Il James Webb ha ottenuto l’immagine diretta di più esopianeti all’interno del sistema HR 8799, uno dei sistemi esoplanetari più studiati dagli astronomi.
A circa 130 anni luce dalla Terra, HR 8799 ospita quattro giganti gassosi che offrono un’opportunità unica per comprendere i meccanismi di formazione planetaria al di fuori del nostro Sistema Solare.
Le osservazioni condotte con la NIRCam, che mostrano i pianeti come dei pallini sfuocati di diversi colori attorno alla loro stella, hanno rivelato che essi sono ricchi di anidride carbonica, un elemento fondamentale per ricostruire la loro origine. Inoltre, la presenza abbondante di carbonio, ossigeno e altri elementi pesanti suggerisce che i pianeti si siano formati attraverso l’accrescimento del nucleo, un processo simile a quello che ha dato origine a Giove e Saturno nel nostro Sistema Solare.
Cosa ci mostra questa immagine?
HR 8799 è un sistema giovane, con un’età stimata di appena 30 milioni di anni, un battito di ciglia rispetto ai 4.6 miliardi di anni del nostro Sistema Solare. I suoi pianeti, ancora caldi dalla loro formazione, emettono grandi quantità di luce infrarossa, permettendo agli astronomi di analizzare la loro composizione chimica e la loro evoluzione termica.
🆕 Webb has imaged gas giants 130 light-years away!
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— ESA Webb Telescope (@ESA_Webb) March 17, 2025
Nell’immagine, un simbolo di stella segna la posizione della stella ospite HR 8799, la cui luce è stata bloccata da un coronagrafo. I colori dei pianeti, invece, rappresentano diverse lunghezze d’onda catturate dalla NIRCam di Webb, e raccontano ai ricercatori le temperature e la composizione dei pianeti.
Il più lontano, HR 8799 b, che orbita attorno a circa 10.1 miliardi di km dalla stella, è il più freddo del gruppo e il più ricco di anidride carbonica. HR 8799 e orbita attorno a 2.4 miliardi di km dalla sua stella e probabilmente si è formato più vicino alla stella ospite, dove c’erano variazioni più forti nella composizione del materiale.
In questa immagine, il colore blu è assegnato alla luce da 4.1 micron, il verde alla luce da 4.3 micron e il rosso alla luce da 4.6 micron.
HR 8799: un laboratorio naturale per lo studio degli esopianeti
Grazie alla tecnologia avanzata del coronografo di Webb, che blocca la luce della stella madre, i ricercatori sono riusciti a distinguere con precisione la firma della CO₂ nelle atmosfere planetarie. Così come l’abbondanza di elementi pesanti, che rappresenterebbe una forte evidenza della loro formazione per accrescimento del nucleo. Questa teoria prevede che piccoli corpi solidi si aggreghino progressivamente fino a formare un nucleo massiccio, il quale attrae successivamente enormi quantità di gas dalla nebulosa protoplanetaria.

Questi risultati rafforzano l’importanza di HR 8799 come modello di riferimento per lo studio della formazione planetaria. Secondo Emily Rickman dell’ESA, il sistema rappresenta una pietra miliare per capire come si evolvono gli esopianeti e quali processi chimico-fisici dominano la loro nascita.
L’analisi dei pianeti giganti di HR 8799 offre parallelismi con il nostro Sistema Solare e aiuta a rispondere a una delle domande fondamentali dell’astrofisica: quanto è comune la nostra configurazione planetaria rispetto ad altri sistemi?
Un passo avanti per la comprensione dei sistemi planetari
Oltre a HR 8799, il team ha studiato anche il sistema 51 Eridani, situato a 97 anni luce dalla Terra, con risultati altrettanto promettenti. Anche 51 Eridani b, fotografato direttamente da Webb, mostra un’abbondanza di anidride carbonica. L’obiettivo ora è comprendere quanto sia comune il processo di accrescimento del nucleo nei pianeti giganti che possiamo fotografare direttamente.

L’osservazione diretta di questi mondi lontani è una rarità: dei quasi 6.000 esopianeti scoperti finora, pochissimi sono stati fotografati direttamente, poiché la luce riflessa da un pianeta è di migliaia di volte più debole rispetto a quella della sua stella.
Le nuove immagini di Webb dimostrano che il telescopio può catturare dettagli atmosferici cruciali anche per esopianeti in orbite più interne, fino ad ora difficili da studiare. Secondo Rémi Soummer, esperto di ottica e strumentazione di Webb, queste osservazioni confermano che le operazioni del telescopio sono perfettamente calibrate per l’imaging diretto di pianeti extrasolari.
Lo studio, pubblicato su The Astronomical Journal, è reperibile qui.
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