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| On 3 anni ago

Spettroastrometria: un nuovo metodo per misurare la massa dei buchi neri supermassicci

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Non è semplice stimare la massa dei buchi neri supermassicci all’interno dei quasar, nonostante siano tra gli oggetti più luminosi del cielo. Ora gli astronomi del Max Planck Institute for Astronomy, guidati da Felix Bosco, hanno testato con successo un nuovo metodo per determinarla. Si chiama spettroastrometria e si basa sulla misurazione della radiazione emessa dal gas in prossimità dei buchi neri supermassicci.

Attorno al buco nero, infatti, vortica gas ionizzato a velocità di diverse migliaia di chilometri al secondo, formando quello che viene denominato disco di accrescimento. Questa zona viene detta Broad Line Region, perché l’emissione del gas è visibile negli spettri elettromagnetici sotto forma di righe spettrali, ampliate a causa dell’effetto Doppler a queste altissime velocità orbitali.

Questa regione non è semplice da studiare, ma il metodo spettroastrometrico permette di determinare la velocità di rotazione del gas e la sua distanza dal centro del disco. Si tratta quindi di un modo relativamente semplice ed efficace, oltre che con un’elevata sensibilità, per studiare l’ambiente circostante i quasar e i buchi neri supermassicci dell’Universo primordiale.

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Rappresentazione schematica di un quasar. Al centro si trova il buco nero supermassiccio, circondato dal disco di accrescimento di gas ionizzato, dalla Broad Line Region e da un toro di polvere attorno. Credits: Graphics department/Bosco/MPIA. Traduzione: Astrospace.it

Cos’è la spettroastrometria?

Il metodo spettroastrometrico consente di determinare la massa dei buchi neri supermassicci nei quasar direttamente dagli spettri ottici, ottenuti dalle osservazioni della radiazione emessa dal corpo celeste, senza la necessità di ampie ipotesi sulla distribuzione spaziale del gas.

Se il gas presente attorno al buco nero fosse a riposo, misurando le righe spettrali nella BLR (Broad Line Region, la regione attorno al buco nero supermassiccio centrale di una galassia) si otterrebbe sempre la stessa lunghezza d’onda. Invece il gas sta orbitando: visto di lato, una parte si allontana mentre l’altra si avvicina. Di conseguenza il segnale spettrale misurato risulta spostato verso lunghezze d’onda più corte (più blu) su di un lato. Dall’altro, verso lunghezze d’onda più lunghe (più rosse). La differenza tra questi due valori della lunghezza d’onda, a seconda della posizione nella BLR, determina il segnale spettroastrometrico. Da tale segnale è possibile determinare la distanza massima delle nuvole di gas nella BLR osservate dal centro del quasar e la velocità del gas. Da qui, la massa.

Ci sono altre tecniche usate con lo stesso scopo, ma con molti più svantaggi rispetto a questa. Per esempio, la spettroastrometria è particolarmente indicata per quasar e buchi neri supermassicci particolarmente lontani, ovvero molto antichi.

L’applicazione della spettroastrometria a J2123-0050

Per provare questa tecnica, il dottorando Felix Bosco e i suoi colleghi hanno misurato la riga spettrale dell’idrogeno otticamente più brillante (l’Hα) nella Broad Line Region del quasar J2123-0050 nella costellazione dell’Acquario. La luce di questo corpo celeste proviene da un’epoca in cui l’Universo aveva solo 2,9 miliardi di anni.

Usando il metodo della spettroastrometria, i ricercatori hanno determinato la distanza tra la sorgente della radiazione nella BLR e il centro del disco di accrescimento, dove dovrebbe trovarsi il buco nero supermassiccio. La linea spettrale dell’Hα fornisce anche la velocità radiale del gas idrogeno, cioè la componente della velocità diretta verso la Terra. La massa del buco nero supermassiccio al centro del quasar può essere dedotta con precisione da questi dati se la distribuzione del gas può essere risolta spazialmente.

Il segnale spettroastrometrico visualizzato nel detector, a confronto con la BLR attorno al buco nero supermassiccio nello spazio. Credits: Graphics department/Bosco/MPIA. Traduzione: Astrospace.it

La misura della massa

Anche per i grandi telescopi di oggi, l’estensione della BLR è troppo piccola per una risoluzione spaziale elevata. Tuttavia, Bosco spiega che la durata delle osservazioni determina la precisione della misurazione:

Separando le informazioni spettrali e spaziali nella luce raccolta, nonché modellando statisticamente i dati misurati, possiamo ricavare distanze molto inferiori a un pixel dell’immagine dal centro del disco di accrescimento.

Per J2123-0050, gli astronomi hanno calcolato una massa del buco nero di al massimo 1,8 miliardi di masse solari. “L’esatta determinazione della massa non era ancora l’obiettivo principale di queste prime osservazioni”, afferma Jörg-Uwe Pott, coautore dello studio. “Volevamo dimostrare che il metodo della spettroastrometria può in linea di principio rilevare la firma cinematica delle masse del quasar centrale utilizzando i telescopi da 8 metri già disponibili oggi”.

I dati suggeriscono che la correlazione tra la dimensione della BLR e la luminosità del quasar studiato, inizialmente stabilita con un altro metodo, sembra effettivamente valere anche per quasar luminosi. Tuttavia, qui sono necessarie ulteriori misurazioni. La spettroastrometria, in ogni caso, potrebbe essere una preziosa alleata dei ricercatori per determinare le masse dei buchi neri supermassicci.

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Spettroastrometria e interferometria

Le misurazioni della BLR possono essere effettuate anche usando il metodo interferometrico nelle galassie attive vicine. Per esempio, con lo strumento GRAVITY istallato sul Very Large Telescope Interferometer (VLTI). Tuttavia, la spettroastrometria ha un importante vantaggio: è necessaria solo una singola osservazione altamente sensibile. Inoltre, non richiede:

  • l’accoppiamento di più telescopi, richiesto dall’interferometria;
  • lunghe serie di misurazioni nell’arco di mesi e anni, come per altri medoti di stima delle masse (ad esempio la Reverberation Mapping).

Una sola serie di osservazioni con un tempo di esposizione di quattro ore con il telescopio Gemini North di 8 metri alle Hawaii, supportata da un sistema di correzione costituito da una stella guida laser e da un’ottica adattiva, è stata sufficiente per il gruppo di ricerca guidato di Felix Bosco.

In alto a sinistra, sulla sommità del monte Maunakea delle Hawaii, si trova il telescopio Gemini North, uno dei due telescopi gemelli dell’Osservatorio Internazionale Gemini del NOIRLab. Credits: International Gemini Observatory/NOIRLab/NSF/AURA/B.Tafreshi

La spettroastrometria per esplorare l’Universo vicino

Con la nuova generazioni di telescopi ottici, come l’Extremely Large Telescope dell’ESO, i ricercatori sperano di sfruttare questo metodo con tempi di osservazione molto più brevi. Anche la sensibilità notevole del James Webb Space Telescope si riuscirà a raggiungere distanze particolarmente elevate, ovvero un passato davvero lontano, quando l’Universo era ancora molto giovane.

Grazie alla spettroastrometria, quindi, sarà possibile esplorare questi misteriosi mostri celesti in tutto l’Universo vicino. E anche oltre.

Gli studi dedicati a questa ricerca sono disponibili qui:

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