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L’ultimo strumento del James Webb, la camera MIRI, ha raggiunto la sua temperatura operativa

Lo strumento MIRI, a bordo del James Webb Space Telescope, ha raggiunto la sua temperatura d'azione, la più bassa di tutto il payload. I ricercatori procedono con le operazioni di calibrazione dello strumento, ultimando le ultime fasi di preparazione del telescopio spaziale più grande mai costruito dall'uomo.

Chiara De Piccoli di Chiara De Piccoli
Aprile 14, 2022
in Astronomia e astrofisica, Divulgazione, News, Scienza
Un render del James Webb. Credits: NASA GSFC/CIL/Adriana Manrique Gutierrez

Un render del James Webb. Credits: NASA GSFC/CIL/Adriana Manrique Gutierrez

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A quasi quattro mesi dalla partenza, per il James Webb Space Telescope si sta concludendo la fase di preparazione e calibrazione degli strumenti a bordo. Il 7 Aprile anche il Mid-Infrared Instrument (MIRI) ha raggiunto la temperatura d’azione prevista, a soli 7 gradi Kelvin, ossia -266 gradi Celsius. Questo strumento è in grado di osservare, come mai prima d’ora, oggetti che emettono alle lunghezze d’onda del medio-infrarosso.

Le sfide per il James Webb si sono tutt’altro che concluse nel momento del lancio, avvenuto il 25 Dicembre scorso. Tra le varie tappe fondamentali per la messa in azione del telescopio, il raggiungimento delle temperature necessarie al corretto funzionamento degli strumenti a bordo è tutt’altro che banale. La difficoltà maggiore in questa fase l’ha affrontata proprio MIRI, lo strumento che osserverà l’universo a lunghezze d’onda comprese tra i 5 e i 28 micron. Proprio per questa sua straordinaria capacità osservativa, MIRI ha dovuto raffreddarsi ulteriormente rispetto agli altri tre carichi scientifici trasportati dal JWST (NIRCam, NIRSpec e NIRISS).

Un raffreddamento iniziale è avvenuto all’ombra del parasole a cinque veli, che ha permesso di raggiungere ai quattro strumenti una temperatura di circa 90 Kelvin (K). L’obbiettivo di MIRI però era al di sotto dei 7 K. Per ottenerli è stato necessario sfruttare un criorefrigeratore alimentato elettricamente. Nelle ultime settimane, questo dispositivo, attraverso la circolazione di elio freddo, ha aiutato lo strumento a raggiungere i 15 Kelvin. A questo punto però, la capacità del criorefrigeratore di rimuovere il calore è minima. MIRI si è trovato nel cosiddetto “pinch point“, la fase più impegnativa del raffreddamento. Una serie di operazioni critiche, progettate e testate nel corso dei trent’anni di preparazione del JWST a terra, hanno finalmente portato MIRI al di sotto i 7 kelvin.

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L’importanza del raffreddamento

L’obbiettivo di osservare l’Universo nell’infrarosso, come mai prima d’ora, deve tenere conto di due problematiche tecniche che possono essere risolte, fortunatamente, abbassando la temperatura della strumentazione scientifica a bordo.

La prima deriva dalle emissioni nell’infrarosso degli strumenti utilizzati per le osservazioni. Così come galassie lontane, stelle e pianeti nascosti tra nubi di polvere, anche l’ottica e l’elettronica del Webb emette nell’infrarosso. Il raffreddamento di ogni componente riduce queste emissioni, fornendo uno sguardo indisturbato all’Universo.

Il secondo problema è noto come dark current (corrente scura), una corrente creata dalla vibrazione di atomi nei detector stessi. Questo fenomeno imita il segnale di una sorgente esterna, portando a falsi impressioni su ciò che il telescopio sta osservando. La riduzione della temperatura degli strumenti determina anche una riduzione della velocità di vibrazione degli atomi dei detector. Conseguentemente la dark current diminuisce, riducendo le possibilità di ottenere dati spuri nel corso delle osservazioni.

Confronto lunghezze d'onda MIRI e altri strumenti del JWST
In questa immagine viene messa a confronto la capacità osservativa degli strumenti a bordo el JWST. NIRISS, NIRCam e NIRSpec osserveranno nel vicino infrarosso in cui la polvere sarà trasparente e si potranno osservare le stelle rosse più fredde. MIRI invece osserverà nel medio infrarosso, con le capacità di rilevare pianeti, comete e asteroidi, ma anche di individuare dischi protoplanetari. Prima di queste lunghezze d’onda troviamo la luce visibile, ossia la luce che siano in grado di osservare con i nostri stessi occhi. Crediti: NASA, ESA

MIRI però, dovendo osservare a lunghezze d’onda più lontane rispetto al vicino-infrarosso dei tre compagni di ricerca, ha bisogno di raffreddarsi ulteriormente. Esso infatti è più sensibile alla corrente scura: per ogni grado in più di temperatura, questa corrente incrementa di un fattore 10. Per questo motivo, è estremamente importante che MIRI operi a temperature decisamente inferiori rispetto ai 35-40 Kelvin degli altri strumenti scientifici.

I prossimi passi per MIRI

Una volta che MIRI ha raggiunto i 6.4 Kelvin, il team impegnato nella preparazione del Webb ha verificato che il detector funzionasse come previsto. La salute di MIRI è ottima e il suo project scientist, Mike Ressler, ha parlato così di questo traguardo:

“Era un po’ come la sceneggiatura di un film: tutto ciò che dovevamo fare era scritto e provato. Quando sono arrivati i dati del test, sono rimasto estasiato nel vedere che sembrava esattamente come previsto e che abbiamo uno strumento sano.”

Le prossime fasi prevedono test di immagini di stelle e altri oggetti noti per calibrare e verificare la funzionalità di MIRI. Il tutto avverrà in contemporanea alla calibrazione degli altri strumenti, in maniera tale da rendere il Webb pronto alla sua prima immagine scientifica questa estate.

Oggi possiamo dire che finalmente anche MIRI ha aperto gli occhi all’Universo. Restiamo in trepidante attesa di ciò che i suoi occhi potranno regalaci.

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Tags: AstrofisicaesplorazioneinfrarossoJames Webb Space TelescopeMIRIOsservazioni

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