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| On 2 anni ago

Un nuovo metodo per scoprire esopianeti: le osservazioni di dischi circumstellari

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Il metodo dei transiti e quello delle velocità radiali sono le tecniche d’identificazione di esopianeti più redditizie. Grazie a esse, il numero di mondi esterni al Sistema Solare scoperti finora ha superato le 5000 unità. Tuttavia, seppur elevato, questo numero rappresenta una piccola quantità rispetto allo zoo di oggetti di questo tipo che ci si aspetta d’identificare nell’universo. Per ampliare le ricerche e comprendere sempre più a fondo la formazione di questi corpi, sono necessarie tecnologie diverse e nuove tecniche di ricerca.

Un recente studio ha sfruttato le informazioni raccolte dal radiointerferometro ALMA sui dischi circumstellari che avvolgono giovani stelle con lo scopo d’individuare degli esopianeti. Questo metodo potrebbe rappresentare una nuova tecnica per l’identificazione di questi oggetti, osservabili in una fase estremamente importante della loro formazione.

All’interno dei dischi circumstellari

Una stella, nelle prime fasi della sua evoluzione, è avvolta da un disco di polveri e gas. All’interno di questa struttura, per effetto della gravità della stella e delle instabilità presenti nel disco, inizia la formazione dei pianeti.

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Grazie al radiointerferometro ALMA in Cile sono stati osservati diversi dischi circumstellari attorno a stelle molto giovani. Le immagini ottenute mostrano la presenza di buchi e fasce all’interno di queste strutture. Le loro cause possono essere diverse, come la formazione di un esopianeta o l’effetto di turbolenze e risonanze gravitazionali all’interno del disco.

La risoluzione di ALMA non è in grado di osservare direttamente la presenza di un pianeta, ma altri indizi nella struttura del disco potrebbero essere la chiave per la scoperta. Un pianeta gigante, già nelle prime fasi del suo accrescimento, potrebbe influenzare gravitazionalmente le polveri e il gas che circondano la sua orbita.

Immagine del disco circumstellare di HL Tau osservato con ALMA. Nella struttura si osserva la presenza di regioni vuote che potrebbero suggerire l’esistenza di un pianeta in formazione. Quest’ultimo, per accrescere la sua massa, attira a sé per effetto della gravità le polveri e gas delle regioni limitrofe, svuotando così il disco. Credits: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)

L’influenza gravitazionale di un esopianeta

Non è escluso che in un sistema planetario in formazione attorno a una stella diversa dal Sole, accada qualcosa di simile a ciò che accade nel nostro Sistema Solare. Un esempio è Giove, che manifesta la sua influenza gravitazionale sui corpi minori in due diversi modi:

  • Le lacune di Kirkwood caratterizzano la distribuzione degli asteroidi nella fascia principale. Sono dei veri e propri cali nel numero di asteroidi nelle orbite in risonanza orbitale con Giove.
  • Gli asteroidi Troiani, collezioni di corpi minori intrappolati nei punti lagrangiani dell’orbita di Giove. Questi sono localizzati 60 gradi prima e dopo Giove e la loro esistenza deriva dall’interazione delle forze gravitazionali che esercitano Giove e il Sole uno sull’altro.

Un esopianeta massivo può influenzare in maniera altrettanto significativa il luogo che lo circonda. Queste interazioni possono essere osservate, ad esempio, in un disco circumstellare.

Il pianeta di LkCA 15

Il team di ricerca che ha suggerito questo approccio ha studiato la stella LkCA 15 e la struttura di gas e polveri che la avvolge. L’obiettivo era quello d’identificare tracce dell’interazione gravitazionale tra un possibile pianeta e la sua stella. Interazione simile alla presenza degli asteroidi troiani nell’orbita di Giove.

Ciò che i ricercatori hanno rilevato osservando attentamente il disco sono due debolissimi ammassi di polvere. Questi eseguono la stessa orbita, separati da un angolo di 120 gradi. Le loro caratteristiche suggeriscono un posizionamento di gas e polvere sui due punti lagrangiani di un giovane pianeta. Quest’ultimo si sarebbe formato in maniera molto rapida, raggiungendo circa le dimensioni di Nettuno o Saturno in due milioni di anni. Sembrerebbe dunque che l’interazione gravitazionale di un pianeta massiccio inizi fin dalle prime fasi della sua formazione.

Disco circumstellare attorno alla stella LkCA 15, situata a circa 400-450 anni luce dalla Terra. Crediti: Adam Kraus e Micheal Ireland

Il risultato ottenuto dimostra che questa tecnica può diventare uno strumento d’indagine estremamente importante. Gli astronomi si occuperanno ora di cercare altri pianeti in orbita a giovani stelle sfruttando lo stesso metodo, per contribuire a popolare l’Universo di nuovi mondi, in attesa soltanto di essere scoperti.

Lo studio completo è disponibile qui.

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