Perché le galassie smettono di formare stelle? E i fattori che influenzano questo processo sono cambiati nel corso dei 13.8 miliardi di anni dell’Universo? Per rispondere a queste domande, gli scienziati studiano il processo di formazione stellare nelle galassie, e sono particolarmente interessanti ad analizzare quelle definite quiescenti, ovvero spente, “morte”, senza più formazione attiva di nuove stelle.
Utilizzando i dati all’interno del programma di osservazione JADES (JWST Advanced Deep Extragalactic Survey) effettuato con il telescopio spaziale James Webb, di recente un team di ricerca ha individuato la più antica galassia quiescente mai scoperta. Ha smesso improvvisamente di formare nuove stelle più di 13 miliardi di anni fa, e la vediamo com’era quando l’Universo aveva solo 700 milioni di anni.
Questa galassia sembra aver vissuto velocemente ed essere morta giovane: la formazione stellare è avvenuta rapidamente ed è cessata quasi altrettanto rapidamente, il che è inaspettato per una fase così precoce dell’evoluzione cosmica.
Galassie che vivono, galassie che muoiono
Le prime centinaia di milioni di anni dell’Universo sono state una fase molto attiva dell’evoluzione cosmica, caratterizzata da molte nubi di gas che collassavano per formare nuove stelle. Allora cosa provoca l’esaurimento del gas necessario alla nascita stellare, e quindi la “morte” di una galassia?
Gli astronomi ritengono che la formazione stellare possa essere rallentata o arrestata da diversi fattori, tutti in grado di privare una galassia del gas di cui ha bisogno per formare nuove stelle. Fattori interni, come un buco nero supermassiccio o un feedback dalla formazione stellare, possono spingere il gas fuori dalla galassia, causando un rapido arresto della formazione stellare.
In alternativa, il gas può essere consumato molto rapidamente dalla formazione stellare, senza essere reintegrato da altro gas proveniente dai dintorni della galassia. Tuttavia, il coautore Roberto Maiolino dell’Università di Cambridge ha spiegato:
Non siamo sicuri che uno di questi scenari possa spiegare quello che abbiamo visto ora con Webb. Finora, per comprendere l’Universo primordiale, abbiamo utilizzato modelli basati sull’Universo moderno. Ma ora che possiamo vedere molto più indietro nel tempo e osservare che la formazione stellare si è spenta così rapidamente in questa galassia, i modelli basati sull’Universo moderno potrebbero dover essere rivisti.
Una galassia spenta troppo presto
I dati JADES suggeriscono che questa particolare galassia, denominata JADES-GS-z7-01-QU, abbia vissuto un breve e intenso periodo di formazione stellare in un intervallo temporale compreso tra 30 e 90 milioni di anni. Ma tra i 10 e i 20 milioni di anni prima del momento in cui è stata osservata con Webb, la formazione stellare si è improvvisamente interrotta.
Tutto sembra accadere più velocemente e più drammaticamente nell’Universo primordiale, hanno spiegato gli scienziati. E queste caratteristiche potrebbero includere il passaggio molto rapido delle galassie da una fase di formazione stellare a una fase di quiescenza.
Gli astronomi hanno già osservato altre galassie spente nell’Universo primordiale, ma questa è la più antica, oltre ad appartenere a una delle osservazioni più profonde mai effettuate con Webb. JADES-GS-z7-01-QU ha anche una massa relativamente bassa, circa la stessa della Piccola Nube di Magellano (SMC), una galassia nana vicina alla Via Lattea, sebbene quest’ultima stia ancora formando nuove stelle. Altre galassie spente nell’Universo primordiale erano molto più massicce.
E se nel frattempo avesse ricominciato a generare nuove stelle?
Non possiamo però escludere che, nonostante JADES-GS-z7-01-QU appaia quiescente al momento dell’osservazione del James Webb, nei circa 13 miliardi di anni successivi questa galassia non sia tornata in vita e abbia ricominciato a formare nuove stelle.
Ecco perché gli scienziati continuano a cercare altre galassie simili nell’Universo primordiale: per riuscire a porre dei vincoli su come e perché le galassie smettono di formare nuove stelle, e se lo facciano solo per un breve periodo per poi tornare attive.
Nel frattempo, i risultati di questa ricerca, sostenuta in parte dal Consiglio europeo della ricerca, dalla Royal Society e dal Science and Technology Facilities Council (STFC), parte della UK Research and Innovation (UKRI), saranno già un importante passo avanti per aiutare i ricercatori a saperne di più sul mistero dello spegnimento delle galassie.
L’abstract dello studio A recently quenched galaxy 700 million years after the Big Bang, pubblicato su Nature, è reperibile qui.