I pianeti giganti molto giovani emettono calore sotto forma di radiazione infrarossa che può essere polarizzata: la luce segue cioè una direzione preferenziale. Di recente, un team internazionale di ricercatori è riuscito a misurare direttamente la luce polarizzata diffusa dall’esopianeta DH Tau b. Si tratta di un gigante gassoso, massiccio undici volte più di Giove.
Il pianeta si trova nella costellazione del Toro, a 437 anni luce da noi e sta ancora brillando dopo essersi formato. La scoperta ha permesso di dedurre la presenza di un disco di polvere e gas che orbita attorno al pianeta, dove probabilmente si stanno formando quelli che diverranno i suoi satelliti naturali. Il disco è stimato essere molto più inclinato di quello presente attorno alla stella.
Le osservazioni sono state fatte con SPHERE, uno strumento all’avanguardia istallato presso il Very Large Telescope dell’ESO, in Cile. “Siamo stati in grado di farlo funzionare meglio del previsto” dichiara Rob van Holstein, responsabile della scoperta e ricercatore presso l’Università di Leida, Paesi Bassi. E’ stato studiato un campione di venti esopianeti conosciuti che orbitano attorno a nane brune; tra essi, ha evidenziato per la prima volta un segnale diretto della presenza di radiazione polarizzata proveniente da DH Tau b.
Un risultato molto importante, contrario alle teorie di formazione planetaria conosciute, che offre spunti interessanti per le future osservazioni dei pianeti extrasolari.

Perché è importante che la radiazione sia polarizzata?
La luce solare diffusa, ovvero la luce che raggiunge la superficie della Terra dopo esser stata riflessa dall’atmosfera, ha una certa percentuale di polarizzazione. La stessa cosa succede per gli esopianeti. Se dotati di atmosfera o della presenza di un disco di polveri rimasto dopo la loro formazione, i raggi luminosi che compongono la radiazione emessa dal pianeta seguono una direzione precisa: quella decisa dall’atmosfera o dal disco, che si comportano come una sorta di massiccio filtro polarizzatore.
Rivelare radiazione polarizzata proveniente da un pianeta indica quindi la presenza di un qualche ostacolo che le impedisce di uscire intatta. Questo qualcosa avrà diversa origine a seconda del grado di polarizzazione.
Cosa comporta la presenza del disco molto inclinato

“Confrontando la polarizzazione misurata con quella delle stelle vicine, troviamo che è improbabile che la polarizzazione sia causata dalla polvere interstellare” scrivono i ricercatori. Ipotizzano che la polarizzazione abbia origine dalla presenza di due dischi di polvere e gas, uno che orbita attorno a DH Tau b e uno attorno alla sua stella. La loro inclinazione, secondo le stime, sarebbe parecchio elevata e con diverso orientamento: questo disallineamento suggerisce che il pianeta si sia formato molto vicino alla nana bruna di cui è compagno.
Un’ipotesi in netto contrasto con la teoria di formazione planetaria maggiormente accreditata, secondo la quale i pianeti si formano vicino alla loro stella per migrare solo successivamente verso l’esterno. Questa incoerenza è solo una delle molte già evidenziate in diversi pianeti extrasolari, che mostrano comportamenti anomali rispetto alle teorie finora conosciute; un ulteriore motivo, quindi, a rivederle per poterle ampliare e migliorare.
Il ruolo di SPHERE
Importante è stato il ruolo dello spettrografo SPHERE montato sul telescopio VLT dell’ESO. Questo strumento è un potente cercatore di pianeti che utilizza tecnologie all’avanguardia, il cui obiettivo è individuare nuovi esopianetigiganti catturandone l’immagine direttamente, come se si stesse scattando una fotografia. Una tecnica molto difficile da eseguire, che rende SPHERE unico nel suo genere.
Lo spettrografo è stato in grado di rivelare direttamente la luce diffusa dai venti esopianeti studiati. Gli astronomi spiegano che quella proveniente da DH Tau b presenta una polarizzazione significativa, a differenza di quella dei suoi compagni. L’assenza di un’alta percentuale di polarizzazione per essi non significa che siano privi di atmosfera o di dischi: forse i granuli di polvere sono più piccoli, o le nuvole dell’atmosfera sono distribuite in maniera disomogenea. L’importanza della scoperta è però decisiva. Il coautore dello studio, Frans Snik, altro ricercatore dell’Università di Leida, afferma soddisfatto che lo studio “Ci da intuizioni uniche su come si formano un pianeta e le possibili lune”.
Future ricerche simili con l’Extremely Large Telescope in costruzione, permetteranno di studiare la luce proveniente da molti esopianeti, anche più simili alla Terra; la loro polarizzazione consentirà di ottenere informazioni dettagliate sui dischi di formazione planetaria, sulla loro atmosfera e non solo. Il metodo scientifico non mente: abbiamo prestato attenzione, ci siamo meravigliati, abbiamo pazientato e poi verificato. Se sappiamo da dove partire, non resta altro che continuare a osservare e non smettere mai di stupirsi.
L’articolo scientifico completo: A survey of the linear polarization of directly imaged exoplanets and brown dwarf companions with SPHERE-IRDIS.
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