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Trovata una coppia di buchi neri fin troppo vicini, al centro di una fusione galattica

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Gennaio 15, 2023
in Astronomia e astrofisica, News, Scienza
Galasse in fusione e buchi neri supermassicci

Rappresentazione artistica della galassia in fusione UGC 4211, al centro della quale due buchi neri supermassicci crescono fianco a fianco a soli 750 anni luce di distanza. Credits: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO); M. Weiss (NRAO/AUI/NSF)

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  • Utilizzando il radiointerferometro ALMA per studiare una coppia di galassie in fusione, un team di ricerca ha scovato due buchi neri supermassicci che stanno crescendo al centro della galassia emergente.
  • Questa coppia conterrebbe i due buchi neri più vicini tra loro mai osservati in più lunghezze d’onda.
  • Gli scienziati ipotizzano che le coppie di buchi neri supermassicci siano molto più comuni del previsto, cosa che comporterebbe implicazioni significative sui rilevamenti futuri di onde gravitazionali.

A 500 milioni di anni luce dalla Terra, nella costellazione del Cancro, c’è una galassia emergente chiamata UGC4211, generata dalla fusione di due galassie. Mentre la osservavano con l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) in Cile, i ricercatori hanno identificato due buchi neri supermasicci che stanno crescendo simultaneamente nel suo centro.

Grazie ai ricevitori altamente sensibili di ALMA, sfruttati per esaminare la profondità dei nuclei galattici coinvolti nella fusione, è stato possibile rilevare non uno, ma ben due buchi neri che divoravano i prodotti della fusione. Sorprendentemente, si trovano a una distanza di soli 750 anni luce: ciò li rende una delle coppie di buchi neri supermassicci più vicini tra loro mai individuate. Inoltre, la possibilità di osservare questi due mostruosi giganti celesti a diverse lunghezze d’onda sfruttando i dati di più telescopi e survey astronomiche ha permesso agli scienziati di guardare più da vicino la situazione.

I risultati della nuova ricerca sono stati pubblicati su The Astrophysical Journal Letters e presentati in una conferenza stampa al 241° incontro dell’American Astronomical Society (AAS) a Seattle, Washington. Michael Koss, ricercatore senior presso Eureka Scientific e autore principale della nuova ricerca, ha affermato:

Le simulazioni finora hanno suggerito che la maggior parte della popolazione di buchi neri binari nelle galassie vicine sarebbe inattiva. Sono più comuni di due buchi neri in crescita, come quelli che abbiamo trovato. Ma poiché sappiamo che le fusioni di galassie sono molto più comuni nell’Universo distante, anche queste binarie di buchi neri potrebbero essere molto più comuni di quanto si pensasse in precedenza.

Il radiointerferometro ALMA: un punto di svolta

L’utilizzo del radiointerferometro ALMA è stato sicuramente un punto di svolta. La sua sensibilità e le sue prestazioni hanno permesso di risolvere, ovvero di separare otticamente, due buchi neri così vicini tra loro che difficilmente, con altri strumenti, apparirebbero come due punti distinti. ALMA è unico: può vedere attraverso grandi colonne di gas e polvere, raggiungere una risoluzione spaziale molto elevata. E, con altre scoperte di questo calibro, rivoluzionare la nostra comprensione delle fusioni galattiche, interazioni tra buchi neri e, di conseguenza, futuri rilevamenti di onde gravitazionali.

Ezequiel Treister, astronomo dell’Universidad Católica de Chile e coautore della ricerca, ha dichiarato: “Potrebbero esserci molte coppie di buchi neri supermassicci in crescita nei centri delle galassie che finora non siamo stati in grado d’identificare. Se questo è il caso, nel prossimo futuro osserveremo frequenti eventi di onde gravitazionali causati dalle fusioni di questi oggetti attraverso l’Universo”.

Per aggiungere altri dettagli a questa scoperta già molto avvincente, sono state sfruttate le lunghezze d’onda di altri potenti telescopi:

  • L’osservatorio spaziale a raggi X Chandra della NASA.
  • L’Hubble Space Telescope della NASA.
  • Il Very Large Telescope dell’ESO con lo strumento Multi-Unit Spectroscopic Explorer (MUSE).
  • l’Osservatorio Keck nelle isole Hawaii.
  • Il telescopio Blanco di 4 metri presso l’Osservatorio interamericano di Cerro Tololo (CTIO), con lo strumento Dark Energy Camera Legacy Survey (DECalS).

Ogni lunghezza d’onda racconta una parte diversa della storia. Mentre l’imaging ottico terrestre ha mostrato l’intera galassia in fusione, Hubble ha individuato le regioni nucleari ad alta risoluzione. Le osservazioni a raggi X invece hanno rivelato che c’era almeno un nucleo galattico attivo nel sistema. Infine, ALMA ha confermato la posizione esatta dei due buchi neri supermassicci in crescita. Di seguito, una gif che dalla galassia risultante dalla fusione arriva fino al centro e mostra i due buchi neri risolti spazialmente.

Coppia di buchi neri in una galassia risultante da una fusione
Credits: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), M. Koss et al (Eureka Scientific)

Possibili nuovi indizi sulla fusione tra galassie

La fusione galattica è il tipo più violento d’interazione tra diverse galassie. I suoi effetti sulle singole componenti, in parte dovuti alle interazioni gravitazionali e in parte all’attrito dinamico tra i gas e la polvere cosmici, sono di enorme portata. Le fusioni tra galassie sono quindi un vasto argomento di ricerca, per comprendere la loro formazione ed evoluzione e ricostruire la storia dell’Universo passo dopo passo.

Finora, gli scienziati hanno studiato principalmente solo le prime fasi delle fusioni tra galassie. La nuova ricerca potrebbe avere un profondo impatto sulla nostra comprensione dell‘imminente fusione della Via Lattea con la vicina galassia di Andromeda.

A tal proposito, Koss ha dichiarato: “La collisione Via Lattea-Andromeda è nelle sue primissime fasi e si prevede che si verificherà tra circa 4,5 miliardi di anni. Ciò che abbiamo appena studiato è una fonte nella fase finale della collisione, quindi quello che stiamo vedendo presagisce quella fusione. E ci dà anche un’idea della connessione tra i buchi neri che si fondono e crescono, e alla fine producono onde gravitazionali”.

Non solo, quindi, la ricerca testimonia la potenza di ALMA e della collaborazione di più Osservatori per dati a diverse lunghezze d’onda. Lascia ben sperare su cosa potremmo ancora scoprire in futuro. Con l’avvento dei rilevatori di onde gravitazionali, abbiamo l’opportunità di espandere ulteriormente i poteri di osservazione, combinando le capacità della migliore strumentazione attualmente in uso. Joe Pesce, direttore del National Radio Astronomy Observatory che gestisce ALMA, ha affermato: “Non credo che ci sia davvero un limite a ciò che possiamo imparare”.

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Tags: ALMAbuchi neribuco nero supermassiccioFusione galatticaGalassiaOnde gravitazionali

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