Per comprendere le origini della vita, molti scienziati cercano di spiegare come si sono formati gli amminoacidi, le materie prime da cui si sono evolute le proteine e tutta la vita cellulare. Secondo un nuovo studio, tuttavia, i primi elementi costitutivi della vita sulla Terra potrebbero essersi formati grazie alle eruzioni del nostro Sole.
Una serie di esperimenti chimici, infatti, ha mostrato come le particelle solari, scontrandosi con i gas nell’atmosfera primordiale della Terra, possano formare amminoacidi e acidi carbossilici, i mattoni fondamentali delle proteine e della vita organica.
Una Terra primordiale
Secondo le ricerche degli ultimi 70 anni, l’atmosfera della Terra primordiale era molto ricca di anidride carbonica e azoto molecolare, che richiedono molta energia per essere scomposti.
Utilizzando i dati della missione Kepler della NASA, l’astrofisico stellare Vladimir Airapetian del Goddard Space Center, ha indicato una nuova possibile sorgente energetica per ricreare quell’ambiente estremo: le particelle energetiche del nostro Sole.
Nel 2016, Airapetian ha pubblicato uno studio che suggerisce che durante i primi 100 milioni di anni della Terra, la luce del Sole era più debole di circa il 30%. Ma i superflare solari, potenti eruzioni che oggi vediamo solo una volta ogni 100 anni circa, allora sarebbero scoppiati una volta ogni 3-10 giorni. Questi superflare lanciano particelle alla velocità della luce che si scontrerebbero regolarmente con la nostra atmosfera, dando il via a reazioni chimiche.
Amminoacidi dalle particelle energetiche del Sole
In collaborazione con il dottor Kobayashi della Yokohama National University dal Giappone e dei suoi collaboratori, Airapetian ha creato una miscela di gas corrispondente all’atmosfera della Terra primordiale così come la intendiamo oggi. Hanno combinato anidride carbonica, azoto molecolare, acqua e una quantità variabile di metano.
A questo punto, i ricercatori hanno sparato alle miscele di gas con protoni, simulando particelle solari, o le hanno accese con scariche di scintille, simulando i fulmini terrestri, per un confronto.
Finché la percentuale di metano era superiore allo 0,5%, le miscele sparate dai protoni (particelle solari) producevano quantità rilevabili di amminoacidi e acidi carbossilici. Ma le scariche di scintille (fulmini) richiedevano una concentrazione di metano di circa il 15% prima che si formassero gli amminoacidi. E anche al 15% di metano, il tasso di produzione degli amminoacidi da parte dei fulmini è un milione di volte inferiore a quello dei protoni.
I protoni tendevano anche a produrre più acidi carbossilici, precursori degli amminoacidi, rispetto a quelli accesi dalle scariche di scintille.
Una fonte di energia più efficiente dei fulmini
A parità di condizioni, quindi, le particelle solari sembrano essere una fonte di energia più efficiente dei fulmini. Ma tutto il resto probabilmente non era uguale, ha suggerito Airapetian. Infatti i fulmini, che provengono da nuvole temporalesche formate dall’aumento dell’aria calda, sarebbero stati più rari sotto un Sole più debole del 30%.
Poiché durante le condizioni fredde non si hanno mai fulmini, e la Terra primordiale era scaldata da un Sole piuttosto debole, il fulmine sembra meno probabile come fonte energetica, e le particelle solari appaiono invece maggiormente probabili.
Questi esperimenti suggeriscono, comunque, che il nostro giovane Sole attivo avrebbe potuto catalizzare i precursori della vita più facilmente, e forse prima, di quanto ipotizzato in precedenza.
I risultati, pubblicati sulla rivista Life, sono reperibili qui.
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