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Il mistero del “ritorno magnetico” solare è stato risolto

Grazie ai dati raccolti dal Solar Orbiter si è riusciti a comprendere l'origine del ritorno magnetico del Sole. La scoperta potrebbe anche spiegare l'accelerazione del vento solare.

Chiara De Piccoli di Chiara De Piccoli
Settembre 12, 2022
in Astronomia e astrofisica, Fisica, News, Scienza
Immagini del Sole scattate dagli strumenti EUI (centrale) e METIS (esterna) a bordo della Solar Orbiter.
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Ad oggi l’attività magnetica del Sole nasconde ancora molti misteri. Tra di essi, uno è stato finalmente svelato grazie al Solar Orbiter, il satellite sviluppato dall’ESA per l’esplorazione solare. Si tratta del fenomeno noto come solar switchback (letteralmente “ritorno solare”), ossia l’improvvisa e ampia inversione della direzione del campo magnetico del vento solare.

Le prime deviazioni furono rilevate dalle sonde tedesco-americane Helios 1 e 2 negli anni ’70. Con l’arrivo della Parker Solar Probe della NASA nel 2018, il numero di queste rilevazioni  aumentò drasticamente, suggerendo che in prossimità del Sole il fenomeno si verifica con maggiore frequenza. Solo nel marzo del 2022 venne scattata dalla Solar Orbiter un’immagine che ora svela finalmente il mistero dietro a questo processo, noto anche come “ritorno magnetico”.

La prima foto dell’inversione di campo magnetico

Il Solar Orbiter si stava preparando ad un passaggio ravvicinato al Sole, entro l’orbita di Mercurio, quando lo strumento METIS rilevò un’immagine della corona solare particolarmente interessante. Lo scopo di questo strumento a bordo della sonda è quello di osservare l’atmosfera esterna del Sole, chiamata appunto corona solare. Qui vi sono particelle cariche, costituenti il plasma, che fluiscono verso il Sistema Solare seguendo le linee di campo magnetico della stella.

METIS osservò nel plasma della corona una struttura a forma di S, riconducibile al fenomeno del ritorno magnetico. Un confronto tra questi dati e quelli ottenuti dall’Extreme Ultraviolet Imager (EUI), anch’esso a bordo del Solar Orbiter, ha permesso di osservare che questa possibile inversione era avvenuta al di sopra di una regione attiva del Sole.

Immagini del Sole scattate dagli strumenti EUI (centrale) e METIS (esterna) a bordo della Solar Orbiter.
Il Sole visto dal Solar Orbiter il 25 Marzo 2022. Al centro, l’immagine ottenuta dai dati raccolti da EUI, l’imager nell’estremo ultravioletto a bordo della sonda. L’immagine esterna è invece stata ripresa da METIS, il coronografo anch’esso a bordo del satellite europeo. In quest’ultima è possibile osservare una struttura prominente di color azzurro/bianco in basso a sinistra. Questo è il nodo a forma di S che caratterizza il capovolgimento delle linee di campo magnetico solare. Comparandola con l’immagine del Sole di EUI è possibile osservare che ha origine in una regione attiva della superficie, catalogata col nome AR 12972. Credits: ESA & NASA/Solar Orbiter/EUI & Metis Team, D. Telloni et al. 2022

I dati raccolti e analizzati hanno suggerito a Daniele Telloni, ricercatore presso l’Osservatorio Astrofisico di Torino, un collegamento con la teoria di Gary Zank, professore presso l’Università dell’Alabama. Secondo quest’ultimo, il meccanismo di generazione dei solar switchbacks avveniva sulla superficie solare, dove si verificano interazioni tra le linee di campo magnetico che caratterizzano questo ambiente caotico.

La spiegazione teorica di Zank

La superficie del Sole, e soprattutto le sue regioni più attive, sono caratterizzate da due diverse linee di campo magnetico:

  • Quelle che si richiudono sulla superficie. Esse formano un arco nell’atmosfera solare che va a richiudersi nuovamente sulla superficie. Solamente una piccola parte di plasma fuoriesce, determinando un vento solare che spira lentamente.
  • Quelle che fuoriescono verso il Sistema Solare. Sono linee aperte che, allungandosi, portano con sé un gran numero di particelle cariche e dunque un vento solare molto veloce.

L’interazione di queste due diverse tipologie di linee di campo dà origine al fenomeno dell’inversione. Infatti quando queste si incontrano, si riconnettono in una configurazione più stabile, sprigionando energia. Il risultato dà origine a una distorsione della linea di campo, che assume una forma a S. La contrazione di questa linea da poi origine a due nodi, che definiscono i solar switchbacks. Uno di essi si propaga nello spazio, insieme al vento solare, e potrebbe essere poi rilevato dalle sonde anche a grande distanza dal Sole.

modello teorico del capovolgimento del campo magnetico solare. Si vedono le linee di campo magnetico chiuse e aperte che si riconnettono
Il prof. Gary Zank ha teorizzato il meccanismo di produzione del ritorno magnetico. In questo schizzo è possibile osservare la sequenza di eventi che portano a questo evento. a) Sulla superficie del Sole è possibile distinguere le linee di campo richiuse ad arco sulla superficie del sole e le linee aperte che vi fuoriescono per espandersi nel Sistema Solare. b) La riconnessione di queste due tipologie di linee avviene quando esse interagiscono, creando una line di campo a forma di S e producendo un’esplosione di energia. c) Da questa interazione, di formano due nodi che rappresentano il capovolgimento magnetico: uno viene propagato verso l’esterno e potrà essere rilevato dalle sonde, come già accaduto dalla Parker Solar Probe; l’altro invece ritorna nel Sole. Crediti: Zank et al. (2020)

Una scoperta sensazionale

Telloni e Zank hanno provato l’origine della formazione di queste inversioni, o “ritorni”, del campo magnetico che negli anni ’70 erano apparsi come un fenomeno sconcertante. Sebbene l’immagine di METIS richiamasse immediatamente a entrambi questo particolare aspetto del campo, insieme ad un team di ricercatori hanno sviluppato un modello computazionale per studiarne il comportamento. I risultati hanno riportato qualcosa di molto simile a ciò che è stato osservato con METIS. Citando Telloni, riguardo alla scoperta pubblicata su The Astrophysical Journal Letter: “Direi che questa prima immagine del ritorno magnetico nella corona solare ha svelato il mistero della loro origine”.

Il futuro del Solar Orbiter

Quella condotta dalla sonda europea è una ricerca che permetterà di comprendere non solo gli aspetti ancora misteriosi dell’attività magnetica del Sole, ma anche i meccanismi che spingono il vento solare lontano dalla stella che lo genera. Ogni volta che una sonda ha registrato uno switchbacks, infatti, ha rilevato anche un’accelerazione del vento solare.

L’obbiettivo ora è quello di collegare le rilevazioni del ritorno del campo magnetico, eseguite dalle sonde, alle regioni sulla superficie del Sole in cui questo fenomeno ha origine.

Parker Solar Probe flying through a switchback in the solar wind
Illustrazione della Parker Solar Orbiter durante l’attraversamento di una zona di ritorno magnetico nel vento solare.

Daniel Müller, Project Scientist dell’ESA per il Solar Orbiter, ha affermato “Questo è esattamente il tipo di risultato che speravamo di ottenere con il Solar Orbiter”. Ha aggiunto poi: “È stato il suo primo passaggio ravvicinato al Sole, quindi ci aspettiamo che arrivino molti altri risultati entusiasmanti”. Il prossimo avvicinamento al Sole della sonda avverrà il prossimo 13 Ottobre. Prima di allora, la sua orbita verrà aggiustata sfruttando i flyby attorno a Venere affinché riesca ad avvicinarsi alle regioni polari della nostra stella.

I risultati dello studio, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, sono disponibili qui.

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Tags: Campo magneticocapovolgimento magneticoParker Solar ProbeSolar OrbiterSoleSwitchbacks

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