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Una galassia usata come “telescopio cosmico” per vedere l’Universo primordiale

Unendo la spettroscopia di campo integrale del Keck Cosmic Web Imager e una galassia allungata per effetto di lente gravitazionale, un team di ricercatori è riuscito a stimare la grandezza di due nubi gassose dell'Universo primordiale. Detti Damped Lyman-α, sono i vivai cosmici in cui si sono formate le prime stelle e galassie.

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Maggio 24, 2022
in Astronomia e astrofisica, News, Scienza
Gravitational lens

A fungere da potente "telescopio cosmico", se sfruttato nelle sue caratteristiche, è il fenomeno della lente gravitazionale. In questa foto, la gravità di una galassia rossa luminosa ha distorto gravitazionalmente la luce di una galassia blu molto più lontana. Solitamente, tale curvatura della luce si traduce in due immagini distinguibili della galassia lontana, ma qui l'allineamento della lente è così preciso che la galassia di sfondo è distorta in un "anello di Einstein" quasi completo. L'immagine è un'osservazione di follow-up scattata con la Wide Field Camera 3 del telescopio spaziale Hubble. Credits: ESA/NASA Hubble

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Secondo la teoria cosmologica del Big Bang come inizio al nostro Universo circa 13,8 miliardi di anni fa, l’Universo primordiale era pieno di enormi nubi di gas neutro diffuso. Queste particolari nubi gassose sono note come sistemi Damped Lyman-α, o DLA. I DLA nel cosmo appena nato, se le ricostruzioni finora avanzate dai ricercatori sono corrette, fungevano da vivai di giovani galassie. Infatti, i gas all’interno delle nubi si condensavano lentamente per alimentare la formazione di stelle e quindi l’aggregarsi delle galassie.

I DLA si possono osservare ancora oggi, ma non è facile. Rongmon Bordoloi, assistente professore alla North Carolina State University e autore di una recente ricerca sulle nubi di gas primordiale, afferma: “I DLA sono una chiave per capire come si formano le galassie nell’Universo, ma in genere sono difficili da osservare. Infatti le nuvole sono troppo diffuse e non emettono luce da sole.”

Catturare la luce dei Damped Lyman-α

Attualmente, gli astrofisici usano i quasar come “controluce” per rilevare le nuvole DLA. Questi giganteschi mostri celesti, nel cui cuore si trova un buco nero supermassiccio ma che emettono radiazione molto energetica e molto luminosa, possono aiutare a far luce sull’Universo primordiale. Questo metodo consente ai ricercatori d’individuare le posizioni DLA: la radiazione dei quasar filtra attraverso una nuvola enorme, ostacolando gli sforzi per misurare la dimensione e massa totale delle nubi primordiali.

Ma Bordoloi e John O’Meara, scienziato capo del WM Keck Observatory di Kamuela, Hawaii, hanno trovato un modo per aggirare il problema. Hanno pensato di utilizzare una combinazione di:

  • una galassia allungata con il fenomeno di lente gravitazionale
  • la spettroscopia di campo integrale (Integral Field Spectroscopy)

I ricercatori hanno così osservato due DLA (e le galassie ospiti all’interno delle nubi) che si sono formate circa 11 miliardi di anni fa, non molto tempo dopo il Big Bang.

Damped Lyman Alpha
Esempio di linee spettroscopiche che mostrano DLA (Damped Lyman-α).

Il vantaggio di sfruttare una galassia come telescopio cosmico

Le galassie con effetto di lente gravitazionale appaiono allungate e illuminate, perché c’è un oggetto molto massivo davanti alla galassia che piega la luce proveniente da essa mentre viaggia verso di noi. Quindi finiamo per guardare una versione estesa dell’oggetto. È come usare un telescopio cosmico che aumenta l’ingrandimento e ci consente una migliore visualizzazione. Bordoloi spiega:

Il vantaggio di questo è duplice. Per prima cosa, l’oggetto sullo sfondo è esteso attraverso il cielo e luminoso, quindi è facile eseguire letture dello spettro su parti diverse dell’oggetto. In secondo luogo, poiché l’obiettivo estende l’oggetto, è possibile sondare scale molto piccole. Ad esempio, se l’oggetto ha un diametro di un anno luce, possiamo studiare piccoli frammenti con una fedeltà molto elevata.

Dalla spettroscopia di campo integrale a indizi sull’Universo primordiale

Leggere lo spettro elettromagnetico e analizzarlo consente agli astrofisici di “vedere” elementi nello spazio profondo che non sono visibili a occhio nudo. Per esempio i DLA gassosi diffusi e le potenziali galassie al loro interno. Normalmente, la raccolta di questo tipo di dati è un processo lungo e molto scrupoloso. Ma il team guidato da Bordoloi e O’Meara ha risolto il problema con la spettroscopia di campo integrale con il Keck Cosmic Web Imager.

La spettroscopia di campo integrale ha permesso ai ricercatori di ottenere uno spettro per ogni singolo pixel nella parte del cielo che mirava, rendendo la spettroscopia di un oggetto esteso nel cielo molto efficiente. Questa innovazione, combinata con la galassia sottoposta a lente gravitazionale allungata e illuminata, ha permesso al team di mappare il gas DLA diffuso nel cielo con altissima precisione. Attraverso questo metodo i ricercatori sono stati in grado di determinare non solo la dimensione dei due DLA, ma anche che entrambi contenevano galassie ospiti .

“Ho aspettato gran parte della mia carriera per questa combinazione. Un telescopio e uno strumento abbastanza potenti, e la natura ci ha dato un po’ di fortunati allineamenti per studiare non uno ma due DLA in un modo completamente nuovo” ha affermato O’Meara.

cosmic telescope
L’illustrazione artistica mostra come un ammasso di galassie (lensing cluster) agisca come una lente gravitazionale che ingrandisce ed estende la luce da una galassia di sfondo. Ciò si traduce in un’immagine proiettata (contrassegnata nel pannello rettangolare) che è più luminosa e più facile da rilevare con un telescopio. Questo metodo ha consentito agli astronomi di utilizzare lo strumento KCWI dell’Osservatorio Keck per ingrandire l’immagine proiettata e mappare il gas di due Damped Lyman-α giganti, due terzi delle dimensioni della Via Lattea. Credits: Osservatorio WM Keck/Adam Makarenko

La galassia telescopio svela enormi nubi di gas primordiale

I DLA scoperti dagli scienziati sono enormi, tra l’altro. Con diametri superiori a 17,4 kiloparsec, sono più di due terzi delle dimensioni della Via Lattea oggi. Per fare un confronto, 13 miliardi di anni fa, una tipica galassia avrebbe un diametro inferiore a 5 kiloparsec. Un parsec è 3,26 anni luce e un kiloparsec è 1000 parsec, quindi la luce impiegherebbe circa 56.723 anni per viaggiare attraverso ciascun DLA.

“Ma per me, la cosa più sorprendente dei DLA che abbiamo osservato è che non sono unici” ha detto Bordoloi. “Sembrano avere somiglianze nella struttura.” Infatti, le galassie ospiti che sono state rilevate in entrambe le nubi e le loro masse indicano che contengono abbastanza carburante per la prossima generazione di formazione stellare. “Con questa nuova tecnologia a nostra disposizione, saremo in grado di scavare più a fondo nel modo in cui le stelle si sono formate nell’Universo primordiale“.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, è disponibile qui.

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Tags: GalassiagalassieTelescopiouniverso primordiale

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