Per SpaceX il 2021 è stato un anno ricco di eventi, traguardi e record, superando diverse difficoltà in una corsa incessante contro il tempo. Il 2021 è stato denso di avvenimenti, la maggior parte dei quali avvenuti in rapida successione. Ecco quindi un’analisi di ciò a cui abbiamo assistito con i voli del Falcon 9 della Dragon e di Starlink. Per Starship invece, è possibile trovare una puntata speciale della rubrica “I progressi di Starship”, che ripercorre tutto il 2021.
Nel 2021 SpaceX è riuscita a portare a termine ben 31 missioni con successo, battendo il record stabilito nell’anno precedente di 26 lanci. Per riuscire a raggiungere un numero così elevato, ha fatto grande affidamento sul riutilizzo dei Falcon 9.
Uno dei primi record stabiliti quest’anno è stato il minor tempo trascorso tra due missioni utilizzando il medesimo booster. Si tratta del Falcon 9 B1060, che al momento ha 9 missioni supportate con successo. Il suo quarto lancio è servito per portare in orbita il satellite Turksat-5A l’8 gennaio, con partenza avvenuta alle 3:15. La missione numero cinque del B1060 è stata Starlink-18, del 4 febbraio con il decollo avvenuto alle 7:19. SpaceX quindi è riuscita a ripristinare il booster e farlo volare nuovamente in soli 27 giorni e 4 ore.
Un gran numero di lanci implica anche che queste vengano portate a termine con tempi ristretti tra una partenza e l’altra. L’azienda ha quindi migliorato un proprio record, completando con successo due missioni in sole 15 ore e 17 minuti. Questo è il tempo trascorso tra le missioni Starlink-4.4 e Turksat-5B.
SpaceX ha effettuato queste 31 missioni usando solamente dieci booster. La particolarità è il fatto che abbiamo visto volare solamente due Falcon 9 nuovi quest’anno. Ciò è avvenuto con le missioni CRS-22 del 3 maggio e successivamente il 21 dicembre con CRS-24. Vedere un Falcon 9 completamente bianco e non annerito dalla fuliggine del rientro è diventato un evento ormai raro. Anche diverse agenzie spaziali e aziende hanno cominciato a fidarsi sempre più dell’affidabilità dei Falcon 9, richiedendo booster usati per portare in orbita i loro carichi. Ciò comporta infatti una riduzione del costo di lancio.
SpaceX riutilizza i propri booster anche per il trasporto degli astronauti. La prima volta è accaduto con la partenza di Crew-2 il 23 aprile. In quell’occasione l’azienda di Musk ha usato il B1061, che attualmente è il booster che ha portato più persone nello spazio: 8.
Ovviamente per riutilizzare i booster è necessario che questi facciano ritorno. Gli atterraggi di successo del 2021 sono 30, con un solo fallimento avvenuto il 16 febbraio che è costato a SpaceX la perdita del B1059. Si trattava di una missione Starlink, quindi un lancio “di routine” per l’azienda. Durante questi lanci però SpaceX effettua anche alcuni test di riutilizzo, per comprendere sempre meglio il comportamento delle varie componenti strutturali. In quell’occasione gli ingegneri avevano provato a riutilizzare una copertura termica dei motori per sei volte, un numero mai raggiunto prima per quel particolare componente. Un piccolo foro nella copertura ha causato il passaggio di gas caldi e il sucessivo spegnimento prematuro di uno dei 9 Merlin. Il Falcon 9 ha comunque portato a termine la missione, ma non è riuscito a rientrare.
Con l’ultimo lancio dell’anno è stato raggiunto anche un altro importante traguardo: i cento atterraggi di successo. All’interno di questo numero sono presenti non solo i rientri avvenuti durante le missioni con i Falcon 9, ma anche con il volo dei Falcon Heavy. SpaceX attualmente ha utilizzato per tre volte il suo vettore pesante e durante queste missioni abbiamo assistito a sette rientri. È dal 2019 che non assistiamo alla partenza del Falcon Heavy, ma per il 2022 sono attualmente in programma ben cinque suoi lanci.
Il centesimo rientro inoltre è avvenuto proprio nel giorno in cui SpaceX festeggia l’anniversario del primo atterraggio di successo, avvenuto il 21 dicembre 2015. Per supportare un numero elevato di partenze e rientri, in questo 2021 è entrata in funzione anche una terza chiatta, chiamata A Shortfall Of Gravitas. Questa ha fatto il suo debutto ad agosto, con la missione CRS-23. SpaceX è in grado di riutilizzare sia il primo stadio che le due coperture che proteggono il carico durante la prima fase del lancio, ma il secondo stadio no. Ciò significa che SpaceX ha costruito e testato 31 secondi stadi.
Se il 2020 ha visto il debutto della seconda versione della capsula Dragon, il 2021 è stato l’anno in cui ha dimostrato le sue reali capacità. Il 14 gennaio abbiamo assistito al primo volo dell’anno di una Dragon. Non si trattava però di una partenza, bensì di un rientro. Quel giorni infatti la capsula in versione Cargo (numero di serie C208) è ammarata nel Golfo del Messico, portando così a termine la missione di rifornimento CRS-21. Si è trattato della prima missione in cui SpaceX utilizzava la nuova Dragon in versione Cargo.
Così come per la prima versione, anche questa nuova Dragon è stata sviluppata tenendo in forte considerazione la riutilizzabilità e la velocità con cui vengono eseguite le manutenzioni. La precedente versione poteva supportare un massimo di tre missioni e doveva trascorrere più di un anno prima che tornasse nello spazio. Il nuovo modello di Cargo invece, è in grado di volare fino a cinque volte verso la Stazione Spaziale Internazionale e la sua manutenzione è molto più rapida.
La Dragon C208 infatti, ha volato nuovamente con la missione CRS-23, partita il 29 agosto, quindi solo 227 giorni dopo il precedente rientro. Per supportare quattro missioni di rifornimento, SpaceX è stata in grado di utilizzare solamente due diverse Cargo Dragon. Oltre alla C208, ha utilizzato anche la C209 prima con CRS-22, partita il 3 giugno, e poi con CRS-24 del 21 dicembre. Il tempo trascorso tra queste due partenze è di 207 giorni.
Il rapido riutilizzo non vale solamente per le versioni cargo, ma anche per le Dragon adibite al trasporto di astronauti nello spazio. Con la missione Inspiration4 infatti, abbiamo assistito al secondo volo della Dragon Resilience. Questa era rientrata precedentemente il 2 maggio, portando così a termine la missione Crew-1. Tra il rientro di Crew-1 e la partenza di Inspiration4, avvenuta il 16 settembre, sono trascorsi solamente 137 giorni.
Con questa prima missione interamente composta da un equipaggio privato, SpaceX ha mostrato anche ulteriori capacità della capsula. L’azienda è stata in grado di sviluppare un nuovo componente in soli nove mesi, ovvero la cupola, affinché l’equipaggio potesse godere della vista sulla Terra. Un vista molto particolare di cui l’uomo non godeva da anni. La Dragon in fatti ha raggiunto un’altezza di 575 km, una distanza dal nostro pianeta che non veniva raggiunta dalle dimissioni dello space Shuttle.
Proprio durante Inspiration4 inoltre, per la prima volta attorno alla Terra viaggiavano ben tre diverse capsule Dragon. Oltre alla capsula della missione privata le altre due erano attraccate alla ISS, una in versione Cargo e l’altra in versione Crew. SpaceX attualmente è riuscita a portare in orbita 18 astronauti, utilizzando solamente tre Dragon denominate: Endeavour, Resilience ed Endurance. Quest’ultima è nuova nella flotta di SpaceX, e si trova attualmente attraccata alla ISS per la missione Crew-3. Nel 2022 vedremo anche un’altra nuova Crew Dragon che verrà utilizzata per la missione successiva, ovvero Crew-4, con a bordo anche l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti.
Non sono mancati alcuni piccoli problemi con le diverse capsula, fortunatamente però nulla che ha messo in pericolo la vita degli astronauti. Ciò che ha reso la vita a bordo della Dragon meno confortevole durante l’anno, è stato un guasto al sistema di stoccaggio dell’urina. I tecnici hanno rilevato il problema con la missione Inspiration4 per poi riscontrarlo anche sulle altre Dragon. Per evitare inconvenienti durate il viaggio di ritorno di Endeavour per la missione Crew-2, SpaceX ha vietato all’equipaggio di utilizzare il bagno. Il sistema è stato migliorato sulla nuova capsula Endurance.
Altre componenti tenuti sotto stretta osservazione sono i paracadute, unico elemento in grado di riportare sani e salvi gli astronauti sulla Terra. Proprio durante il rientro di Crew-2 uno dei quattro paracadute principali ha impiegato più tempo ad aprirsi completamente. Gli astronauti sono ammarati sani e salvi, in quanto la Dragon è progettata proprio per gestire situazioni di questo tipo.
Il numero di satelliti Starlink arrivati in orbita è 1942, e più della metà, ovvero 989, sono stati lanciati quest’anno. SpaceX aveva concluso il 2020 portato in orbita 833 Starlink. Per poter garantire una prima copertura affidabile e senza interruzioni tale numero doveva essere incrementato velocemente. L’obbiettivo dell’azienda era quello di completare il primo guscio orbitale di satelliti, composto da 1584 Starlink, entro l’inizio dell’estate. Da gennaio a maggio quindi, abbiamo assistito all’arrivo in orbita di 782 satelliti, una corsa per recuperare le missioni non portate a termine nel 2020 a causa della pandemia. Ciò ha costretto SpaceX ad effettuare molti lanci in breve tempo e dover riutilizzare velocemente i booster.
Raggiunto questo primo obbiettivo, SpaceX ha iniziato a concentrare le proprie energie sullo sviluppo sia di una nuova versione del satellite che del kit utilizzato dagli utenti per sfruttare il servizio.
Nella seconda metà dell’anno l’azienda ha cominciato a lanciare gli Starlink V1.5, una nuova versione dotata di connessione laser che permette la comunicazione tra satelliti. Questo nuovo sistema permette alle informazioni di viaggiare molto più velocemente, garantendo prestazioni ancora migliori. SpaceX ha poi avviato la costruzione di ulteriori gusci orbitali, contraddistinti dall’inclinazione del piano orbitale dei satelliti. Il primo guscio, ultimato con la missione di maggio, presenta satelliti con inclinazione di 53,0°. L’azienda ha successivamente avviato lo sviluppo dei gusci dei satelliti con inclinazione 70° e 53,2°.
La copertura risulta migliore alle latitudini comprese tra 25.2° (corrispondente a Tamaulipas, in Mexico) e 55.5° (Mauchline, Scotland, UK), grazie al passaggio continuo di satelliti. Spostandosi al di sopra o al di sotto di queste zone si possono riscontrare interruzioni di segnale, in quanto servono ancora diversi Starlink per garantire una adeguata copertura.
La fase beta, iniziata a ottobre del 2020, ha permesso a SpaceX di ricavare una enorme quantità di dati sull’utilizzo del servizio da parte degli utenti. Sottoscrivendo il contratto come beta tester, l’azienda dichiarava di poter garantire una velocità di download che andava dai 50 ai 150 Mbps, con una latenza compresa tra 20 e 40 millisecondi. Durante questo periodo di test del servizio, diversi utenti sperimentavano anche picchi di velocità pari a 400 Mbps. Non mancavano però i disservizi, causati da un numero ancora troppo basso di satelliti in orbita o manutenzione e aggiornamenti apportati al sistema.
Arrivati nella loro orbita operativa gli ultimi Starlink del primo guscio orbitale, SpaceX ha concluso la fase di beta test. Ora sul sito ufficiale l’azienda dichiara di essere in grado di garantire velocità di download comprese tra 100 e 200 Mbps, con una latenza che si aggira sui 20 millisecondi. Sono rimasti però invariati i costi. Quindi bisognerà continuare a pagare 99€ al mese oltre all’acquisto del kit al prezzo di 499€.
Il numero di utenti è andato via via crescendo, partendo dai 10.000 abbonati di febbraio ai 150.000 registrati a dicembre. La crescita degli utenti attivi però non ha seguito linearmente quella di coloro che si registravano per poter usufruire del servizio. Questo perché SpaceX ha riscontrato diversi problemi nella costruzione dei kit di connessione a causa della mancanza di componenti. Una condizione che ha afflitto moltissime altre aziende durante questo 2021. Starlink inoltre ha iniziato a diffondersi anche al di fuori degli Stati Uniti e attualmente il servizio è attivo in più di 20 Paesi, compreso l’Italia.
Analizzando ciò che SpaceX ha portato a termine in un solo anno, si nota quanto la strategia di sviluppare mezzi riutilizzabili sia stata vincente. L’azienda di Musk non avrebbe potuto raggiungere questi traguardi affidandosi esclusivamente a booster e capsule nuove, sia per i costi elevati che per la velocità con cui avrebbe dovuto costruirli e testarli.
Con i Falcon 9 SpaceX ha dimostrato che un primo stadio non solo può essere recuperato, ma può concludere senza problemi ben 11 missioni. Ciò è accaduto grazie al booster B1051, che ha volato per la prima volta a marzo del 2019 per poi effettuare il suo undicesimo atterraggio di successo il 18 dicembre. I booster possono inoltre essere riutilizzati velocemente. Grazie al Falcon 9 con numero di serie B1060 SpaceX è riuscita a completare sei missioni. Si tratta del primo stadio che ha volato più volte quest’anno.
L’affidabilità dimostrata dalla Dragon ha dato il via ad una nuova era dell’esplorazione spaziale. Con Inspiration4 il mondo ha assistito all’arrivo in orbita del primo equipaggio composto esclusivamente da cittadini privati, e finanziato da privati, per una vacanza durata circa 3 giorni. Terminata la missione SpaceX ha ricevuto diverse offerte per effettuare ulteriori viaggi simili. Già a partire dalla fine di febbraio del prossimo anno inoltre, assisteremo alla prima missione privata che attraccherà alla ISS con una capsula Dragon. L’uso di capsule e di booster riutilizzati permette di abbassare i costi e quindi effettuare tali lanci.
Con Starlink invece, SpaceX punta a portare una connessione veloce ad internet in tutto il mondo. Obbiettivo già raggiunto in alcune zone in cui l’azienda ha già superato la concorrenza. I vecchi sistemi di connessione satellitare non possono competere con le prestazioni offerte da Starlink, nonostante a volte i servizi geostazionari possono avvalersi di un prezzo più basso. Molte comunità hanno finalmente potuto usufruire in maniera più agevole ai servizi in rete, soprattutto in un periodo in cui milioni di persone sono state costrette a casa. Questo è stato il 2021 di SpaceX. Un anno di record e successi, e il 2022 si prospetta essere ancora più interessante.
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