Con un leggero ritardo rispetto a quanto previsto, la NASA ha finalmente annunciato i quattro finalisti per le missioni 15 e 16 del programma Discovery. Questo programma della NASA finanzia le missioni di esplorazione spaziale di portata “ridotta” rispetto alle grandi esplorazioni proposte in passato. Costi contenuti e obiettivi super specifici sono le parole chiave.
Ogni progetto arrivato in finale riceverà tre milioni di dollari per un anno di ricerca e sviluppo nel quale ogni team approfondirà il design e il profilo della missione. Al termine di questo periodo (2021), la NASA deciderà le due missioni che verranno lanciate nella seconda metà degli anni ’20.
Il programma Discovery ha una lunga storia che inzia negli anni novanta con la missione NEAR e continua ancora oggi con la dodicesima missione lanciata nel 2018: InSight. Ad oggi Discovery è il terzo programma con il quale la NASA sviluppa le proprie missioni di esplorazione del sistema solare. Ciò che contraddistingue questo programma rispetto agli altri due (New frontiers e Flagship) è appunto il “budget cap”, ossia il budget che NASA mette a disposizione per lo sviluppo della missione. In questo ambito, Discovery rappresenta il programma con il budget cap più basso, una cifra nell’ordine del mezzo miliardo di dollari.
L’annuncio dei finalisti da parte di NASA segue dopo un’attenta selezione tra le 19 proposte inviate tra aprile e luglio 2019. Uno dei criteri più importanti con cui l’ente americano ha scelto queste missioni, è il “Planetary Science Decadal Survey“. Ossia un documento redatto ogni decennio dal NASEM (the National Academies of Science Engineering Medicine) per la NASA, in cui si fissano gli obbiettivi per l’esplorazione del sistema solare.
Le missioni 15 e 16 succedono alle 13 e 14, ossia Lucy e Psyche che sono state selezionate dalla NASA nel 2017 per partire rispettivamamente nel 2021 e 2022. Entrambe le missioni 13 e 14 hanno oggetto di studio gli asteroidi. Dai finalisti da poco annunciati torna invece l’attenzione per i l’esplorazione dei pianeti. Di seguito le missioni finaliste nel dettaglio.
DAVINCI+
Lo scopo di DAVINCI+ è analizzare la composizione dell’atmosfera di Venere tramite un modulo di discesa a forma sferica che attraverserà la densa atmosfera del pianeta per più di un’ora. Oltre a determinarne le caratteristiche fisiche tramite spettrometri, saranno presenti delle telecamere per mappare la zona in cui il modulo di discesa si poserà. Un’altra domanda a cui la missione cercherà di rispondere è se sul pianeta ci sia mai stato un oceano. Trovare una risposta a questa domanda porterebbe ad una comprensione maggiore dell’evoluzione di Venere.
Una piccolla curiosità su questa missione: se fosse confermata, sarebbe solo la seconda missione degli Stati Uniti su Venere dal 1978.
Io Volcano Observer (IVO)
Data la presenza di centinaia di vulcani, Io (satellite di Giove) è ritenuto l’oggetto geologicamente più attivo del sistema solare. Dalla scoperta dei primi pennacchi di zolfo che raggiungono i 500km sono passati oltre trent’anni, e numerose altre missioni di passaggio hanno monitorato l’attività vulvunica di questo interessante satellite. Con IVO, si intende creare la prima missione intaremente dedicata allo studio di questo satellite naturale. La missione IVO è un altro segnale del grande interesse che il sistema di Giove ha per l’esplorazione spaziale e per la ricerca di vita nel sistema solare.
TRIDENT
Il satellite di Nettuno Tritone, è indubbiamente uno tra gli oggetti meno conosciuti del sistema solare e tra i più interessanti da visitare. Ciò che caratterizza la superficie di Tritone è l’azoto ghicciato e la presenza di ghiaccio d’acqua nel mantello. Un importante quesito riguardo a Tritone, è la possibile presenza di un oceano al di sotto della superficie.
La missione Trident intede svelare i segreti del satelliti di Nettuno tramite un flyby, ossia un unico pasaggio (come per la missione New Horizons per Plutone) in vicinanza del suo bersaglio. Tra gli strumenti proposti, figurano degli spettrometri, delle fotocamere e un magnetometro.
VERITAS
L’ultima missione scelta della NASA, guarda ancora a Venere, ma in modo diverso rispetto a DAVINCI+. Alla base di VERITAS c’è la volontà di comprendere meglio la superficie del pianeta tramite una riscostruzione tridimensionale della topografia del pianeta. Grazie a questa mapputura sarebbe possibile capire se fenomeni di vulcansimo e tettonica a placche siano presenti nel pianeta. VERITAS mapperebbe anche le emissioni infrarosse dalla superficie di Venere, che sono praticamente sconosciute.