Composizione di immagini a colori migliorate di Plutone (in basso a destra) e Caronte (in alto a sinistra), scattata dalla sonda New Horizons della NASA durante il passaggio nel sistema di Plutone il 14 luglio 2015. Credits: NASA/JHUAPL/SwRI
Un recente studio, basato su osservazioni del James Webb Space Telescope e guidato dal team di Tanguy Bertrand dell’Observatoire de Paris, ha confermato la presenza di una foschia nell’atmosfera di Plutone. Si tratterebbe di uno strato di particelle sospese, che era stato ipotizzato nel 2017 per spiegare un’anomalia rilevata due anni prima dalla sonda New Horizons: la fuga di grandi quantità di metano e altre molecole organiche verso lo spazio, alcune delle quali finiscono per depositarsi sulla luna Caronte. Il Webb, grazie alla sua sensibilità nel medio infrarosso, ha permesso di distinguere tra emissioni provenienti da Plutone e da Caronte, confermando l’esistenza della foschia e il suo ruolo.
Plutone presenta un’atmosfera estremamente sottile, composta principalmente da azoto e piccole quantità di metano, monossido di carbonio e idrocarburi complessi. Nonostante la bassa pressione atmosferica (solo 13 microbar) la fuga di gas è intensa, favorita dalla scarsa gravità del pianeta. L’energia necessaria a “spingere” le molecole fuori dall’atmosfera è fornita dalla luce ultravioletta estrema del Sole, che a quelle distanze è ancora sufficiente a innescare processi di fotodissociazione e riscaldamento localizzato.
La foschia gioca qui un doppio ruolo: riscalda gli strati alti dell’atmosfera assorbendo radiazione UV, ma contribuisce anche al raffreddamento globale, riducendo l’energia trattenuta dal sistema atmosferico.
La foschia rilevata dal James Webb è composta da aerosol solidi sospesi negli strati superiori dell’atmosfera di Plutone, in particolare nella mesosfera, che si estende tra i 20 e i 40 km di altitudine. In questa regione, le temperature raggiungono un minimo di -203 °C, con un gradiente di raffreddamento di 0.2 °C per km.
Le osservazioni di New Horizons avevano già evidenziato uno squilibrio energetico, con un riscaldamento superiore al previsto. La presenza della foschia risolve questo enigma: la sua capacità di emettere radiazione termica nel medio infrarosso compensa l’eccesso di energia, ristabilendo un equilibrio nel bilancio radiativo.
Oltre al raffreddamento, la foschia gioca un ruolo essenziale nella fuga atmosferica. Le particelle assorbono la radiazione ultravioletta estrema proveniente dal Sole e trasferiscono questa energia alle molecole circostanti, in particolare al metano, che viene così espulso nell’ambiente circumplanetario. Si stima che l’atmosfera perda circa 1.3 kg di metano al secondo. Circa il 25% di questo gas viene catturato da Caronte, dove interagisce con la superficie ghiacciata per formare composti organici che colorano di rosso i poli del satellite.
Questo è attualmente l’unico caso conosciuto nel Sistema Solare in cui l’atmosfera di un corpo celeste si disperde in modo diretto su un altro.
Il comportamento della foschia ha implicazioni più ampie per la climatologia di Plutone. Il suo effetto combinato di riscaldamento e raffreddamento controlla la circolazione atmosferica, l’andamento termico stagionale e il ciclo di sublimazione e condensazione di metano, azoto e monossido di carbonio.
Questi gas si accumulano principalmente nel ghiacciaio Sputnik Planitia, che funge da serbatoio stagionale. Plutone, infatti, ha un’orbita molto eccentrica che comporta variazioni estreme nella quantità di radiazione solare ricevuta nel corso del suo anno, lungo circa 248 anni terrestri. Di conseguenza, l’effetto della foschia potrebbe variare sensibilmente da una stagione all’altra.
Dal punto di vista astrochimico, le analogie con Titano e con la Terra primitiva sono particolarmente rilevanti. Come su Plutone, anche su Titano la luce solare innesca reazioni fotochimiche che portano alla formazione di una densa foschia di idrocarburi. Sulla Terra, prima della comparsa dell’ossigeno libero, potrebbero essere esistiti fenomeni simili. Studiare la composizione e l’evoluzione della foschia di Plutone potrebbe quindi offrire spunti importanti non solo per la climatologia dei corpi ghiacciati del Sistema Solare esterno, ma anche per ricostruire l’evoluzione atmosferica del nostro pianeta in epoche remote.
Lo studio, pubblicato su Nature Astronomy, è reperibile qui.
Agli iscritti a ORBIT ogni settimana inviamo due newsletter: il venerdì la Astro Newsletter, che tratta le notizie di esplorazione scientifica dello spazio, astronomia e astrofisica, e il sabato la Space Newsletter, che tratta di space economy, lunar economy ed esplorazione umana dello spazio.