Quando una stella è sufficientemente massiccia può terminare la sua vita con una violenta esplosione, che chiamiamo supernova. Non sempre questi eventi catastrofici avvengono seguendo lo stesso meccanismo, ed è studiando le diverse tipologie di esplosione che possiamo comprendere da dove provengano tutti gli elementi che costituiscono la materia nell’Universo.
Ora, per la prima volta nella storia, i ricercatori hanno trovato una prova dell’esistenza di un raro e complesso tipo di supernovae, le supernovae a cattura di elettroni. Diverso da qualunque altro meccanismo esplosivo, esso avrebbe messo fine alla vita di una stella in una violenta supernova osservata nel 2018 e chiamata SN 2018zd. La stella progenitrice e la sua conclusione, corrispondono al profilo di una supernova a cattura di elettroni. Questo non sarebbe però il primo caso: prima c’è stata una supernova osservata nel 1054 d.C.
“Questo studio aumenta significativamente la nostra comprensione delle fasi finali dell’evoluzione stellare” spiega Alex Filippenko, professore di astronomia all’Università della California, Berkeley.
Filippenko e un team di astronomi guidati da Daichi Hiramatsu, laureato presso l’UC Santa Barbara e Las Cumbres Observatory, hanno riportato i risultati oggi sulla rivista Nature Astronomy. Sia Filippenko che Hiramatsu sono membri del Global Supernova Project, un team mondiale di scienziati che utilizza telescopi sulla Terra e nello spazio per osservare le supernovae.
Cos’è una supernova a cattura di elettroni?
Sappiamo che:
- Le stelle grandi, massiccie più di 10 volte il nostro Sole, collassano verso il loro centro quando esauriscono il carburante, facendo esplodere gli strati esterni e lasciandosi dietro una stella di neutroni o un buco nero.
- Quelle meno massicce, circa 8 volte il Sole, spesso hanno una compagna binaria. Alla fine della loro vita, si contraggono in una nana bianca, per poi attirare il materiale della compagna fino a quando non avviene un’esplosione termonucleare incontrollata che le riduce in mille pezzi.
Le stelle la cui massa si trova nell’intervallo tra le 8 e le 10 masse solari teoricamente dovrebbero esplodere in modo diverso. L’enorme pressione interna costringerebbe gli elettroni a fondersi con i nuclei atomici, provocando un improvviso calo della pressione degli elettroni che origina un collasso e la successiva esplosione degli strati circostanti. Ciò che rimane sarebbe una stella di neutroni un po’ più massiccia del nostro Sole. Questo modello descriverebbe un tipo di supernova detto supernova a cattura di elettroni.
La scoperta di SN2018zd
Il primo a notare la supernova poi classificata come SN2018zd è stato l’astronomo dilettante Koichi Itagaki in Giappone. Poco dopo Schuyler Van Dyk, ricercatore presso il California Institute of Technology, è riuscito ad ottenere un’immagine di SN2018zd con il telescopio spaziale Hubble. Dal confronto con le precedenti immagini di Hubble della stessa regione di cielo, ha identificato la stella esplosa nella galassia NGC2146, a 31 milioni di anni luce dalla Terra.
“È fantastico quando abbiamo immagini di Hubble sia pre-esplosione che post-esplosione, perché possiamo individuare con sicurezza quale stella è esplosa dalla posizione esatta della supernova” spiega Van Dyk.
Nel caso di questa particolare supernova, l’essere riusciti a identificare la stella progenitrice e la sua posizione è stato fondamentale: non era mai stato fatto prima per altre supernovae candidate a essere a cattura di elettroni. L’idendità della stella ha consentito ai ricercatori di confrontare le sue caratteristiche prima e dopo l’esplosione con i modelli teorici previsti.
Il confronto con i modelli teorici
Il primo a ipotizzare l’esistenza di una supernova a cattura di elettroni è stato Ken’ichi Nomoto del Kavli Institute for the Physics and Mathematics of the Universe presso l’Università di Tokyo, nel 1980.
Sulla base dei modelli di Nomoto e di altri, le stelle progenitrici dovrebbero essere grandi tra 8 e 10 volte il Sole ma perdere gran parte della loro massa prima di esplodere. Questa massa dovrebbe essere ricca di Elio, Carbonio e Azoto, ma a basso contenuto di Ossigeno. Inoltre, l’esplosione sarebbe debole, circa 10 volte meno energetica di una supernova in cui il nucleo della stella collassa. Poche sarebbero le ricadute radioattive.
La stella progenitrice di SN2018zd individuata da Dyk era una gigante rossa gonfia, con il diametro più grande possibile. Le osservazioni mostrano che aveva perso una frazione significativa della sua massa prima dell’esplosione e il gas che circondava la stella corrispondeva alla composizione chimica prevista dai modelli di Nomoto. L’esplosione è stata relativamente debole per una supernova di tipo II, ha prodotto poco Nichel radioattivo e ha mostrato forti righe di emissione di un elemento ricco di neutroni, Nichel stabile.
Sembrerebbe quindi che SN2018zd sia proprio una supernova a cattura di elettroni.
La misteriosa supernova del 1054 e la Nebulosa del Granchio
La scoperta fa luce sulla misteriosa supernova esplosa all’interno della Via Lattea nel 1054 d.C. Menzionata su documenti di astronomi cinesi e giapponesi, questa violenta esplosione è stata per anni la miglior candidata per essere una supernova a cattura di elettroni. I suoi resti hanno costituito la famosa Nebulosa del Granchio, che vediamo nella foto sottostante.
I filamenti arancioni sono i resti della stella esplosa, costituiti principalmente da Idrogeno. La stella di neutroni al centro della nebulosa alimenta il bagliore blu all’interno, proveniente da elettroni che ruotano quasi alla velocità della luce attorno alle linee del campo magnetico della stella di neutroni.
Il nome “Nebulosa del Granchio” (Crab Nebula in inglese) deriva da un disegno realizzato dall’astronomo Lord Rosse nel 1844. Se osservata con Hubble o altri grandi telescopi terrestri, la nebulosa appare molto dettagliata. I colori indicano i diversi elementi che sono stati espulsi durante l’esplosione: il blu l’Ossigeno neutro, il verde lo Zolfo ionizzato, il rosso l’Ossigeno doppiamente ionizzato.
L’ipotesi che la supernova del 1054 fosse una supernova a cattura di elettroni era già stata presa in considerazione. Essa aveva infatti molte caratteristiche che ricordano SN2018zd; in particolar modo, un bagliore di durata lunghissima. Ora, grazie allo studio su SN2018zd, i ricercatori avrebbero una certezza in più che si tratti proprio di un’esplosione stellare di questo tipo.
Cosa c’è da aspettarsi in futuro?
Filippenko e il resto del team sperano di trovare altri esempi di questo misterioso tipo di supernova. Dovrebbero però essere relativamente vicini affinché gli astronomi siano in grado di identificare la stella progenitrice di ciascuno, solitamente debole, e registrare a lungo termine il bagliore dal materiale espulso.
Andrew Howell, professore all’UC Santa Barbara e leader del Global Supernova Project, afferma: “Questa supernova ci sta insegnando la fisica fondamentale. Come sopravvivono alcune stelle di neutroni, come vivono e muoiono le stelle in condizioni estreme. E come gli elementi di cui siamo fatti vengono creati e sparsi nell’Universo”.
Senz’altro la scoperta è di spicco e invita ad approfondire gli studi su questa tipologia di esplosione stellare. Chissà, potrebbe essere accaduta numerose volte nell’Universo vicino, forse anche nella nostra stessa galassia, e semplicemente non l’abbiamo mai osservata. Quindi restiamo tutti in trepidante attesa di cosa il futuro avrà da riservarci.
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