, la relatività generale fornisce due o più cosiddette soluzioni degeneri per spiegare le osservazioni. A oggi, gli astronomi hanno generalmente affrontato queste degenerazioni in modi semplicistici:

  1. Se la luce della stella lontana passa vicino alla stella-lente, le osservazioni potrebbero essere interpretate come un’orbita ampia o stretta per il pianeta.
  2. Se invece la luce stellare di fondo passa vicino al pianeta, gli astronomi possono risolvere l’ambiguità con altri dati.

Secondo Gaudi, professore di astronomia e co-autore della ricerca, queste due semplificazioni del microlensing gravitazionale a due corpi sono generalmente sufficienti per determinare le masse dei pianeti e le distanze orbitali. Esse tuttavia non forniscono una panoramica generale di tutte le possibili casistiche. Infatti, tali interpretazioni non riescono a spiegare tutte le ambiguità riscontrate durante le osservazioni.

Un algoritmo d’intelligenza artificiale per trovare i pianeti extrasolari

Sfruttando l’algoritmo d’intelligenza artificiale sviluppato dall’Università di Berkeley sulle curve di luce microlensing, Zhang ha concluso che le interpretazione comunemente utilizzate del microlensing erano, in effetti, solo casi speciali di una teoria più ampia. Questa ipotesi potrebbe spiegare la varietà di ambiguità negli eventi di microlensing. Zhang ha spiegato:

Le due precedenti teorie sulla degenerazione trattano casi in cui la stella sullo sfondo sembra passare vicino alla stella in primo piano o al pianeta in primo piano. L’algoritmo di IA ci ha mostrato centinaia di esempi non solo da questi due casi, ma anche da situazioni in cui la stella non passa vicino né alla stella né al pianeta e non può essere spiegata da nessuna delle precedenti teorie. Questa è stata la chiave per proporre la nuova teoria unificante.

Le nuove ipotesi sul microlensing e le conseguenze osservative

Dopo numerose osservazioni,  Zhang e Gaudi hanno presentato un nuovo articolo che descrive rigorosamente la nuova matematica basata sulla relatività generale. L’articolo esplora la teoria in situazioni di microlensing in cui più di un esopianeta orbita attorno a una stella. La nuova teoria rende tecnicamente più ambigua l’interpretazione delle osservazioni di microlensing, poiché esistono più soluzioni degeneri per descrivere le osservazioni.

Rappresentazione artistica del Telescopio Spaziale Nancy Roman. Credits: NASA

La teoria dimostra anche chiaramente che osservare lo stesso evento di microlensing da due prospettive renderà più facile stabilire le orbite e le masse corrette. Dalla Terra e dall’orbita del telescopio spaziale Nancy Grace Roman, per esempio.

Questo è ciò che gli astronomi hanno in programma di fare attualmente. “L’intelligenza artificiale ha suggerito un modo per guardare l’equazione sotto una nuova luce e scoprire qualcosa di veramente profondo sulla sua matematica” ha affermato Joshua Bloom, ricercatore alla Berkeley e co-autore della ricerca. 

Uno degli obiettivi principali del Nancy Grace Roman Space Telescope della NASA, il cui lancio è previsto entro il 2027, è scoprire migliaia di altri esopianeti tramite microlensing. Grazie a questo nuovo studio e all’algoritmo d’intelligenza artificiale, i ricercatori sono fiduciosi che le osservazioni forniranno risultati sempre più precisi.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Astronomy, è disponibile qui.

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Tags: EsopianetiIntelligenza artificialeMachine Learningmicrolensing

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