L’atmosfera del Sole, la corona, è costituita da plasma (gas elettricamente carico), e ha una temperatura di circa un milione di C°. Sulla superficie del Sole, però, di gradi centigradi ce ne sono “solo” 6000. Com’è possibile che, se l’energia del Sole proviene dal nucleo centrale e il calore va quindi diminuendo verso l’esterno, la corona sia 150 volte più calda della superficie?
Da circa 65 anni gli scienziati se lo stanno chiedendo, e da tempo sospettano che le turbolenze nell’atmosfera solare possano provocare un significativo riscaldamento del plasma nella corona. L’unico modo per capirlo però, è stato sfruttare le potenzialità di due diverse missioni spaziali.
La prima è la sonda Solar Orbiter dell’ESA, progettata per avvicinarsi il più possibile al Sole ed eseguire operazioni di telerilevamento e misurazioni in situ. La seconda è la Parker Solar Probe della NASA, che rinuncia in gran parte al telerilevamento del Sole per avvicinarsi ancora di più alle misurazioni in situ. Utilizzandole in combinata, è stato possibile comprendere come la maggior parte della dissipazione di energia che alimenta il riscaldamento e l’accelerazione del flusso coronale avviene molto vicino al Sole.
Il lavoro combinato di due missioni solari
L’1 giugno 2022 le due sonde si sono trovate nella configurazione orbitale adatta a un allineamento tra lo strumento Metis del Solar Orbiter e la Parker Solar Probe. L’allineamento ha richiesto una rotazione di 45 gradi della Solar Orbiter e poi un puntamento leggermente lontano dal Sole.
Nel momento in cui la Parker Solar Probe è entrata nel campo visivo i Metis, è stato possibile produrre le prime misurazioni simultanee della configurazione su larga scala della corona solare e delle proprietà microfisiche del plasma.
Confrontando il tasso appena misurato con le previsioni teoriche avanzate nel corso degli anni, il ricercatore INAF Daniele Telloni dell’Osservatorio di Torino ha dimostrato che i fisici solari avevano quasi certamente ragione nell’identificare la turbolenza come un modo per trasferire energia.
Lo studio guidato da Telloni fornisce la prima stima osservativa del tasso di riscaldamento nella corona solare in lenta espansione, che può contribuire a una migliore comprensione dei meccanismi alla base del riscaldamento coronale e dell’accelerazione del vento solare.
Turbolenze che riscaldano il plasma
Il modo specifico in cui la turbolenza agisce non è molto diverso da quello che accade quando si mescola una tazza di caffè. Stimolando i movimenti casuali di un fluido, sia esso gas o liquido, l’energia viene trasferita su scale sempre più piccole e culmina nella trasformazione dell’energia in calore. Nel caso della corona solare, il fluido è anche magnetizzato, quindi l’energia magnetica immagazzinata è disponibile per essere convertita in calore.
Questo trasferimento di energia magnetica e di movimento da scale più grandi a scale più piccole è l’essenza stessa della turbolenza. Alle scale più piccole, permette alle fluttuazioni di interagire con le singole particelle (soprattutto protoni) e di riscaldarle.
Sicuramente saranno necessari ulteriori studi prima di poter dire che il mistero del riscaldamento coronale è risolto, ma ora, grazie a questa ricerca, gli scienziati hanno una prima stima di questo processo.
Lo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal, è reperibile qui in formato pre-print.