I buchi neri sono oggetti così alieni che persino Albert Einstein ha avuto difficoltà nel convincersi della loro esistenza. La loro attrazione gravitazionale è così forte che nemmeno la luce può sfuggirvi, rendendoli impossibili da vedere. L’unico modo con cui gli astronomi sono stati in grado di scattare foto ai buchi neri è utilizzare radiotelescopi che rilevano le onde elettromagnetiche emesse dal gas che vortica attorno al buco nero.
Nel 2019 tutta la comunità scientifica ha sorriso di fronte alla prima immagine mai scattata di un buco nero. Era M87*, buco nero supermassiccio nel nucleo centrale della galassia M87 a più di 50 milioni di anni luce dalla Terra. Ora è il 2022, e l’Event Horizon Telescope (EHT) Collaboration ha presentato la seconda immagine di questa tipologia di oggetti, i buchi neri. Stavolta si è trattato di Sagittarius A*, nel cuore pulsante della nostra Via Lattea.
Osservando gli scatti rilasciati dalla EHT Collaboration, salta subito all’occhio la somiglianza tra essi. In entrambi, un anello arancione molto luminoso, con dei blob più chiari e altre zone più rosse, circonda un’ombra nera centrale. M87* e Sgr A* appaiono entrambi molto sfocati, non definiti, come appannati. Sembrano identici, eppure non potrebbero essere più diversi.
In ogni caso, averli fotografati entrambi resta un evento senza precedenti. Feryal Özel, membro dell’EHT Science Council e professoressa di astronomia e fisica presso lo Steward Observatory, afferma: “Vediamo un anello luminoso che circonda una completa oscurità, il segno rivelatore di un buco nero. Stiamo guardando direttamente al punto di non ritorno”.
Buchi neri “Riccioli d’oro”
Nel 2000 la Özel ha pubblicato uno studio insieme a Dimitrios Psaltis, professore di astronomia e fisica dell’UArizona e ricercatore principale del progetto internazionale Black Hole PIRE. In quel documento e in un documento successivo pubblicato nel 2001, i ricercatori hanno identificato M87* e Sgr A* come i due buchi neri ideali che presentavano la possibilità di farsi fotografare. Ciò ha contribuito al lavoro di base per un osservatorio delle dimensioni della Terra che ora è l’Event Horizon Telescope.
“Si potrebbe dire che entrambi sono “Riccioli d’oro di buchi neri”” ha detto Özel. “I loro ambienti sono perfetti, ed è per questo che possiamo vederli”. Per astrofisici come Özel e Psaltis, i buchi neri sono laboratori naturali che consentono loro di testare la relatività generale. Potrebbero persino avvicinarli a una teoria che unifica la gravità con la meccanica quantistica, dilemma ancora irrisolto.
Buchi neri quasi identici, ma totalmente diversi
M87* è 1.500 volte più massiccio ma 2.000 volte più lontano di Sgr A*. Ecco perché i due appaiono più o meno della stessa dimensione nel cielo. Ma nonostante sembrino quasi identici, sono in realtà completamente diversi.
M87* vanta una massa di 6 miliardi di soli ed è di dimensioni gigantesche. Il nostro intero sistema solare si adatterebbe all’interno del suo orizzonte degli eventi, punto di non ritorno di un buco nero. Sgr A*, che si trova a soli 25.000 anni luce dalla Terra, è decisamente più piccolo. Con “soli” 4 milioni di masse solari, è abbastanza piccolo da adattarsi all’orbita di Mercurio, il pianeta più vicino al sole. Se i due buchi neri fossero allineati nell’obiettivo di una macchina fotografica, M87* riempirebbe la foto, mentre Sgr A* scomparirebbe del tutto.

Psaltis spiega:
Una delle predizioni più fondamentali della teoria della gravità di Einstein è che l’immagine di un buco nero scala solo con la sua massa. Un buco nero 1.000 volte più piccolo di massa di un altro avrà un’immagine molto simile che sarà solo 1.000 volte più piccola. Lo stesso non vale per altri oggetti.
Buchi neri che rispondono solo alla gravità
Le leggi di scala in natura impongono che quando due entità sono di dimensioni molto diverse, in genere sembrano diverse l’una dall’altra. I buchi neri, al contrario, si ridimensionano senza cambiare il loro aspetto.
La loro assoluta semplicità è ciò che rende le due immagini di Sgr A* e M87* così importanti. Infatti, confermano ciò che fino ad ora era stato previsto solo dalla teoria: sembrano essere gli unici oggetti esistenti che rispondono solo a una legge di natura, la gravità.
“Il fatto che la luce appaia come un anello, con l’ombra nera all’interno, ti dice che è puramente gravità”, ha detto Psaltis. “È tutto previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein, l’unica teoria nel cosmo a cui non interessa la scala”. Una teoria che ci parla di oggetti compatti e molto massicci che danzano nel cosmo, deformando lo spaziotempo e increspandolo con immense onde gravitazionali.

Il futuro con Sgr A* e M87*
Se gli scienziati potessero scattare una foto di un buco nero veramente piccolo di circa 10 masse solari e confrontarla con M87* e Sgr A*, vedrebbero sempre una “ciambella” rossa con un alone scuro al centro, l’ombra del buco nero. “Ovunque guardiamo, dovremmo vedere “ciambelle”. E dovrebbero sembrare sempre tutte più o meno uguali” ha detto Psaltis.
Al momento EHT non potrebbe raggiungere una risoluzione tale da permettere un simile scatto. Tuttavia sono molti i miglioramenti in corso e molti i telescopi all’avanguardia in costruzione. Come lo Square Kilometre Array in Sud Africa e Australia, quello che sarà la rete di radiotelescopi più grande del mondo.
Nel corso degli anni, la collaborazione EHT si è anche interessata a come i buchi neri cambiano nel tempo. Se guardassimo un buco nero in due giorni o due anni differenti, come cambierebbe? Quanta radiazione emetterebbe a lunghezze d’onda diverse? Cosa potremmo prevedere a riguardo, e come potremmo usare le nostre osservazioni per capire l’ambiente circostante il buco nero?
Nel video seguente è possibile rivedere la diretta del 15/5/2022 con la dtt.essa Sara Rastello e il dtt. Marco Dall’Amico in cui abbiamo parlato di buchi neri e, in particolar modo, di Sagittarius A*.
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