Il Deep Space Network (DSN) della NASA festeggia oggi il suo 60esimo anno di attività. In funzione continua dal 1963, il DSN è ciò che rende possibile alla NASA e a molte missioni internazionali la comunicazione con i veicoli spaziali oltre l’orbita terrestre, fino ai confini del Sistema Solare e oltre.
Le coloratissime immagini del James Webb Space Telescope, i dati inviati dal rover Perseverance su Marte, le mappe ottenute con la missione Cassini in orbita attorno a Saturno, le immagini storiche inviate da Artemis I dall’orbita lunare… hanno tutte raggiunto la Terra attraverso le parabole del Deep Space Network.
Negli ultimi anni la NASA sta lavorando a importanti aggiornamenti per questa rete, senza la quale la comunicazione con le più importanti missioni di esplorazione spaziale della storia dell’umanità non sarebbe stata possibile. Con questi aggiornamenti e con le nuove tecnologie che si stanno testando e implementando, il DSN potrà supportare un numero sempre maggiore di missioni in contemporanea, e garantire la buona riuscita di ognuna di esse.
La storia del Deep Space Network, in breve
Gestito dal JPL, il DSN consente di tracciare, inviare comandi e ricevere dati scientifici da veicoli spaziali lontani. Per garantire che essi possano sempre connettersi con la Terra, le 14 antenne del DSN sono divise in tre complessi distanziati equamente in tutto il mondo: a Goldstone, in California; a Canberra, Australia; e a Madrid, Spagna.
Questi tre siti sono posizionati in modo tale da fornire una copertura costante della comunicazione con le missioni spaziali, poiché la rotazione della Terra permette che almeno una delle stazioni sia sempre rivolta verso le sonde nello spazio profondo.
Le radici della rete risalgono al 1958, quando l’esercito americano incaricò JPL di implementare stazioni di localizzazione radio portatili per ricevere la telemetria del primo satellite americano di successo, Explorer 1, costruito dal JPL.
Pochi giorni dopo il lancio di Explorer 1, ma prima della creazione della NASA nello stesso anno, al JPL fu assegnato il compito di capire cosa sarebbe stato necessario per creare una rete di telecomunicazioni senza precedenti per supportare le future missioni nello spazio profondo, a cominciare dalle prime missioni Pioneer. Dopo la costruzione della rete, essa ha iniziato le operazioni nel 1963, e da allora non si è mai fermata.
Il DSN è stato cruciale per la ricezione di dati scientifici, immagini e informazioni inviate dalle missioni spaziali della NASA. La sua capacità di comunicazione ad alta potenza è fondamentale per mantenere il contatto con le sonde spaziali che esplorano il Sistema Solare e oltre.
Come funziona il DSN
Il DSN è costituito da tre complessi di antenne distribuiti in diverse parti del mondo. Ogni complesso ha diverse antenne di diverse dimensioni, che vanno da 26 a 70 metri di diametro. Queste antenne, come dicevamo, sono disposte strategicamente, per fornire una copertura continua delle sonde spaziali in viaggio nello spazio profondo.
Ogni complesso di antenne è poi dotato di ricevitori, trasmettitori e apparati elettronici per inviare e ricevere segnali dalle sonde spaziali. Questi apparati sono estremamente sensibili e possono ricevere segnali deboli provenienti da grandi distanze nello spazio.
Quando una sonda spaziale invia dati o riceve comandi, utilizza le proprie antenne per trasmettere segnali radio. Questi segnali vengono ricevuti dalle antenne del DSN, che li amplificano, li decodificano e li inviano ai centri di controllo delle missioni della NASA. Allo stesso modo, i comandi inviati dalla Terra vengono trasmessi attraverso il DSN alle sonde spaziali.
La comunicazione con le sonde attraverso il DSN richiede una pianificazione precisa, poiché la posizione delle sonde e la rotazione della Terra influenzano la capacità delle antenne di ricevere e trasmettere segnali. Il DSN è gestito 24 ore su 24, 7 giorni su 7, garantendo una copertura costante per le missioni spaziali. La sua flessibilità consente di adattarsi alle esigenze di comunicazione delle diverse missioni nello spazio profondo.
Verso il futuro: gli aggiornamenti
Più di 40 missioni dipendono dal DSN, che si prevede ne supporterà il doppio nei prossimi anni. La rete è stata la spina dorsale delle comunicazioni nello spazio profondo della NASA negli ultimi 60 anni, una presenza indispensabile per la riuscita di tutte le missioni dell’agenzia.
Per garantire che possa massimizzare la copertura tra così tante missioni, la NASA sta espandendo e modernizzando questa infrastruttura globale con nuove parabole e sviluppando nuove tecnologie. Gli aggiornamenti aiuteranno a supportare più veicoli spaziali, e ad aumentare notevolmente la quantità di dati che possono essere forniti.
Inoltre, per una maggiore efficienza, la NASA ha cambiato il modo in cui viene gestita la rete. Con un protocollo chiamato “Follow the Sun” ciascun complesso, a turno, gestisce l’intera rete durante il turno diurno. Poi cede il controllo al complesso successivo, a termine del giorno in quella regione. Il risparmio sui costi che ne deriva aiuta a finanziare i miglioramenti del DSN.
Verso il futuro: la comunicazione laser
Una delle tecnologie a cui la NASA sta lavorando è quella delle comunicazioni laser, che potrebbero consentire di inserire più dati nelle trasmissioni per le missioni nello spazio profondo.
Dopo aver testato con successo la tecnica in orbita terrestre e sulla Luna, la NASA sta attualmente utilizzando la dimostrazione tecnologica DSOC (Deep Space Optical Communications) per testare le comunicazioni laser da distanze sempre maggiori.
A bordo della missione Psyche dell’agenzia c’è un ricetrasmettitore laser nel vicino infrarosso, che trasmette e riceve dati attraverso un telescopio da 22 cm di apertura. Due telescopi a Terra, il telescopio Hale al Palomar Observatory e l’Optical Communications Telescope Laboratory presso Table Mountain, in California, comunicano con il ricetrasmettitore su Psyche.
Nelle scorse settimane, DSOC ha già inviato correttamente video tramite laser a Terra dalla distanza di ben 31 milioni di chilometri, e mira a dimostrare che i dati ad alta larghezza di banda possono essere inviati anche da Marte.
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