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Il 2021 a Starbase. Speciale I progressi di Starship

Andrea D'Urso di Andrea D'Urso
Dicembre 5, 2021
in Approfondimento, Esplorazione spaziale, I progressi di Starship, News, Rubriche, Space economy, SpaceX
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Un altro anno sta per finire e questa è quindi l’ultima puntata della rubrica “I progressi di Starship” del 2021. In questo episodio speciale ripercorreremo ciò che è accaduto in Texas, a Boca Chica, nello spazioporto e sito di costruzione rinominato Starbase da SpaceX.

Tra diversi test, nuovi prototipi e strutture, voli ed esplosioni, l’azienda di Musk è ora a un passo dal primo volo orbitale della Starship. In 12 mesi anche la base di Starbase ha cambiato radicalmente aspetto, soprattutto al sito di lancio (come descritto più approfonditamente in questa guida). Qui infatti gli operai hanno iniziato a costruire le infrastrutture per supportare i futuri lanci orbitali. Non sono mancati poi i problemi, sia a livello tecnico che burocratico, portando diverse volte SpaceX a dover rimandare i test. Ecco i principali eventi del 2021 legati al progetto Starship.

Voli, esplosioni ed emozioni

Nei primi cinque mesi di questo 2021, SpaceX è riuscita a far volare quattro diverse Starship, e ogni volo si è concluso in maniera differente. Questo rateo di lanci indica quanto l’azienda abbia migliorato il processo produttivo dei diversi prototipi ma anche la confidenza ottenuta dai dati e nella possibilità di eseguire test di successo.

Il cantiere di lancio a Boca Chica. Sulla sinistra la SN10, al centro il pad vuoto da dove è partita SN9, a destra la SN7.2. Credits: SpaceX.
Il cantiere di lancio a Boca Chica. Sulla sinistra la SN10, al centro il pad vuoto da dove è partita SN9, a destra la SN7.2. Credits: SpaceX.

Con le prime prove di Starship non esiste un confine netto per stabilire se un volo abbia avuto successo o meno. L’obbiettivo dell’azienda infatti è sempre quello di ottenere dati sul comportamento dell’intera struttura in condizioni reali. Da questo punto di vista ogni volo ha portato risultati, consentendo a SpaceX di migliorare con ogni versione di Starship. Si può parlare di fallimento andando ad analizzare le diverse fasi di volo prese separatamente. L’atterraggio è ciò che ha creato maggiori grattacapi tra gli ingegneri di SpaceX, oltre a essere la fase che ha portato alla distruzione di tre prototipi.

La spanciata di SN9

Dopo il volo avvenuto a dicembre dello scorso anno della SN8, la prima Starship completa, le aspettative sul nuovo prototipo erano molto alte. SN9 era molto simile al suo predecessore tranne per il sistema di pressurizzazione dei serbatoi utilizzati al rientro. SpaceX infatti aveva deciso di utilizzare dei COPV (Composite Overwrapped Pressure Vessel) contenenti elio per pressurizzare gli header tank. Questa decisione era stata presa a seguito di problemi riscontrati su SN8 con la pressurizzazione autogena, che prevede di spillare del gas dai motori per reimmetterli nei serbatoi.

Il volo della Starship numero 9 è avvenuto il 2 febbraio, raggiungendo senza problemi la quota massima fissata a 10 km di altezza. Al rientro SN9 avrebbe dovuto riavviare due Raptor per posizionarsi nuovamente in verticale e atterrare. Un motore però non si è avviato nel modo corretto. La Starship si è ritrovata a dover utilizzare un solo Raptor, che non aveva la spinta sufficiente a gestire la rotazione del razzo. Il risultato è stato l’arrivo al suolo quasi in orizzontale, con conseguente esplosione. Nel seguente video l’atterraggio e l’esplosione di SN9.

https://www.astrospace.it/wp-content/uploads/2021/02/eQl6BoYDhZlyrA7J.mp4

SN9 è stato un prototipo sfortunato, in quanto aveva avuto problemi già al sito di costruzione. Mentre al pad di atterraggio si lavorava per rimuovere i resti di SN8, SN9 si trovava all’interno dell’High Bay. La piattaforma sulla quale era appoggiata però aveva ceduto e la Starship aveva rischiato di crollare al suolo. La caduta è stata fermata dalla parete dell’High Bay sulla quale il prototipo si è appoggiata.

Gli otto minuti di gioia con SN10

Un mese dopo l’esplosione di SN9, il 4 marzo SpaceX ha effettuato un nuovo lancio con la Starship numero 10. In questa occasione gli ingegneri avevano modificato la manovra di rientro, per evitare l’accensione di un solo Raptor di SN9. A differenza di quanto accaduto in precedenza infatti, SN10 ha avviato tutti e 3 i motori per riposizionarsi in verticale. La Starship ha poi continuato l’ultima fase della discesa con un solo Raptor, arrivando però a toccare il suolo troppo velocemente. SN10 è stata la prima Starship che è riuscita ad atterrare, un successo durato soli otto minuti.

A causa dell’impatto troppo duro con il terreno, la parte inferiore del prototipo si era danneggiata, con conseguenti perdite di combustibile. Anche SN10 quindi è esplosa dopo il suo volo di test. Il singolo Raptor non era riuscito a rallentare a sufficienza la Starship a causa dell’ingestione di elio usato per pressurizzare i serbatoi. Il motore quindi aveva iniziato a bruciare combustibile in maniera non efficiente, arrivando a un drastico calo della spinta generata. Nel video seguente l’ultima fase del volo e l’atterraggio di SN10. 

https://www.astrospace.it/wp-content/uploads/2021/03/VXIitNBTg3NPauJ2.mp4

A peggiorare la situazione, alcune gambe di atterraggio non sono state dispiegate correttamente e non sono riuscite ad assorbire l’impatto dell’atterraggio. La Starship numero 10 ha però dimostrato che SpaceX stava andando nella direzione giusta, e che una manovra di questo tipo era possibile.

Il rientro di SN11 che nessuno ha visto

L’esplosione della Starship numero 11 sarebbe dovuta essere la più spettacolare di tutte, se solo qualcuno fosse riuscito a vederla. Il 30 marzo, nonostante una fitta coltre di nebbia, SpaceX ha deciso comunque di far partire SN11, nonostante i diversi rinvii causati dal meteo. La nebbia non creava problemi per la dinamica del volo e l’azienda sarebbe stata comunque in grado di conoscere l’andamento del test grazie alle telemetrie. SN11 attualmente è l’unico prototipo esploso in volo, diversi metri prima di toccare il suolo. A causare il RUD (Rapid Unscheduled Disassembly, come piace definirlo a Musk) è stato nuovamente un problema con i Raptor e questa volta già nelle prime fasi.

Poco dopo la partenza infatti, si erano generate delle fiamme provenienti dal collettore del metano di uno dei motori. Le fiammi hanno poi bruciato parte dei sistemi che controllano l’avionica della Starship. Al momento della riaccensione dei motori per la manovra di rientro, i danni causati hanno portato il motore ad avviarsi in maniera non corretta, con una pressione maggiore del normale. L’avviamento anomalo ha portato il Raptor a esplodere, o comunque danneggiarsi gravemente. I combustibili hanno quindi iniziato a fuoriuscire dando vita a un’altra esplosione che ha portato SN11 alla distruzione.

Il volo perfetto di SN15

I dati ricavati dai precedenti test hanno permesso a SpaceX di realizzare un nuovo prototipo, con centinaia di miglioramenti sia a livello hardware che software. Si è evitato di costruire le Starship numero 12, 13 e 14 proprio grazie alle informazioni acquisite. Quei tre modelli infatti sarebbero stati molto simili alle Starship precedenti, nel caso fossero stati necessari ulteriori test. Il volo di SN15 è avvenuto il 6 maggio alle 00:26 ed è durato 6 minuti, dal decollo all’atterraggio. Per spingere la Starship, SpaceX ha utilizzato una versione aggiornata dei motori Raptor, più affidabili e meno ingombranti di quelli visti precedentemente.

L'arrivo di Starship SN15 dopo il suo volo di test ad alta quota.
L’arrivo di Starship SN15 dopo il suo volo di test ad alta quota.

Tutta la manovra di rientro, dal riposizionamento in verticale all’atterraggio, è stata gestita da due Raptor. A causa di quanto accaduto con SN10 però, tutti sono stati molto cauti nell’iniziare i festeggiamenti. SN15 si trova tutt’ora esposta a Starbase, come simbolo di un importante successo. Gli operai poi hanno posizionato accanto a questa Starship anche SN16, l’unico prototipo costruito completamente e mai utilizzato.

Si trattava infatti di una Starship simile a SN15 e da usare in caso qualcosa fosse andato storto. SpaceX ha quindi deciso di scartare nuovamente alcuni prototipi per puntare all’orbita terrestre con la Starship numero 20.

Fa la sua comparsa il Super Heavy

La sola Starship non è in grado di raggiungere da sola lo spazio, portare carichi in orbita e poi fare ritorno sulla Terra. Ha bisogno di un booster che la spinga per vincere la forza di gravità terrestre e superare lo strato più denso dell’atmosfera. Dopo il successo di SN15, SpaceX ha potuto iniziare la costruzione del primo Super Heavy, il booster che avrà proprio questo compito.

A fine marzo gli operai hanno assemblato il primo prototipo, denominato BN1. Questo è servito solamente per testare i processi produttivi e la gestione di quello che sarà il primo stadio più grande mai realizzato dall’uomo. BN1 non ha mai raggiunto il sito per i test, in quanto gli operai lo hanno smantellato poco dopo, direttamente al sito di costruzione.

A luglio ha raggiunto il pad il primo Super Heavy con il quale SpaceX ha eseguito una campagna di test. Si tratta del Booster 3, che il 20 luglio ha avviato 3 motori Raptor eseguendo con successo il primo static fire test di un Super Heavy. Oltre quella prova però, non ne sono state effettuate altre e anche al Booster 3 è toccata la sorte di BN1. Alcuni resti del Booster 3 si trovano ancora al sito di test, mentre SpaceX ha iniziato a concentrarsi sul Booster 4, che nei piani dell’azienda dovrebbe essere il primo a volare.

Il quarto prototipo ha permesso all’azienda di stabilire diverse prime volte, e ai curiosi di osservare un Super Heavy completo. Il Booster 4 infatti è stato il primo a montare le quattro griglie per il controllo dell’assetto durante il rientro. Queste hanno una forma simile a quelle del Falcon 9, ma sono più grandi e realizzate in acciaio. Su questo razzo inoltre, gli operai hanno installato per la prima volta tutti i Raptor necessari per il volo, per un totale di 29 motori. Secondo Musk però, la versione definitiva del Super Heavy ne monterà 33.

Il Super Heavy BN4 fotografato ad agosto 2021 al pad di lancio di Starbase.
Il Super Heavy BN4 fotografato ad agosto 2021 al pad di lancio di Starbase. Credits: Elon Musk

Le questioni burocratiche

Oltre che a livello tecnico, SpaceX ha riscontrato diversi problemi anche a livello di burocrazia, soprattutto per quanto riguarda l’ottenimento dei permessi di volo. A inizio anno il rapporto con la Federal Aviation Administration è stato parecchio travagliato, soprattutto a causa dei comportamenti adottati dall’azienda. A dicembre 2020 infatti, SpaceX aveva fatto volare SN8 senza avere tutti i permessi di volo.

Ciò ha portato l’agenzia americana ad effettuare diverse indagini, soprattutto sul fattore sicurezza. L’azienda ha quindi dovuto tenere a terra SN9 per diversi giorni. La FAA si basava ancora su leggi e regole scritte decenni prima, non adatte a soddisfare le richieste di un’azienda in grado di effettuare un gran numero di test. L’agenzia americana ha quindi lavorato per migliorare anche questo aspetto, in modo da velocizzare le pratiche.

Per procedere con i successivi test, a SpaceX mancano ancora dei permessi, come quello inerente all’impatto ambientale dell’intero complesso di Starbase. La FAA a fine anno ha iniziato a raccogliere le testimonianze dei cittadini, che andrà a far parte di una serie di indagini. Queste dovranno stabilire se Starbase, e soprattutto il complesso per i lanci orbitali, possa arrecare danni all’ecosistema. Molti altri dettagli su Starbase, la sua organizzazione e struttura possono essere trovati in questa guida, realizzata da Astrospace a novembre 2021.

La guida completa a Starbase

Per il primo volo orbitale inoltre, SpaceX necessita anche dei permessi rilasciati dalla Federal Communications Commission per sfruttare le frequenze di comunicazioni. Grazie alla condivisione della domanda per ottenere tali permessi abbiamo potuto conoscere il profilo del primo volo nello spazio della Starship. Non sarà un giro completo attorno alla Terra, ma si fermerà a 3/4 della circonferenza. Sia Starship che Super Heavy effettueranno un rientro controllato in mare, in modo da ricavare nuovi dati sul comportamento delle strutture con sollecitazioni più elevate.

Le cause per il contratto HLS e la Starship lunare

Il 16 aprile la NASA ha comunicato di aver scelto SpaceX e la sua Starship come unico mezzo finanziato dal programma HLS (Human Landing System). Ciò significa che una Starship modificata, verrà usata per scendere sulla Luna partendo dall’orbita lunare dove gli astronauti arriveranno con una capsula Orion. A concorrere per ottenere i finanziamenti del programma HLS, c’erano Dynetics assieme ad un consorzio formato da 25 aziende, e il National team, di cui fanno parte Blue Origin, Lockheed Martin, Northrop Grumman e Draper.

Le aziende escluse dal contratto hanno quindi deciso di fare ricorso al GAO (Government Accountability Office), affinché venisse valutata nuovamente la scelta della NASA. La domanda per il ricordo è giunta il 26 aprile e la NASA si è trovata a dover sospendere il contratto con SpaceX ancora prima di partire. A fine luglio il GAO ha respinto le proteste di Blue Origin, confermando quindi che i finanziamenti dell’HLS debbano rimanere solo a SpaceX. L’azienda aerospaziale fondata da Jeff Bezos ha deciso poi di fare causa direttamente alla NASA. A inizio novembre Blue Origin ha però perso nuovamente, e il contratto HLS è così confermato in esclusiva a SpaceX. HLS consiste di 2,89 miliardi di dollari di finanziamenti per sviluppare la Starship in versione lunare.

Cosa dobbiamo aspettarci nel 2022 ?

Il 6 agosto, anche se per pochi minuti, abbiamo avuto un assaggio di ciò che ci attende nel prossimo anno. In quello storico giorno SpaceX ha assemblato il razzo più grande mai costruito dall’uomo. Al pad orbitale gli operai hanno posizionato sul Booster 4, alto circa 69 metri, la Ship20, di 50 metri, formando un unico grade razzo di quasi 120 metri. Si è trattato solo di una prova per verificare la tenuta e l’allineamento di tutte le diverse parti. In questo video, realizzato da SpaceX, è possibile rivivere in circa 1 minuto e mezzo, alcuni dei momenti più importanti del 2021 a Starbase.

Il prossimo anno potremmo assistere diverse volte a scene di questo tipo, dato che l’obbiettivo è effettuare un gran numero di voli orbitali. A meno di gravi problemi, il primo volo nello spazio della Starship dovrebbe avvenire verso il mese di febbraio. Con questo lancio SpaceX avrà l’occasione di testare le diverse manovre oltre a verificare il comportamento dello scudo termico della Starship.

Se tutto si svolgerà secondo i piani dell’azienda, nel 2022 potremmo anche assistere alla prima cattura al volo del Super Heavy. SpaceX infatti, ha costruito una enorme torre alta 140 metri, dotata di due bracci che servono per afferrare al volo il booster e poterlo riutilizzare velocemente. Per effettuare una manovra di questo tipo, il rientro dovrà avvenire con estrema precisione, per evitare di danneggiare le strutture circostanti.

Al sito di costruzione inoltre, entrerà in funzione anche un nuovo edificio, denominato Wide Bay, attualmente in costruzione. Questo sarà utilizzato per assemblare un numero maggiore sia di Starship che di Super Heavy, in quanto ne potrà contenere di più rispetto all’High Bay. In Florida invece, allo storico pad 39A, sono iniziati i lavori per realizzare un altro pad di lancio di Starship. Probabilmente da questo pad partiranno le future Starship lunari. Stando alle parole di Musk, al 39A SpaceX costruirà un pad ed una torre simili a quelle che si trovano a Boca Chica, ma migliorate. In questo modo potranno supportare al meglio i lanci della Starship per il volo umano sulla Luna.

I progressi di Starship è una rubrica di aggiornamento sul progetto Starship di SpaceX, progettata e scritta da Andrea D’Urso e viene pubblicata il giorno cinque di ogni mese.

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Tags: HLSLunaSN10sn11SN15SN8SN9SpaceXStarshipSuper Heavy

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