A febbraio di quest’anno SpaceX ha annunciato il Programma Polaris, una serie di missioni con l’obbiettivo di testare nuove tecnologie che confluiranno poi sulla Starship. Ora l’equipaggio della prima missione, chiamata Polaris Dawn, ha iniziato il suo addestramento. Le similitudini con il programma Gemini della NASA sono molte, anche se questa volta si tratta di missioni interamente gestite da un’azienda privata.
Le prime due spedizioni attorno alla Terra vedranno l’utilizzo della capsula Dragon, mentre la terza e ultima avrà luogo a bordo della Starship. Questi sono attualmente i piani di SpaceX, ma la tabella di marcia potrebbe cambiare. Già con la prima missione, SpaceX stabilirà nuovi record. Sarà il primo equipaggio privato a effettuare un’attività extra veicolare (EVA) e quello che raggiungerà l’altezza maggiore in orbita attorno alla Terra.
Polaris Dawn può essere vista come il proseguimento di Inspiration4, che ha permesso a SpaceX d’iniziare a testare diversi aspetti della Dragon. Il denominatore comune di queste missioni è Jared Isaacman, che assumerà nuovamente il ruolo di comandante. Ad accompagnarlo ci sarà il suo collega Scott Poteet e due dipendenti di SpaceX: Sarah Gillis e Anna Menon. Attualmente la partenza è prevista non prima dell’1 novembre e avrà una durata di cinque giorni.
I preparativi e gli obbiettivi della missione
Con il rientro dell’equipaggio di Crew-3 Gillis e Menon hanno terminato il loro supporto nella gestione dei voli umani di SpaceX, potendo così finalmente iniziare l’addestramento per Polaris Dawn. In questi giorni quindi, l’equipaggio si è ritrovato al quartier generale di SpaceX ad Hawthorne, in California. Qui avrà inizio la prima fase dell’addestramento, con lo studio dei diversi sistemi della Dragon e le diverse procedure di emergenza.
In vista della loro EVA, l’equipaggio parteciperà ad alcune immersioni, effettuate da una piattaforma petrolifera al largo della costa della California. Le immersioni serviranno per prendere confidenza con i diversi protocolli da seguire in un ambiente ostile. Le prime immersioni hanno già avuto luogo, per iniziare a prendere confidenza con l’equipaggiamento.
Affinché l’EVA sia possibile, SpaceX sta sviluppando una nuova tuta, che nell’aspetto sarà molto simile a quella utilizzata finora dai vari equipaggi della Dragon.
Isaacman ha dichiarato che gli ingegneri hanno utilizzato nuovi materiali per proteggere gli astronauti da eventuali micrometeoriti. Inoltre, hanno sviluppato nuovi giunti per migliorarne la mobilità, oltre a sistemi per la gestione della pressione e della temperatura. L’EVA verrà eseguita da due dei quattro astronauti, che saranno collegati alla Dragon tramite un cordone ombelicale che servirà anche ad alimentare le tute. I diversi aspetti della passeggiata spaziale però non sono ancora ben definiti.
Per poter monitorare l’uscita degli astronauti dalla capsula, l’equipaggio userà un cubesat. Si chiama LLAMA ed è stato sviluppato dalla Embry-Riddle Aeronautical University, che tra i suoi ex studenti ha proprio Jared Isaacman. Le immagini verranno utilizzate non solo per monitorare l’EVA ma anche per studiare nuovi sistemi di rilascio di satelliti in orbita. Inoltre, l’obbiettivo è anche quello d’ispirare sempre più persone allo studio di materie scientifiche e allo sviluppo di tecnologie spaziali. Infine, grazie alle immagini ricavate creeranno anche una simulazione per la realtà virtuale. Non è stata ancora stabilità la modalità con cui utilizzeranno LLAMA, se attaccata alla capsula tramite cavo o con un bastone, come fosse un selfie-stick.

Continuano gli studi sul corpo umano
Oltre a collaudare nuove tecnologie, uno degli obbiettivi principali è quello di studiare il comportamento del corpo umano nello spazio. Con Polaris Dawn SpaceX avrà la possibilità di attraversare le fasce di Van Allen, ricavando così dati sull’impatto delle radiazioni sugli astronauti e testare i diversi materiali per schermare e proteggere l’equipaggio.
Come accaduto durante Inspiration4, anche durante questa nuova missione gli astronauti saranno equipaggiati con il Butterfly iQ+. Si tratta di un dispositivo portatile per le ecografie, utilizzabile collegandolo semplicemente a un iPhone o un iPad. Servirà per studiare e monitorare la formazione di emboli.
Un ulteriore studio riguarda la sindrome neuro-oculare associata al volo spaziale. Molti astronauti durante la loro permanenza in condizione di microgravità hanno riscontrato problemi legati alla vista (SANS). Secondo una dichiarazione di Scott Poteet, SpaceX sta attendendo l’approvazione per condurre un esperimento invasivo per meglio comprendere gli effetti della SANS. Una volta ottenuta l’autorizzazione, Poteet si sottoporrà a un intervento di neurochirurgia a Bristol, nel Regno Unito.
L’operazione servirà per impiantare un catetere all’interno del suo canale vertebrale. Il catetere sarà poi collegato a un trasduttore posizionato sotto una delle costole di Poteet, che permetterà poi la lettura dei valori di pressione. Poteet dovrà poi effettuare dei nuovi test a terra per verificare il comportamento del dispositivo. Si sottoporrà quindi nuovamente alla centrifuga e volerà con dei jet militari per sottoporre il suo corpo a diverse accelerazioni, simulando quelle che sperimenterà sulla Dragon.
Un’orbita molto particolare
L’equipaggio di Polaris Dawn volerà a bordo della capsula Resilience, che ha gestito prima la missione Crew-1 e poi Inspiration4. Durante la sua ultima missione aveva raggiunto i 585 km di altezza e con Polaris Dawn si spingerà ancora più lontano. Il profilo della missione prevede un’orbita molto ellittica, con il punto più vicino alla Terra posto a 190 km mentre quello più lontano a 1400 km.
SpaceX quindi si appresta a battere un record rimasto imbattuto dal 1966 per quanto riguarda le missioni attorno al nostro pianeta. Gli astronauti della missione Gemini IX, a settembre del ’66 raggiunsero un’altezza di 1368 km. Successivamente, l’occasione in cui l’essere umano si spinse oltre raggiunse l’orbita lunare.
Con Polaris Dawn la Dragon manterrà questo profilo solamente per circa due rotazioni attorno alla Terra. Successivamente utilizzerà i motori per posizionarsi su un’orbita con perigeo posto sempre a 190 km e apogeo a 750 km. Sarà questo il profilo operativo della missione, scelto soprattutto per motivi di sicurezza, evitando che gli astronauti attraversino per periodi prolungati zone con un’alta concentrazione di radiazioni. Sarà a quest’altezza che verrà eseguita L’EVA, che dovrebbe durare dai 40 ai 90 minuti. In caso di problemi, la Dragon impiegherebbe meno tempo a fare ritorno sulla Terra per portare in salvo l’equipaggio. Le radiazioni a quote troppo elevate potrebbero creare problemi anche ai computer di bordo.

Le modifiche alla Dragon
Proprio a supporto della passeggiata spaziale, lo spazio disponibile per l’equipaggio è stato ridotto. Sotto i sedili infatti si troverà un nuovo sistema di supporto vitale più grande. La capsula non sarà dotata di airlock, quindi l’intera cabina sarà depressurizzata per permettere poi l’uscita degli due astronauti. Non sarà più presente la cupola usata dai membri di Inspiration4, che sarà sostituita da un portellone, molto simile a quello che si trova tuttora sulle Dragon.
Resilience sarà la prima Dragon dotata di sistema per connettersi con i satelliti Starlink, in modo tale da avere una connessione veloce a bordo della capsula. I sistemi di comunicazione con Starlink si troveranno nel trunk, la sezione cilindrica con i pannelli solari. Dragon e satelliti comunicheranno sfruttando il nuovo sistema laser. Ciò significa che la capsula non potrà connettersi a tutti gli Starlink che si trovano in orbita, poiché non tutti sono dotati di sistema di comunicazione laser.
All’interno della cabina si troverà un router al quale gli astronauti si collegheranno. Si tratta di una prima prova e il mantenimento della connessione non è garantito. Questo perché la Dragon viaggerà sia sopra che al di sotto dell’orbita operativa dei satelliti Starlink, posta a 550 km. Da parte dell’equipaggio, la speranza è quella di sfruttare questo sistema per trasmettere 24 ore su 24 le immagini del loro viaggio.
Tutti questi sistemi verranno un giorno utilizzati su Starship, con cui SpaceX spera di effettuare la prima missione con equipaggio proprio con il terzo lancio del programma Polaris. Da qui poi potrà puntare al trasporto dell’uomo sulla superficie della Luna.
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