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| On 2 mesi ago

Il James Webb ha trovato molecole organiche complesse nei ghiacci interstellari

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Decenni fa, da esperimenti di laboratorio, gli scienziati hanno previsto per la prima volta la presenza di molecole organiche complesse (COM, Complex Organic Molecules) nelle protostelle allo stadio iniziale, dove i pianeti ancora non si sono formati. Nel corso del tempo, alcuni telescopi spaziali hanno effettuato osservazioni a prova di questa teoria.

Ora, l’altissima risoluzione spettrale e sensibilità del Mid InfraRed Instrument (MIRI) del telescopio James Webb ha permesso di identificare individualmente in due protostelle una varietà di molecole, che vanno da quelle relativamente semplici come il metano a composti complessi come l’acido acetico e l’etanolo, nei ghiacci interstellari.

I risultati sono stati ottenuti all’interno del programma JOYS+ (James Webb Observations of Young ProtoStars), e contribuiscono a fornire nuovi indizi per rispondere ad una delle domande di più vecchia data dell’astrochimica: qual è l’origine dei COM nello spazio?

Molecole organiche nelle protostelle

All’interno del programma JOYS+, il James Webb osserva nel medio infrarosso con MIRI più di 30 protostelle. In particolar modo, un team di ricerca guidato da Harold Linnartz dell’Università di Leida si è concentrato sull’esplorare le tracce di COM in fase ghiacciata in due protostelle: una di bassa massa, NGC 1333 IRAS 2A, e una di massa elevata, IRAS 23385+6053.

La prima delle due, IRAS 2A, è di particolare interesse per gli scienziati perché si tratta di una stella simile al Sole primordiale, che potrebbe aiutarci a scoprire com’era il Sistema Solare nelle sue fasi iniziali, e come le molecole organiche complesse fossero distribuite per poi essere trasportate nella Terra primitiva.

A partire dagli spettri ottenuti con MIRI, nell’intervallo di lunghezze d’onda tra 6.8 e 8.6 micrometri, il team ha rilevato acetaldeide, etanolo, formiato di metile e acido acetico nella fase solida, oltre a molecole organiche semplici come metano, acido formico, anidride solforosa e formaldeide.

Spettro della protostella IRAS 2A ottenuto con il James Webb. Comprende le firme di acetaldeide, etanolo, metilformiato, acido acetico, nella fase solida. Credits: NASA, ESA, CSA, L. Hustak (STScI)

L’anidride solforosa, in particolare, permette di studiare il budget di zolfo disponibile nelle protostelle. Inoltre, riveste interesse prebiotico, perché i composti contenenti zolfo svolgevano un ruolo importante nel guidare le reazioni metaboliche sulla Terra primitiva.

Molecole organiche complesse in fase solida?

Gli scienziati cercano da anni di capire se i COM sono prodotti in fase gassosa o in fase solida, come ghiaccio. Finora diversi COM erano stati rilevati nella loro fase gassosa calda. Ora le misurazioni di MIRI suggeriscono invece che potrebbero provenire dalla sublimazione dei ghiacci, ovvero dal passaggio dallo stato solido a quello gassoso, senza la transizione nella fase liquida.

La rivelazione dei COM nei ghiacci ha permesso agli scienziati di ipotizzare che le reazioni chimiche in fase solida sulle superfici dei granelli di polvere fredda possano costruire tipi complessi di molecole. E fa sperare di poter sviluppare una migliore comprensione delle origini di altre molecole ancora più grandi nello spazio.

Abbondanza delle COM nei diversi stadi evolutivi delle regioni di formazione stellare di piccola massa. Credits: Bhat et al. 2023

Gli scienziati sono ora ansiosi di esplorare in che misura questi COM siano trasportati sui pianeti, in fasi molto successive dell’evoluzione della protostella. I COM nei ghiacci, infatti, vengono trasportati in modo più efficiente nei dischi che formano i pianeti, rispetto al gas proveniente dalle nubi molecolari.

Questi COM ghiacciati possono quindi essere ereditati da comete e asteroidi, che a loro volta potrebbero scontrarsi con pianeti in formazione. In questo scenario, i COM possono essere consegnati a quei pianeti, fornendo potenzialmente gli ingredienti affinché la vita possa prosperare.

Lo studio completo, pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics, è reperibile qui.

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