Un nuovo studio, basato su dati della missione Magellan della NASA, suggerisce che Venere potrebbe essere geologicamente attivo con processi tettonici in atto sotto la sua superficie.
Le analisi si concentrano su una particolare tipologia di strutture chiamate coronae, vasti sistemi circolari o ellittici di fratture e rilievi, formatisi dove risalirebbero getti di materiale caldo dal mantello.
Le immagini radar raccolte da Magellan negli anni ’90 hanno rappresentato per decenni la principale fonte di conoscenza sulla superficie venusiana. Ora, un nuovo approccio che combina topografia e dati gravitazionali ha permesso di rilevare segnali compatibili con movimenti del mantello e deformazioni della litosfera. In modo simile, sebbene non identico, alla tettonica a placche terrestre.
Coronae, geodinamica e tettonica senza placche su Venere
Lo studio ha analizzato 75 coronae visibili nei dati radar e gravitazionali: in 52 di queste, gli autori hanno identificato segnali di materiale caldo e meno denso che risale dal mantello. Questo materiale esercita pressione verso l’alto, deformando la crosta e provocando collassi, subduzione localizzata o gocciolamenti della litosfera. Tutti fenomeni potenzialmente attivi ancora oggi.
A differenza della Terra, Venere non presenta tettonica a placche, ma sembra comunque essere sede di dinamiche profonde complesse. Nelle regioni studiate, la risalita di plume caldi genera spinte verticali che spaccano la superficie, mentre il materiale circostante viene spinto verso il basso, in un processo di subduzione “locale”. In altri casi, il peso di materiale freddo e denso nella litosfera potrebbe causarne il distacco e la discesa nel mantello (il cosiddetto lithospheric dripping).

Questi processi non sono osservabili direttamente, ma i modelli geodinamici 3D confrontati con i dati di Magellan forniscono una base solida per ipotizzarne l’esistenza. Secondo gli autori, si tratta di meccanismi geologici che potrebbero aver avuto un ruolo anche sulla giovane Terra, prima dell’affermazione delle attuali placche tettoniche.
In attesa di VERITAS
La missione VERITAS (Venus Emissivity, Radio science, InSAR, Topography, and Spectroscopy) della NASA, il cui lancio è previsto non prima del 2031, fornirà dati di gravità e topografia con una risoluzione da due a quattro volte superiore rispetto a quella di Magellan. Questo permetterà di testare direttamente le ipotesi formulate nello studio e, potenzialmente, confermare l’attività tettonica attuale su Venere.
VERITAS combinerà osservazioni radar, spettroscopia infrarossa e tracciamento radio per studiare in dettaglio la composizione superficiale e la struttura interna del pianeta. Le sue misurazioni ad alta precisione aiuteranno a mappare le regioni più attive, identificando eventuali punti caldi, fratture o deformazioni recenti.
Lo studio rappresenta un ulteriore passo nella rivalutazione dell’attività geologica di Venere, che negli ultimi anni ha visto anche la scoperta di vulcani attivi grazie all’analisi di immagini radar. Insieme alle future missioni europee ed americane, come EnVision e DAVINCI, VERITAS contribuirà a ridefinire il ruolo di Venere come laboratorio per comprendere l’evoluzione dei pianeti rocciosi, inclusa la stessa Terra.
Lo studio, pubblicato su Science Advances, è reperibile qui.