Ad oggi l’attività magnetica del Sole nasconde ancora molti misteri. Tra di essi, uno è stato finalmente svelato grazie al Solar Orbiter, il satellite sviluppato dall’ESA per l’esplorazione solare. Si tratta del fenomeno noto come solar switchback (letteralmente “ritorno solare”), ossia l’improvvisa e ampia inversione della direzione del campo magnetico del vento solare.
Le prime deviazioni furono rilevate dalle sonde tedesco-americane Helios 1 e 2 negli anni ’70. Con l’arrivo della Parker Solar Probe della NASA nel 2018, il numero di queste rilevazioni aumentò drasticamente, suggerendo che in prossimità del Sole il fenomeno si verifica con maggiore frequenza. Solo nel marzo del 2022 venne scattata dalla Solar Orbiter un’immagine che ora svela finalmente il mistero dietro a questo processo, noto anche come “ritorno magnetico”.
La prima foto dell’inversione di campo magnetico
Il Solar Orbiter si stava preparando ad un passaggio ravvicinato al Sole, entro l’orbita di Mercurio, quando lo strumento METIS rilevò un’immagine della corona solare particolarmente interessante. Lo scopo di questo strumento a bordo della sonda è quello di osservare l’atmosfera esterna del Sole, chiamata appunto corona solare. Qui vi sono particelle cariche, costituenti il plasma, che fluiscono verso il Sistema Solare seguendo le linee di campo magnetico della stella.
METIS osservò nel plasma della corona una struttura a forma di S, riconducibile al fenomeno del ritorno magnetico. Un confronto tra questi dati e quelli ottenuti dall’Extreme Ultraviolet Imager (EUI), anch’esso a bordo del Solar Orbiter, ha permesso di osservare che questa possibile inversione era avvenuta al di sopra di una regione attiva del Sole.

I dati raccolti e analizzati hanno suggerito a Daniele Telloni, ricercatore presso l’Osservatorio Astrofisico di Torino, un collegamento con la teoria di Gary Zank, professore presso l’Università dell’Alabama. Secondo quest’ultimo, il meccanismo di generazione dei solar switchbacks avveniva sulla superficie solare, dove si verificano interazioni tra le linee di campo magnetico che caratterizzano questo ambiente caotico.
La spiegazione teorica di Zank
La superficie del Sole, e soprattutto le sue regioni più attive, sono caratterizzate da due diverse linee di campo magnetico:
- Quelle che si richiudono sulla superficie. Esse formano un arco nell’atmosfera solare che va a richiudersi nuovamente sulla superficie. Solamente una piccola parte di plasma fuoriesce, determinando un vento solare che spira lentamente.
- Quelle che fuoriescono verso il Sistema Solare. Sono linee aperte che, allungandosi, portano con sé un gran numero di particelle cariche e dunque un vento solare molto veloce.
L’interazione di queste due diverse tipologie di linee di campo dà origine al fenomeno dell’inversione. Infatti quando queste si incontrano, si riconnettono in una configurazione più stabile, sprigionando energia. Il risultato dà origine a una distorsione della linea di campo, che assume una forma a S. La contrazione di questa linea da poi origine a due nodi, che definiscono i solar switchbacks. Uno di essi si propaga nello spazio, insieme al vento solare, e potrebbe essere poi rilevato dalle sonde anche a grande distanza dal Sole.

Una scoperta sensazionale
Telloni e Zank hanno provato l’origine della formazione di queste inversioni, o “ritorni”, del campo magnetico che negli anni ’70 erano apparsi come un fenomeno sconcertante. Sebbene l’immagine di METIS richiamasse immediatamente a entrambi questo particolare aspetto del campo, insieme ad un team di ricercatori hanno sviluppato un modello computazionale per studiarne il comportamento. I risultati hanno riportato qualcosa di molto simile a ciò che è stato osservato con METIS. Citando Telloni, riguardo alla scoperta pubblicata su The Astrophysical Journal Letter: “Direi che questa prima immagine del ritorno magnetico nella corona solare ha svelato il mistero della loro origine”.
Il futuro del Solar Orbiter
Quella condotta dalla sonda europea è una ricerca che permetterà di comprendere non solo gli aspetti ancora misteriosi dell’attività magnetica del Sole, ma anche i meccanismi che spingono il vento solare lontano dalla stella che lo genera. Ogni volta che una sonda ha registrato uno switchbacks, infatti, ha rilevato anche un’accelerazione del vento solare.
L’obbiettivo ora è quello di collegare le rilevazioni del ritorno del campo magnetico, eseguite dalle sonde, alle regioni sulla superficie del Sole in cui questo fenomeno ha origine.

Daniel Müller, Project Scientist dell’ESA per il Solar Orbiter, ha affermato “Questo è esattamente il tipo di risultato che speravamo di ottenere con il Solar Orbiter”. Ha aggiunto poi: “È stato il suo primo passaggio ravvicinato al Sole, quindi ci aspettiamo che arrivino molti altri risultati entusiasmanti”. Il prossimo avvicinamento al Sole della sonda avverrà il prossimo 13 Ottobre. Prima di allora, la sua orbita verrà aggiustata sfruttando i flyby attorno a Venere affinché riesca ad avvicinarsi alle regioni polari della nostra stella.
I risultati dello studio, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, sono disponibili qui.
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