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Ecco i risultati delle ultime simulazioni su cosa potrà fare il Roman Space Telescope

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Aprile 2, 2024
in Agenzie Spaziali, Approfondimento, Astronomia e astrofisica, Astrospace Orbit, NASA, News, Scienza
Immagine simulata del campo profondo di Roman che contiene centinaia di migliaia di galassie, rappresentando solo l'1,3 percento dell'indagine totale, che a sua volta è solo l'1 percento dell'indagine pianificata da Roman. Le galassie sono codificate a colori: quelle più rosse sono più lontane e quelle più bianche sono più vicine. Credits: M. Troxel e Caltech-IPAC/R. Male

Immagine simulata del campo profondo di Roman che contiene centinaia di migliaia di galassie, rappresentando solo l'1,3 percento dell'indagine totale, che a sua volta è solo l'1 percento dell'indagine pianificata da Roman. Le galassie sono codificate a colori: quelle più rosse sono più lontane e quelle più bianche sono più vicine. Credits: M. Troxel e Caltech-IPAC/R. Male

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Il Nancy Grace Roman Space Telescope sarà il prossimo grande osservatorio spaziale della NASA. Il lancio è attualmente previsto per il 2027 e con le sue prestazioni all’avanguardia, rivoluzionerà la nostra capacità di scoprire galassie e altri oggetti dell’Universo lontano, con un campo visivo di due ordini di grandezza più grande di quello di Hubble.

Una nuova simulazione condotta da Aaron Yung, post-doc al Goddard Space Flight Center, mostra come il Roman riporterà indietro l’orologio cosmico, svelando la storia del nostro Universo in modi finora considerati impossibili.

L’analisi ha messo in evidenza quanto il telescopio spaziale sarà in grado di raccontarci sul cosmo, in particolare su come si è trasformato da un mare primordiale di particelle cariche, all’intricata rete di vaste strutture cosmiche che vediamo oggi.

Un’altra simulazione, invece, ha permesso di creare una gigantesca immagine di campo profondo “sintetica”, cioè computerizzata e non reale, il più simile possibile a quelle che otterrà Roman. Questa versione simulata contiene un numero sbalorditivo di galassie: ben 33 milioni di esse, insieme a 200.000 stelle in primo piano nella nostra Galassia.

Dal brodo primordiale alle strutture cosmiche attuali

Oggi i nostri telescopi ci suggeriscono che galassie e ammassi di galassie sono raggruppate lungo fili invisibili di materia oscura, in un arazzo delle dimensioni dell’Universo osservabile. Con una visione sufficientemente ampia di quell’arazzo, potremo vedere come la struttura su larga scala dell’Universo è simile a una rete, con filamenti che si estendono per centinaia di milioni di anni luce. Gli scienziati l’hanno soprannominata ragnatela cosmica.

Le galassie si trovano principalmente nelle intersezioni dei filamenti, intervallate da vasti ” vuoti cosmici ” di cui sappiamo poco o nulla. Questo, però, è come ci appare il cosmo adesso.

Simulazione cosmologica Universo primordiale
Simulazione al computer dell’Universo primordiale. L’immagine mostra i filamenti cosmici uniti a formare una struttura a ragnatela. In aggiunta alle emissioni molto deboli del gas, si possono notare numerose sorgenti puntiformi: sono galassie in cui si stanno formando le prime stelle. Credits: Jeremy Blaizot/SPHINX project.

Ma se potessimo riavvolgere indietro il tempo, come la pellicola di un cortometraggio, vedremmo qualcosa di molto diverso. Invece di stelle giganti sparse in galassie separate da immense distanze, ci ritroveremmo immersi in un mare di particelle cariche.

Questo brodo primordiale era quasi completamente uniforme, a parte per alcune zone, dei grumi, leggermente più dense dell’ambiente circostante, in cui l’attrazione gravitazionale era leggermente maggiore.

Nel corso di centinaia di milioni di anni, i grumi hanno assorbito sempre più materiale. Sono diventati abbastanza grandi da formare stelle, che sono state attratte gravitazionalmente verso la materia oscura che forma la spina dorsale invisibile dell’Universo. Le galassie sono nate e hanno continuato ad evolversi, e alla fine sono emersi sistemi planetari come il nostro.

L’ultima simulazione del Roman Space Telescope

La simulazione effettuata da Yung e colleghi sulle future prestazioni del Roman Space Telescope copre una zona di cielo di due gradi quadrati. Equivale a circa 10 volte la dimensione apparente di una Luna piena e contiene oltre 25 milioni di galassie, con un redshift (spostamento verso il rosso, dovuto all’espansione cosmica) da 0 a 10.

La simulazione si basa su un modello di formazione delle galassie e su vincoli cosmologici che rappresentano la nostra attuale comprensione di come funziona l’Universo. Le proprietà intrinseche delle galassie e delle macro strutture sono previste con l’utilizzo di un approccio di modellazione semi-analitico, basato sulla fisica attualmente consolidata.

Quando Roman sarà lanciato e inizierà a fornire dati reali, gli scienziati potranno confrontarli con una serie di simulazioni simili a questa, mettendo alla prova i modelli attuali. Ciò aiuterà a svelare la fisica della formazione delle galassie, della materia oscura e di molto altro.

L’approccio semi-analitico della simulazione

Il set di dati ottenuto da Yung e colleghi consente una nuova serie di esperimenti sull’impatto delle dimensioni dell’indagine di Roman sulla formazione delle galassie e sui vincoli cosmologici derivati. Le proprietà intrinseche
e quelle osservabili delle galassie sono state previste utilizzando un approccio di modellazione semi-analitico.

Grazie a questo tipo di approccio, i ricercatori hanno fornito una serie di previsioni per diversi parametri cosmologici e grandezze fisiche caratteristiche delle popolazioni galattiche. Inoltre, hanno dimostrato come le future indagini a largo campo saranno in grado di migliorare ancor di più queste misure rispetto alle indagini di attuale generazione.

I cataloghi completi degli oggetti e le tabelle di dati per i risultati presentati nel lavoro di Yung et al. sono disponibili in questo portale online.

Universo simulato di Yung et al.
In questa vista laterale dell’universo simulato, ogni punto rappresenta una galassia le cui dimensioni e luminosità corrispondono alla sua massa. Fette di epoche diverse illustrano come Roman sarà in grado di vedere l’Universo attraverso la storia cosmica. Credits: Goddard Space Flight Center, A. Yung

Un quadro cosmico più ampio che mai

Le indagini di Roman saranno in grado di mappare l’Universo fino a mille volte più velocemente di Hubble. Ciò sarà possibile grazie alla struttura rigida dell’osservatorio, all’elevata velocità di rotazione e all’ampio campo visivo.

Roman si sposterà rapidamente da un obiettivo cosmico all’altro. Una volta acquisito un nuovo obiettivo, le vibrazioni si stabilizzeranno rapidamente perché le strutture potenzialmente traballanti come i pannelli solari sono fissate in posizione. Scatterà circa 100.000 foto ogni anno.

Nel grafico seguente, contenuto nell’articolo di Yung e colleghi, apprezziamo un riassunto delle popolazioni di galassie presenti nella simulazione di due gradi quadrati effettuata, a varie fasce di redshift tra 4 e 10.

I punti sono codificati in base alla magnitudine nell’infrarosso del singolo fotogramma, osservato nella banda WFI F184 del Roman. Le dimensioni dei dei punti dati sono scalate per enfatizzare gli oggetti più luminosi e non riflettono le loro dimensioni angolari previste. Il numero di oggetti luminosi e deboli all’interno di ciascuna fetta è indicato nell’angolo in alto a destra di ogni pannello.

 

Risultati simulazione Yung
Credits: Yung et al. 2022

Le immagini di campo profondo simulate per il Roman

Un altro team di scienziati guidato da Michael Troxel, assistente professore di Fisica presso la Duke University nel North Carolina, ha invece ottenuto un gigantesco sondaggio sintetico che mostra cosa possiamo aspettarci dalle future osservazioni del Roman.

Sebbene rappresenti solo una piccola parte della vera indagine futura, questa versione simulata contiene ben 33 milioni di galassie. Ciò corrisponde a un volume di dati senza precedenti.

Il team ha tratto dati da un universo simulato, originariamente sviluppato per supportare la pianificazione scientifica con il futuro Osservatorio Vera C. Rubin in Cile. Poiché le simulazioni di Roman e Rubin utilizzano la stessa fonte, gli astronomi possono confrontare i risultati e vedere cosa possono aspettarsi di imparare dall’accoppiamento delle osservazioni dei telescopi, una volta che entrambi staranno scansionando attivamente il cielo.

Di seguito, un grafico che confronta le dimensioni relative dell’immagine sintetica (riquadro, delineato in arancione), l’intera area simulata (il quadrato in alto al centro delineato in verde) e la dimensione della futura indagine completa del Roman (il grande quadrato in basso a sinistra delineato in blu). Lo sfondo, tratto dal Digitized Sky Survey, illustra quanta area di cielo copre ciascuna regione.

Simulazione dati Roman
Credits: Goddard Space Flight Center della NASA e M. Troxel

Le tecniche sfruttate dal telescopio

Il sondaggio denominato High Latitude Wide Area Survey di Roman sfrutterà sia la tecnica di imaging sia la spettroscopia, attraverso la stessa enorme area dell’Universo.

La spettroscopia comporta la misurazione dell’intensità della luce proveniente da oggetti cosmici a diverse lunghezze d’onda, mentre l’imaging rivelerà posizioni e forme precise di centinaia di milioni di deboli galassie che verranno utilizzate per mappare la materia oscura.

Sebbene questa misteriosa sostanza sia invisibile, infatti, gli astronomi possono dedurre la sua presenza osservando i suoi effetti sulla materia ordinaria. Sfruttano il fenomeno di lente gravitazionale, che si verifica quando la luce proveniente da una fonte distante viene distorta a causa della presenza di una grande massa in primo piano.

I vantaggi rispetto ad Hubble e Webb

Mentre il telescopio spaziale Hubble o il telescopio spaziale James Webb impiegherebbero circa mille anni per visualizzare un’area grande quanto la futura indagine di Roman, questo potente telescopio spaziale lo farà in poco più di sette mesi.

Hubble e Webb, infatti, sono ottimizzati per lo studio di oggetti astronomici in profondità e da vicino, come se guardassimo l’Universo attraverso dei fori di spillo. Tuttavia, per risolvere i misteri cosmici su scale più grandi abbiamo bisogno di un telescopio spaziale in grado di fornire una visione molto più ampia. Questo è esattamente ciò per cui Roman è progettato.

Roman e Hubble
Immagine contenente milioni di galassie simulate che mostra le aree che Hubble (bianco) e Roman (giallo) possono catturare in un’unica istantanea. Hubble impiegherebbe circa 85 anni per mappare l’intera regione mostrata nell’immagine alla stessa profondità, ma Roman potrebbe farlo in soli 63 giorni. Credits: Goddard Space Flight Center della NASA e A. Yung

Roman ci aiuterà quindi a vedere com’era l’Universo nelle sue diverse fasi evolutive, così da colmare molte lacune cosmologiche. E non solo, perché la futura combinazione dell’ampio campo visivo di Roman con la ampia copertura di lunghezze d’onda di Hubble e le osservazioni più dettagliate di Webb offriranno la visione più completa dell’Universo mai ottenuta finora.

L’articolo di Yung et al., pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, è reperibile qui. L’articolo di Troxel et al. è stato accettato per la pubblicazione, sempre su MNRAS, e nel frattempo la simulazione completa del sondaggio è disponibile qui.

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Tags: cosmologiaHubble Space TelescopeNancy Grace RomanRoman Space TelescopeUniverso primoriale

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