Nell’atmosfera esterna del Sole, la corona, talvolta avvengono immense eruzioni, durante le quali il materiale incandescente viene rigettato nello spazio interplanetario. Questi eventi, noti come espulsioni di massa coronale (Coronal Mass Ejection, CME), contribuiscono a determinare il clima spaziale. Inoltre, possono mettere in pericolo i satelliti, interrompere comunicazioni e tecnologie di navigazione, e mettere fuori uso le reti elettriche sulla Terra.
Il 5 settembre 2022 la Parker Solar Probe della NASA ha attraversato una di queste espulsioni di massa coronale. Si è trattato di una delle CME più potenti mai registrate.
I dati della sonda stanno contribuendo a fornire importanti informazioni sull’interazione di questi eventi con la polvere interplanetaria, e sulle loro conseguenze, come la velocità con cui eruzioni di questo tipo potrebbero raggiungere la Terra.
Potrebbe interessarti anche –> Il lato oscuro del Sole, raccontato da Paolo Ferri
Una CME che aspira la polvere
Risale al 2003, quindi a vent’anni fa, il primo studio sulle interazioni tra gli eventi di CME e la polvere. Tuttavia, questo fenomeno non era mai stato osservato prima del contributo della sonda Parker.
Questa polvere interplanetaria è composta da minuscole particelle provenienti da asteroidi, comete e pianeti, ed è presente in tutto il Sistema Solare. Un tipo di debole bagliore chiamato luce zodiacale, a volte visibile prima dell’alba o dopo il tramonto, è una manifestazione della nube di polvere interplanetaria.
La Parker Solar Probe ha osservato il CME in cui si è infilata agire come un “aspirapolvere”, che rimuove la polvere dal suo percorso fino a circa 10 milioni di chilometri dal Sole. Questa è poi stata reintegrata quasi immediatamente dalla polvere che ancora fluttuava attraverso il Sistema Solare.
Le osservazioni in situ della sonda sono state fondamentali per questa scoperta, perché caratterizzare la dinamica delle polveri sulla scia delle CME è impegnativo.
L’esaurimento della polvere
La polvere interplanetaria riflette la luce, perciò amplifica la luminosità delle regioni in cui è presente. Per osservare le interazioni tra la CME e la polvere, gli scienziati hanno cercato variazioni di luminosità nelle immagini della fotocamera WISPR (Wide-field Imager for Solar Probe) della sonda Parker. In particolare, cercavano forti diminuzioni che avrebbero indicato un esaurimento della polvere nella zona interessata dalla CME.
Per trovare queste variazioni, hanno calcolato la luminosità media dello sfondo a partire dalle immagini WISPR su diverse orbite simili. Eliminando, però, le normali alterazioni che si verificano a causa di altri cambiamenti nella corona solare. Guillermo Stenborg, astrofisico al Johns Hopkins Applied Physics Laboratory (APL) e autore principale di questo studio, ha spiegato:
Parker ha orbitato attorno al Sole quattro volte alla stessa distanza, permettendoci di confrontare molto bene i dati da un passaggio all’altro. Rimuovendo le variazioni di luminosità dovute agli spostamenti coronali e ad altri fenomeni, siamo stati in grado di isolare le variazioni causate dall’esaurimento della polvere.
Poiché questo effetto è stato osservato solo per l’evento di CME del 5 settembre, Stenborg e colleghi teorizzano che l’esaurimento delle polveri potrebbe verificarsi solo con le CME più potenti. Tuttavia, saranno necessari ulteriori studi per comprendere meglio le interazioni tra la polvere interplanetaria e le CME. E con l’aumento dell’attività del Sole, grazie alla Parker Solar Probe gli scienziati sperano di avere l’opportunità di vedere più spesso questi rari fenomeni e indagare su come potrebbero influenzarci.