Nel marzo 2021, quasi un anno fa, il 18esimo Space Control Squadron aveva rilevato nel giro di una settimana l’esplosione di due satelliti. Uno americano, il NOAA 17, la cui distruzione è stata confermata il 19 marzo; uno cinese, lo YUNHAI 1-02, la cui esplosione è stata rilevata il 23 marzo.
Il NOAA 17 era un vecchio satellite del 2002 inattivo dal 2013, alla deriva in una bassa orbita polare. Al contrario, lo YUNHAI 1-02 era stato lanciato appena nel 2019, anch’esso in orbita polare; la sua rottura ha destato, nove mesi fa, una certa curiosità visto che l’ipotesi di usura non era accettabile come per il satellite americano. L’Agenzia Spaziale Cinese non ha, come suo solito, diffuso comunicati stampa che spiegassero le cause dell’esplosione del loro satellite che era predisposto all’osservazione degli oceani e alla prevenzione dei disastri naturali.
Il 21 dicembre 2021 l’Orbital Debris Program Office (ODPO) della NASA ha pubblicato un report che conferma la distruzione del satellite cinese per l’impatto con un detrito spaziale. In precedenza questa teoria era già stata avanzata dalle analisi amatoriali dell’astrofisico Jonathan McDowell. Era infatti stato rilevato un pezzo di un razzo russo che proprio lo stesso giorno, il 18 marzo 2020, era transitato a 1 km dal satellite cinese. L’incontro di due oggetti, non è un evento rarissimo nelle orbite affollate come le sunsincrone o le polari; soprattutto quando si tratta di satelliti come il NOAA disattivati e impossibilitati dal compiere delle avoidance maneuvers.
Il problema dei detriti spaziali
Secondo le stime dell’ESA intorno alla Terra orbitano circa 130 milioni di rifiuti, di cui 34.000 con un diametro maggiore di dieci centimetri. È un numero notevole, infatti tiene conto di tutti i satelliti disattivati che non hanno compiuto manovre di disposal, stadi secondari di vettori spaziali e qualsiasi altra particella creata dai propellenti scaricati, dalla corrosione delle superfici a opera dei raggi UV oppure dal de-assorbimento delle impurità presenti sopra i satelliti che si legano con l’ossigeno atomico che si trova in orbita.
La maggior parte dei detriti ha dimensioni inferiori al millimetro, ma lanciati a velocità orbitali (7 km/s) possiedono la stessa quantità di moto di una bomba a mano… non esattamente un oggetto da lanciare contro un satellite.
Scienziati e ingegneri si sono ovviamente adoperati per creare una serie di soluzioni per proteggere i satellite. Per i detriti più grossi, sopra i 10 cm di diametro, sono previste manovre di elusione (avoidance maneuvers) come quelle che fa anche l’ISS. Per i detriti più piccoli invece, sotto il centimetro di diametro, si può prevedere una difesa passiva. Il passive shielding si sviluppa in due principali geometrie: uno scudo monolitico montato direttamente sulla parete del satellite, inspessendola, oppure uno scudo Whipple, dello stesso spessore del monolitico ma non costituito di un’unica piastra, bensì da un bumper esterno e uno spazio vuoto detto di stand off prima della parete strutturale del satellite.
Lo scudo Whipple permette una dispersione dello spall, i detriti costituiti dalla distruzione della parete esterna, prima che impatti sulla parete interna, di fatto frammentando il proiettile su sé stesso e diminuendone la pericolosità. Esiste tuttavia una fascia di detriti tra il centimetro e i 10 centimetri che non sono tracciabili. Possono però portare alla perdita del satellite, in quanto il passive shielding non basterebbe. In questi casi, l’approccio degli ingegneri è il WHP, Wait Hope and Pray.
La storia del YUNHAI 1-02
Nelle prime settimane dopo la distruzione dello YUNHAI 1-02, si sospettava che il satellite fosse stato centrato da un detrito di fascia WHP. Tuttavia, nel report dell’ODPO del 21 Dicembre si evidenzia come il satellite cinese sia andato incontro alla sua fine per colpa di un oggetto catalogato, cioè conosciuto alla comunità scientifica, che ne tracciava le orbite con costanza. Per la precisione si tratta di “International Designator 1996-051Q, Catalog number 48078”, un detrito relativo al veicolo di lancio SL-16 del Cosmos 2333 del 1996.
Le Agenzie sono in grado di determinare con questa precisione la provenienza dei detriti tracciati (e catalogati) grazie a dei potentissimi telescopi ottici dedicati come l’OGS del’ESA, in grado di trovare un detrito di 15 cm in orbita GEO, oppure grazie a radar come il Goldstone (USA) in grado di rilevare 2 mm a 500 km di quota. Anche la detezione in situ, grazie al ritorno di satelliti ampi come l’Hubble Space Telescope, fornisce informazioni sulla popolazione di detriti in determinate orbite e aiuta a creare modelli matematici accurati.
Inoltre, la NASA, grazie al suo propagatore di lungo termine PROP3D è in grado di definire la variazione di semiasse maggiore dell’orbita del detrito avendo come input il suo coefficiente ballistico (m^2/kg), riuscendo quindi a modellare come il detrito si sposta per effetto del drag atmosferico. Come mai quindi, con tutti questi mezzi, il satellite cinese non è riuscito a evitare un detrito catalogato? Infatti, solo cinque volte nella storia è accaduto che ci fossero collisioni accidentali tra detriti catalogati. L’unica ipotesi che si può formare è che ci fossero stati altri guasti, impedendo all’Agenzia Spaziale Cinese di correggere la traiettoria del proprio satelliti.
I detriti generati dal satellite cinese
Stando al propagatore PROP3D e alle rilevazioni, l’esplosione di questo satellite ha generato 37 detriti catalogabili, mentre quella del satellite americano ben 96. Numeri notevoli, ma comunque irrisori rispetto al più grave impatto mai registrato in orbita, avvenuto tra il satellite disattivato Cosmos 2251 e il satellite operativo Iridium 33, il 10 Febbraio 2009. Quell’esplosione ha generato ben 2370 frammenti catalogati.
Da anni ormai l’ESA ha imposto nelle sue normative la decommissione (disposal) del satellite inutilizzato e il motivo è evidente. I satelliti non operativi sono un pericolo al pari dei test missilistici. Le orbite potrebbero presto trovarsi troppo affollate per accogliere nuovi satelliti. Questo per l’accumularsi di continui detriti come quello colpevole della distruzione dello YUNHAI 1-02, presente in orbita da ben 25 anni.
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