Negli ultimi decenni, la nostra comprensione dei buchi neri e del loro ruolo nell’evoluzione delle galassie è cambiata radicalmente. Eppure sappiamo ancora davvero poco al riguardo.
Uno studio recente condotto dall’Università del Nevada, Las Vegas (UNLV), ha portato alla luce nuove prove che collegano un evento cosmico violento, la fusione di due galassie, alla formazione di Sagittarius A* (Sgr A*), il buco nero supermassiccio che oggi vediamo al centro della Via Lattea.
Utilizzando simulazioni avanzate e modelli teorici, e in particolare la prima foto scattata a Sgr A* dalla collaborazione Event Horizon Telescope (EHT), i ricercatori sono stati in grado di individuare i segni distintivi di tale fusione passata e collegarli all’esistenza di Sgr A*.
La scoperta apre una nuova finestra sulla comprensione di come si formano i buchi neri di massa estremamente elevata. E su quale sia il loro impatto sull’evoluzione delle galassie che li ospitano.
Sagittarius A*: il cuore “oscuro” della Via Lattea
Sgr A* si trova a 27mila anni luce dalla Terra, e ha una massa circa 4 milioni di volte superiore a quella del Sole. La sua esistenza è stata ipotizzata per la prima volta negli anni ’70, quando le osservazioni di movimenti stellari anomali nel centro galattico suggerirono la presenza di un oggetto estremamente massivo e compatto. Negli anni successivi la sua massa è stata misurata con precisione, confermando la presenza di un buco nero.
Il 12 maggio 2022 è stata pubblicata la prima immagine diretta di Sagittarius A*, scattata dal progetto Event Horizon Telescope (EHT). EHT aveva prodotto qualche anno pri,a la prima foto diretta di un buco nero supermassiccio, M87*.
La foto, ottenuta con una rete globale di osservatori che ha creato un telescopio virtuale delle dimensioni della Terra, ha rappresentato un traguardo storico nella comprensione di Sagittarius A* e del fenomeno dei buchi neri supermassicci. E proprio questi dati sono stati integrati nello studio condotto dall’UNLV.
Una fusione galattica primordiale
Lo studio dell’UNLV, guidato dai ricercatori Yihan Wang e Bing Zhang, fornisce prove convincenti che il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea, Sagittarius A*, potrebbe essersi formato a seguito di una fusione tra due galassie, e dei rispettivi buchi neri supermassicci centrali.
Una delle due galassie era la nostra, la Via Lattea, e l’altra Gaia Enceladus (anche detta Gaia sausage), e la loro fusione si stima sia avvenuta circa 9 miliardi di anni fa (anche se uno studio recente suggerisce che sia avvenuto molto prima, entro 3 miliardi di anni fa). Questo processo di fusione avrebbe innescato una serie di eventi violenti, tra cui la fusione dei buchi neri al centro delle due galassie.
Utilizzando simulazioni sofisticate, i ricercatori hanno modellato l’impatto di questa fusione, considerando vari scenari che si allineano con le proprietà di spin osservate di Sgr A*. I loro risultati indicano che una fusione con rapporto di massa di 4:1 (ovvero un buco nero era quattro volte più massiccio dell’altro), con una configurazione orbitale altamente inclinata, potrebbe riprodurre le proprietà di spin osservate dall’EHT.
Questo nuovo approccio, basato sull’analisi delle strutture residue lasciate dalla fusione, offre una prospettiva unica sull’origine dei buchi neri supermassicci, fornendo una prova della teoria della fusione gerarchica di buchi neri.
Aiuta anche a spiegare perché la maggior parte delle galassie più grandi ospiti buchi neri di massa enorme. La fusione tra galassie è un processo comune nel corso della storia cosmica, e potrebbe essere uno dei meccanismi principali attraverso i quali questi buchi neri si formano e crescono.
Le implicazioni
Questa scoperta ha importanti implicazioni per la comprensione della formazione ed evoluzione delle galassie e dei buchi neri supermassicci. Se le fusioni galattiche rappresentano un fattore chiave nella creazione di questi colossi cosmici, allora l’astronomia potrebbe dover rivedere le teorie esistenti sulla dinamica galattica.
Inoltre, questi risultati potrebbero fornire nuovi indizi sull’evoluzione delle prime galassie e sul modo in cui i buchi neri influenzano l’ambiente circostante, plasmandone la struttura.
I ricercatori affermano che i risultati dello studio avranno implicazioni significative per le future osservazioni con i prossimi rilevatori di onde gravitazionali spaziali, come il Laser Interferometer Space Antenna (LISA), il cui lancio è previsto per il 2035 e che dovrebbe rilevare simili fusioni di buchi neri supermassicci in tutto l’Universo.
Sarà anche interessante capire come questo studio si concilia con la possibilità che la fusione tra la Via Lattea e Gaia Enceladus sia avvenuta molto prima, circa 2.7 miliardi di anni fa secondo le ultime stime. Sicuramente studi futuri potranno far chiarezza in merito.
La ricerca, pubblicata su Nature Astronomy, è reperibile qui in versione pre-print.
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