Sfruttando il supercomputer Pleiades, situato presso la struttura Advanced Supercomputing dell’Ames Research Center della NASA, è stata riprodotta l’interazione tra i gas di scarico del modulo lunare della missione Apollo 12 e la superficie della Luna. Per rendere possibile questa simulazione, un team di ricerca del Marshall Space Flight Center ha sviluppato nuovi strumenti software per lo studio delle interazioni tra i gas e il suolo lunare. Il supercomputer ha operato per diverse settimane, generando terabyte di dati.
La simulazione ha preso in considerazione l’ultimo minuto e mezzo della discesa del modulo lunare di Apollo 12 prima dello spegnimento del motore. La superficie è stata ipotizzata piana, priva quindi di tutte le asperità reali, in quanto l’obbiettivo era avere un modello di propagazione delle forze.
L’animazione prodotta mette in evidenza gli sforzi tangenziali che agiscono sulla superficie presa in considerazione. Un modello di questo tipo può essere sfruttato per simulare atterraggi non solo sulla Luna ma anche su altri corpi celesti come Marte.
Quanto riprodotto nella simulazione ha poi trovato riscontro nei dati e nelle immagini ricavati dalla missione Apollo 12 del novembre 1969. In questo modo è stato possibile verificare l’attendibilità di quanto riprodotto dal supercomputer della NASA. Nel video seguente, in viola sono rappresentate le forze più deboli, mentre quelle di colore giallo sono più intense.
Evitare la creazione di crateri
Il nuovo software sviluppato dall’agenzia americana verrà poi utilizzato per studiare come i motori dei diversi lander interagiranno con la superficie lunare. Il LEM delle missioni Apollo non aveva creato crateri o grossi spargimenti di polvere durante l’allunaggio, ma i futuri lander saranno molto più grandi e diversi fra loro.
Il modulo lunare Apollo, ad esempio, era alto circa 7 metri, mentre la Starship selezionata per Artemis III e IV, è alta 50 metri, mentre il lander di Blue Origin, che supporterà Artemis V, ha un’altezza di circa 11 metri. Le masse attualmente non sono note.
Questi test sono resi necessari perché i motori dei futuri lander potrebbero causare gravi problemi non solo ai velivoli stessi, ma anche alle infrastrutture circostanti che verranno realizzate. Inoltre, l’interazione tra gas di scarico e regolite potrebbe creare problemi non solo durante l’allunaggio ma anche al decollo. Inoltre, il problema è anche di carattere scientifico. Eccessi innalzamenti di regolite potrebbero compromettere depositi e siti scientifici situati anche a centinaia di km di distanza sulla superficie lunare.
Una delle soluzioni adottate da SpaceX per evitare questi problemi è stata aggiungere alla Starship in versione lunare altri motori, posti più in alto, quindi più distanti dalla superficie. Data la dimensione del lander però, è ancora da dimostrare se questa soluzione sarà sufficiente.
Uno strumento come quello presentato dalla NASA potrà essere sfruttato anche dai lander del Commercial Lunar Payload Services. Il software aiuterà a sviluppare, anche per questi mezzi, sistemi di atterraggio che evitino di creare crateri che potrebbero compromettere la loro stabilità, e la sostenibilità dell’esplorazione lunare.