Uno dei modi in cui la Terra primordiale potrebbe essere stata riscaldata è stato di recente esplorato da un team di ricercatori dell’Università di Sheffield e dell’Imperial College di Londra. Per farlo, hanno utilizzato i dati della missione Gaia dell’ESA, che mappa le posizioni di miliardi di stelle della nostra Galassia. In questo modo hanno individuato una stella “in pensione”, vecchia ed evoluta e appartenente all’Aymptotic Giant Branch (AGB), che passa attraverso una giovane regione di formazione stellare. Cosa che in precedenza si pensava non accadesse.
Questa interazione tra una stella molto evoluta, ricca di elementi chimici radioattivamente instabili, e una regione in cui si stanno formando stelle come il nostro Sole, potrebbe essere la prova che un evento simile, nel Sistema Solare primordiale, ha contribuito a riscaldare il nostro pianeta. E, grazie a un preciso gioco di equilibri, a favorire l’origine della vita.
La consegna di elementi pesanti al Sistema Solare
Si ritiene che i radioisotopi a vita breve, come alluminio-26 e ferro-60, contribuiscano al riscaldamento interno della Terra. Tuttavia, il Sistema Solare sembra esserne molto ricco, mentre il mezzo interstellare che lo avvolge ne è stranamente povero. Ciò ha portato gli scienziati, nel corso degli anni, ad avanzare diverse ipotesi su come questi elementi pesanti potrebbero averci raggiunto.
Una di queste ipotesi prevede che il giovane Sole abbia incontrato una stella evoluta, del ramo delle giganti. Finora, tuttavia, si pensava che questo scenario fosse poco probabile. Infatti, non erano mai state trovate prove dell’incontro tra una vecchia stella evoluta e una giovane stella appena formata.
L’ultimo rilascio di dati di Gaia, Data Release 3, indica invece che un evento simile è accaduto nella regione di formazione stellare NGC 2264. Questo dimostra che un incontro di questo tipo è possibile. E che potrebbe essere avvenuto anche per il nostro Sole quasi 5 miliardi di anni fa.

Riscaldando una giovane Terra
Gli scienziati hanno utilizzato alcune simulazioni per calcolare i rendimenti di alluminio-26 e ferro-60 nella regione NGC 2264, e il loro contributo al riscaldamento geofisico a lungo termine di un pianeta. Hanno così scoperto che i risultati sono molto simili a quelli calcolati in precedenza per il Sistema Solare. Ciò dimostra che questi elementi potrebbero aver contribuito sia all’arricchimento del nostro sistema planetario di questi radioisotopi, sia alla tettonica a placche sul nostro pianeta, che aiuta a mantenere un’atmosfera respirabile.
Il dottor Richard Parker, docente di astrofisica presso il Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Sheffield e autore principale dello studio, ha dichiarato:
Fino ad ora, i ricercatori erano scettici sul fatto che queste vecchie stelle evolute potessero mai incontrare giovani stelle che stanno formando pianeti. Quindi questa scoperta rivela molto di più sulle dinamiche, le relazioni e i viaggi delle stelle. Dimostrando che le stelle AGB possono incontrare giovani sistemi planetari, abbiamo mostrato che altre fonti di alluminio-26 e ferro-60 potrebbero non essere necessarie per spiegare l’origine di questi elementi chimici nel nostro Sistema Solare.
Il prossimo passo di questa ricerca è cercare altre stelle evolute nelle giovani regioni di formazione stellare, per stabilire quanto siano comuni questi incontri tra stelle “in pensione” e giovani stelle.
La ricerca, pubblicata su The Astrophysical Journal Letters, è reperibile qui.