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Il vulcanismo attivo su Venere, testimoniato dai dati Magellan

Mariasole Maglionedi Mariasole Maglione
Marzo 17, 2023
in Esplorazione spaziale, News, Scienza, Sistema solare
Maat Mons

Prospettiva 3D del Maat Mons su Venere, generata al computer a partire dai dati della missione Magellan della NASA. Credits: NASA/JPL

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Gli scienziati studiano i vulcani attivi per capire come l’interno di un pianeta può modellare la sua crosta, guidarne l’evoluzione e influenzarne l’abitabilità. Grazie alle immagini radar della missione Magellan della NASA degli anni ’90, è stato possibile ottenere prove dirette della recente attività vulcanica sulla superficie di Venere.

Dopo circa 200 ore di confronto manuale delle immagini, ottenute da Magellan nel corso di diverse orbite attorno a Venere, gli scienziati hanno potuto osservare direttamente dei cambiamenti geologici rivelatori, causati da un’eruzione vulcanica. I dati infatti hanno rivelato una bocca vulcanica che cambia forma e aumenta di dimensioni in meno di un anno.

Una delle nuove missioni della NASA su Venere, VERITAS (Venus Emissivity, Radio science, InSAR, Topography, And Spectroscopy), studierà Venere e la sua geologia nel dettaglio, dal nucleo alla superficie. Per capire come un pianeta roccioso delle stesse dimensioni della Terra abbia preso un percorso molto diverso, divenendo un mondo coperto da pianure vulcaniche e terreni deformati, nascosti sotto un’atmosfera densa, calda e tossica.

Il vulcanismo e i cambiamenti geologici

I cambiamenti geologici trovati dagli scienziati si sono verificati nell’Atla Regio, una vasta regione montuosa vicino all’equatore di Venere. Questa zona ospita due dei più grandi vulcani del pianeta: Ozza Mons e Maat Mons.

La regione è stata a lungo considerata vulcanicamente attiva, ma non c’erano prove dirette di attività recenti. Esaminando le immagini radar di Magellan, è stato possibile identificare una bocca vulcanica associata a Maat Mons che stava cambiando significativamente tra febbraio e ottobre 1991.

Nell’immagine di febbraio, la bocca è quasi circolare e copre un’area di meno di 2.2 chilometri quadrati. Ha pareti interne ripide e mostra segni di lava drenata lungo i suoi pendii esterni, fattori che suggeriscono attività in corso. Nelle immagini radar di otto mesi dopo, la stessa bocca è raddoppiata e deformata, e sembra essere riempita fino all’orlo da un lago di lava.

Cambiamenti bocca vulcanica su Maat Mons
Dati della regione di Maat e Ozza Mons (a sinistra) con l’area di studio indicata dal riquadro nero. A destra sono le osservazioni prima (A) e dopo (B) di Magellan della bocca vulcanica su Maat Mons, con possibili nuove colate laviche dopo un evento eruttivo. Credits: Robert Herrick/UAF

Poiché le due osservazioni provenivano da angoli di visione opposti, avevano prospettive diverse, il che le rendeva difficili da confrontare. La bassa risoluzione dei dati vecchi di tre decenni ha solo reso il lavoro più complicato.

La conferma dei modelli

Per essere certi di ciò che il confronto tra le immagini Magellan stava suggerendo, i ricercatori, guidati dal prof. Robert Herrick dell’Università dell’Alaska Fairbanks, hanno collaborato con Scott Hensley del JPL, il project scientist di VERITAS.

Il team, insieme a Hensley, ha creato modelli computerizzati della bocca vulcanica in varie configurazioni, per testare diversi scenari di eventi geologici, come le frane. Da quei modelli, hanno concluso che solo un’eruzione avrebbe potuto causare il cambiamento. Hensley, a proposito, ha affermato:

Solo un paio delle simulazioni corrispondevano alle immagini, e lo scenario più probabile è che l’attività vulcanica si sia verificata sulla superficie di Venere durante la missione Magellan. Sebbene questo sia solo un set di dati per un intero pianeta, conferma che esiste un’attività geologica moderna.

Gli scienziati paragonano le dimensioni del flusso di lava generato dall’attività del Maat Mons all’eruzione del Kilauea del 2018 sulla Big Island delle Hawaii.

L’eredità di Magellan, e il futuro con VERITAS

Herrick, membro del team scientifico di VERITAS, e i colleghi sono ansiosi di vedere in che modo la suite di strumenti scientifici avanzati e dati ad alta risoluzione della missione futura completerà il notevole tesoro di immagini radar di Magellan.

Ora che c’è la certezza che il pianeta abbia vissuto un’eruzione vulcanica solo 30 anni fa, gli scienziati hanno avuto una piccola anteprima delle incredibili scoperte che VERITAS farà. E mentre i dati di Magellan erano originariamente complicati da studiare, i dati di VERITAS saranno disponibili direttamente online alla comunità scientifica. Ciò consentirà ai ricercatori di applicare tecniche all’avanguardia, come il machine learning, per analizzare Venere e aiutare a rivelare i suoi segreti.

I dubbi sul futuro di questa missione sono però aumentati quando è stata presentata la bozza di budget governativo per la NASA. Al 17 marzo 2023, è stata proposta una ibernazione per la missione VERITAS, principalmente per indirizzare i finanziamenti verso Mars Sample Return, attualmente prioritaria. Questa proposta potrà essere modificata e VERITAS riaperta, una volta che sarà confermato il budget per la NASA dal congresso, ma per ora non ci sono grosse speranze che si vada contro la proposta governativa su una missione scientifica.

Lo studio, pubblicato su Science, è reperibile qui.

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Tags: geologiaMagellanSistema solareVenereVERITASvulcanismo

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