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Specchi deformabili nello spazio: la tecnologia per osservare esopianeti simili alla Terra

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Novembre 28, 2023
in Agenzie Spaziali, Approfondimento, Astronomia e astrofisica, NASA, News, Scienza
Specchi deformabili Roman Space Telescope

Il coronografo con specchi deformabili del telescopio spaziale Nancy Grace Roman durante l'assemblaggio dell'ottica statica presso il JPL. Credits: NASA

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Per studiare esopianeti simili alla Terra, in orbita attorno a stelle vicine, è necessaria la tecnica dell’imaging diretto, che consiste nell’osservarli direttamente. Qualcosa di particolarmente difficile, perché la luce della stella ospite nasconde questi mondi nel suo bagliore e ci impedisce di trovarli.

Risolvere questo problema, però, è possibile. Grazie a un coronografo, uno strumento che permette di mascherare la parte centrale della stella, rimuovendone la luce abbagliante e consentendo così di raccogliere la luce riflessa dal pianeta. Una luce circa 10 miliardi di volte più debole di quella della stella madre.

Un coronografo può bloccare la luce delle stelle, però qualsiasi instabilità nell’ottica del telescopio, come un disallineamento tra gli specchi o un cambiamento nella forma dello specchio, può provocare una perdita di luce stellare, causando un bagliore che nasconde il pianeta. Quindi rilevare un pianeta simile alla Terra utilizzando un coronografo richiede un controllo preciso sia del telescopio che della qualità ottica dello strumento, a un livello di decine di picometri (un picometro è un milionesimo di milionesimo di metro).

I futuri coronografi spaziali potranno raggiungere questo livello di controllo utilizzando gli specchi deformabili, che correggono le più piccole imperfezioni del telescopio e rimuovono qualsiasi contaminazione residua della luce stellare. Una dimostrazione operativa di questa tecnologia sarà installata sul telescopio spaziale Nancy Grace Roman della NASA, il cui lancio è previsto entro maggio 2027.

Cos’è uno specchio deformabile?

Gli specchi deformabili (Deformable Mirrors, DM) sono dispositivi in ​​grado di regolare il percorso ottico della luce in entrata. Modificano la forma di uno specchio riflettente, utilizzando attuatori a pistone controllati con precisione. Regolando la forma dello specchio, è possibile correggere il fronte d’onda perturbato dalle aberrazioni ottiche (difetti delle immagini) a monte e a valle del DM. Queste aberrazioni possono essere causate da perturbazioni esterne, come la turbolenza atmosferica, o da disallineamenti ottici o difetti interni al telescopio.

La tecnologia DM è nata inizialmente per abilitare l’ottica adattiva nei telescopi terrestri. L’ottica adattiva, infatti, agisce proprio tramite specchi deformabili per correggere le aberrazioni nelle immagini dei telescopi ottenute qui a terra, causate dalla turbolenza atmosferica.

Attuatori a vista su uno specchio deformabile con ottica adattiva in fase di test per l'European Southern Observatory. Credits: ESO
Attuatori a vista su uno specchio deformabile con ottica adattiva in fase di test per l’European Southern Observatory. Credits: ESO

Le principali caratteristiche di un DM sono:

  1. Il numero di attuatori, proporzionale al campo visivo correggibile.
  2. La corsa massima degli attuatori, ovvero la distanza massima entro cui possono spostarsi.
  3. La velocità, ovvero il tempo necessario per modificare la superficie del DM.
  4. La risoluzione dell’altezza della superficie, che definisce il passo di controllo del fronte d’onda.
  5. La stabilità della superficie deformabile.

Gli specchi deformabili hanno raggiunto prestazioni molto alte qui sulla Terra. Perciò, ora è in corso un ulteriore sviluppo per poterli utilizzare anche nello spazio.

Specchi deformabili nello spazio

Per un telescopio spaziale, i DM non hanno bisogno di correggere le aberrazioni dovute alla presenza dell’atmosfera. Devono invece correggere le piccolissime perturbazioni ottiche che si verificano mentre il telescopio spaziale e lo strumento si riscaldano e si raffreddano in orbita.

Per le applicazioni spaziali, i requisiti in termini di corsa massima sono generalmente inferiori a un micrometro. Quelli di guida, però, richiedono una risoluzione dell’altezza della superficie deformabile di circa 10 picometri, e una stabilità della superficie di circa 10 picometri all’ora. Si tratta di risoluzioni davvero altissime.

Un altro aspetto chiave è l’aumento del numero di attuatori necessari, sia per le applicazioni spaziali che terrestri. Ogni attuatore richiede una connessione ad alta tensione, dell’ordine di 100 V, e la realizzazione di un elevato numero di connessioni rappresenta un’ulteriore sfida.

Le tecnologie di attuatori attualmente studiate

Diversi team di appaltatori sponsorizzati dalla NASA stanno lavorando per migliorare le prestazioni del DM, necessarie per soddisfare i requisiti delle future missioni NASA. Esse infatti sono molto più rigorose della maggior parte delle applicazioni commerciali e, quindi, hanno un’applicazione di mercato limitata. Alcuni esempi di questi sforzi includono il miglioramento della qualità della superficie dello specchio o lo sviluppo di un’elettronica DM più avanzata.

Due principali tecnologie di attuatori per specchi deformabili sono studiate allo stato attuale per le missioni spaziali. La prima è la tecnologia elettrostrittiva, in cui un attuatore è collegato meccanicamente alla superficie riflettente del DM. Quando viene applicata una tensione all’attuatore, questo contrae e modifica la superficie dello specchio.

La seconda tecnologia è il sistema microelettromeccanico a forza elettrostatica (MEMS, Micro Electro-Mechanical System). In questo caso, la superficie dello specchio viene deformata da una forza elettrostatica tra un elettrodo e lo specchio. I MEMS prodotti da Boston Micromachines Corporation (BMC) sono stati testati in condizioni di vuoto e sottoposti a test di vibrazione al lancio spaziale. Il più grande dispositivo BMC qualificato per uso spaziale è il 2k DM, che ha 50 attuatori su tutto il suo diametro, ovvero 2040 attuatori in totale. Ogni attuatore ha una larghezza di soli 400 micron.

Il 2k DM della Boston Micromachines Corporation, che dispone di 2040 attuatori con passo di 400 um.
Il 2k DM della Boston Micromachines Corporation, che dispone di 2040 attuatori con passo di 400 um. Credits: Eduardo Bendek

Il più grande MEMS prodotto da BMC, invece, è il 4k DM, che ha 64 attuatori su tutto il suo diametro, quindi 4096 attuatori in totale, e viene utilizzato nel coronografo installato sul Gemini Observatory a Terra. Tuttavia, il 4k DM non è stato qualificato per il volo spaziale.

Anche i DM elettrostrittivi prodotti da AOA Xinetics (AOX) sono stati convalidati nel vuoto e qualificati per il volo spaziale. AOX 2k DM ha una griglia di attuatori 48 x 48 (per un totale di 2304 attuatori) con passo di 1 mm. Due di questi DM AOX 2k verranno utilizzati nel coronografo del Roman Space Telescope, per dimostrare la tecnologia DM per l’imaging ad alto contrasto nello spazio. AOX ha prodotto anche dispositivi più grandi, inclusa un’unità attuatore 64 x 64 testata al JPL.

Siamo pronti per osservare mondi abitabili?

Una prima versione della tecnologia degli specchi deformabili per lo spazio sarà dimostrata con il Roman Space Telescope. Successivamente, sarà fondamentale per missioni successive al Roman, come l’Habitable Worlds Observatory (HWO) che cercherà esopianeti di tipo terrestre, abitabili.

Tuttavia, si prevede che per il controllo del fronte d’onda per missioni come l’HWO, sarebbero necessari DM ancora più grandi, con un massimo di 10mila attuatori, come gli array 96 x 96. Fornire una connessione ad alta tensione a ciascuno degli attuatori è una sfida che richiederà una progettazione completamente nuova.

L’HWO comporterebbe anche requisiti di controllo del fronte d’onda senza precedenti, come una dimensione del passo di risoluzione fino a picometri e una stabilità di circa 10 picometri/ora. Questi requisiti guideranno poi anche l’elettronica che controlla i DM, poiché la risoluzione e la stabilità sono in gran parte definite dai segnali di comando inviati dal controller, che richiedono l’implementazione di filtri per rimuovere qualsiasi rumore che l’elettronica potrebbe introdurre.

Quindi no, non siamo ancora pronti per l’HWO. Tuttavia, sicuramente un primo grande passo sarà fatto con il Nancy Grace Roman Space Telescope, che ci mostrerà come questa tecnologia potrebbe rappresentare un valido alleato nelle missioni del futuro.

Tags: EsopianetispecchiTelescopiTerra

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