L’ossigeno molecolare (O2) è uno degli elementi più abbondanti dell’atmosfera terrestre. Eppure, nell’Universo, la sua presenza è assai rara. Questa molecola composta da due atomi di ossigeno infatti, si lega velocemente ad altri elementi presenti in maggiori quantità, come carbonio e idrogeno. La rilevazione della sonda Rosetta di abbondante O2 nella chioma della cometa da lei studiata è stata quindi scioccante per la comunità scientifica, che ha temuto di dover rivedere alcuni modelli sul Sistema Solare primordiale e la sua formazione.
Le riserve di ossigeno della cometa 67P
La prima spiegazione dei dati raccolti da Rosetta sulla cometa 67P, chiamata anche Churyumov-Gerasimenko, correlava la presenza di ossigeno all’acqua, primo elemento per abbondanza rilevato. Secondo questa teoria, l’ossigeno, risalente a un’epoca antichissima, deriva dall’interazione tra le particelle ad alta energia e il ghiaccio presente nella nebulosa primordiale del Sistema Solare. Questa molecola primordiale è rimasta congelata e successivamente liberata durante la sublimazione della cometa, la trasformazione da stato solido a gassoso della materia.
Recentemente, un gruppo di ricerca dell’Applied Physics Laboratory (APL) presso la Johns Kopkins University ha esposto una nuova teoria sull’origine di questa molecola rara. Secondo questa ipotesi l’ossigeno rilevato, proviene da due diversi serbatoi: uno situato all’interno del nucleo roccioso della cometa, l’altro invece sulla sua superficie. Questa spiegazione ha origine dagli studi eseguiti dal team sui dati raccolti. Inizialmente l’ossigeno sembrava fuoriuscire dalla cometa assieme all’acqua presente. A un certo punto del percorso però, quest’ultimo elemento è calato precipitosamente. L’ossigeno sembrava fortemente legato all’anidride carbonica e al monossido di carbonio che 67P stava ancora emettendo.
Questa correlazione ha quindi sollevato la possibilità che parte dell’O2 rilevato provenisse dal nucleo, composto dagli elementi sopracitati, e parte dalla superficie. Qui, in una sacca meno profonda, l’ossigeno si lega chimicamente con il ghiaccio d’acqua che riveste la cometa, in attesa di essere rilasciato.
Le stagioni di una cometa
Questa teoria è fortemente legata alla presenza di stagioni nella cometa. Essa, ruotando mostra i suoi emisferi al Sole in diversi momenti del suo percorso. Questo fattore spiegherebbe come mai la quantità di ossigeno rilevato varia nel tempo. Diversamente dalla riserva del nucleo, in cui anidride carbonica e monossido di carbonio sublimano a basse temperature, la riserva superficiale rilascia elementi volatili solo se riscaldata dal Sole. I dati analizzati dal team hanno esaminato la quantità di ossigeno emesso prima che l’emisfero sud della cometa entrasse in estate e una volta che la stagione si è conclusa.
Quando viene rilasciato l’O2?
Il meccanismo di rilascio dell’ossigeno da parte della cometa consiste nei seguenti passaggi:
- A causa della bassa temperatura di sublimazione degli elementi del nucleo, l’O2 qui presente viene continuamente rilasciato nel corso della vita della cometa, indipendentemente dalle stagioni.
- Alcune delle molecole che risalgono la superficie interagiscono chimicamente col ghiaccio e vi rimangono intrappolate. Questo processo costituisce quello che è il secondo serbatoio ipotizzato.
- Una volta che il Sole riscalda sufficientemente la superficie della cometa e vaporizzatore il ghiaccio presente, l’ossigeno sulla superficie intrappolato viene rilasciato.
Come è possibile intuire, quindi, ci sono dei periodi in cui la quantità di ossigeno rilevabile su 67P/Churyumov-Gerasimenko è maggiore. L’abbondanza rilevata da Rosetta quindi non rispecchia necessariamente l’abbondanza di O2 nel nucleo della cometa.
L’ossigeno delle comete
Secondo questa ipotesi, diversamente da quello teorizzato al momento della scoperta, quindi, l’ossigeno primordiale rilevato è solo una frazione di ciò che si pensava. Inoltre, se esso provenisse solamente dalla superficie della cometa, non si osserverebbe una correlazione tra l’ossigeno e l’anidride carbonica e il monossido di carbonio.
L’autrice principale dell’articolo, la scienziata planetaria Luspay-Kuti, ha affermato di voler continuare a testare in maniera approfondita questa ipotesi. La sua idea è di estendere lo studio anche alle specie molecolari minori della cometa, come etano e metano. Queste potrebbero presentare delle correlazioni con l’ossigeno molecolare o altre specie in abbondanza. Un’analisi di queste possibili relazioni aiuterà a comprendere anche il tipo di ghiaccio in cui è rimasto intrappolato l’ossigeno.
Si può tirare dunque un sospiro di sollievo e salvare quei modelli di formazione del Sistema Solare che per un momento hanno vacillato al passaggio della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko.
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