Se diciamo che il nostro Universo ha 13.8 miliardi di anni, è perché nel corso degli ultimi 34 anni di osservazione il telescopio spaziale Hubble ci ha permesso di misurare con precisione la velocità con cui si sta espandendo.
Da ormai un secolo, infatti, sappiamo che il nostro Universo è in espansione, che questa espansione è accelerata e che il suo tasso di cambiamento lo possiamo misurare con un parametro chiamato costante di Hubble. Il valore di questa costante è stato misurato con metodi differenti, per esempio tramite la misurazione di indicatori intermedi noti come stelle variabili Cefeidi da parte del telescopio Hubble.
Tuttavia, il valore stimato dai dati Hubble non concorda con altre misurazioni che implicano che l’Universo si stesse espandendo più velocemente dopo il Big Bang, effettuate grazie alla mappatura della radiazione cosmica di fondo a microonde effettuata dal satellite Planck dell’ESA. Questa discrepanza è nota come tensione di Hubble.
A settembre 2023, il telescopio spaziale James Webb ha permesso di trovare lo stesso valore del tasso di espansione cosmica ottenuto da Hubble. Ma per chiarire ogni dubbio, gli scienziati hanno effettuato ulteriori misurazioni delle Cefeidi con il Webb, per poi confrontarle con gli stessi dati ottenuti da Hubble.
In questo modo hanno dato la conferma definitiva di poter escludere errori di misurazione nella stima della costante di Hubble ottenuta con i due telescopi spaziali, e di poter quindi assumere che tale valore sia particolarmente promettente per risolvere una volta per tutte il problema della tensione di Hubble. O forse no…
Un campione senza precedenti
Il team SH0ES (Supernova H0 for the Equation of State of Dark Energy) che ha eseguito le nuove misurazioni è stato guidato dal fisico Adam Riess della Johns Hopkins University di Baltimora, Premio Nobel per la Fisica nel 2011 insieme a Saul Perlmutter e Brian P. Schmidt per la scoperta dell’accelerazione dell’Universo attraverso lo studio delle supernovae.
Le nuove osservazioni in alta definizione con il James Webb hanno preso in esame un campione notevolmente ampliato rispetto a misurazioni effettuate in precedenza. Contiene 1000 Cefeidi in totale, incluse in cinque galassie ospiti di otto eventi di supernova di tipo Ia. In particolare, questo campione ha:
- Raggiunto la galassia più lontana dove abbiamo misurato Cefeidi: NGC 5468, a distanza di 150 milioni di anni luce.
- Raddoppiato l’intervallo di distanze cosmiche considerate, fino a coprire l’intero range già analizzato con Hubble in precedenza.
- Triplicato la dimensione del campione delle Cefeidi finora studiate per la misurazione della costante di Hubble.
Inoltre, in questo campione la risoluzione altamente superiore degli strumenti del Webb ha sensibilmente ridotto, e in termini pratici quasi totalmente eliminato il rumore di affollamento, ovvero la principale fonte di rumore nella fotometria nel vicino infrarosso delle variabili Cefeidi osservate.
Possibilità di errore rigettata con confidenza di 8σ
Il campione di osservazioni di Webb ottenuto dal team di Riess e colleghi fornisce una prova molto forte che la fotometria delle Cefeidi nel vicino infrarosso effettuata con Hubble è accurata, sebbene più rumorosa di quella del James Webb.
In particolar modo, il livello di confidenza nel rigettare l’ipotesi di mancata accuratezza su tali dati è pari a ben 8.2σ, ovvero si tratta di una confidenza maggiora addirittura a quella della presenza di una tensione di Hubble.
Questo risultato ci dice due cose. La prima è che il tasso di espansione dell’Universo calcolato a partire dai dati fotometrici di Hubble sulle variabili Cefeidi, e ulteriormente confermato dalle analisi effettuate con il James Webb, è basata su dati accurati. Le osservazioni di questi due telescopi spaziali, quindi, rimangono affidabili, anche man mano che si sale lungo la scala della distanza cosmica.
E se avessimo frainteso l’Universo?
La seconda, è che risulta evidente che non c’è ancora una spiegazione alla tensione di Hubble, ovvero al perché Hubble e Webb trovino un risultato, e la missione Plack ne trovi un altro.
Il modo in cui l’espansione dell’Universo sia cambiata nei miliardi di anni deve ancora essere osservato direttamente, e le osservazioni indirette che finora abbiamo sfruttato grazie alle variabili Cefeidi e alla radiazione cosmica di fondo non ci permettono di comprendere il motivo della discrepanza. “A questo punto, è molto probabile che una soluzione alla tensione di Hubble esista altrove” scrivono gli scienziati nell’articolo.
Ad aiutare in questa sfida saranno due grandi missioni future. Una è già attiva ed è Euclid, il telescopio spaziale più ambizioso mai progettato, costruito e lanciato dall’Europa, che ha iniziato da poco la sua indagine cosmica. Euclid ha come compito lo studio dettagliato di quel 95% di Universo composto da materia oscura ed energia oscura, quest’ultima ritenuta la responsabile dell’accelerazione dell’espansione cosmica.
Il secondo progetto che sarà d’aiuto in futuro, e che collaborerà con Euclid, è il Nancy Grace Roman Space Telescope della NASA, il cui lancio è attualmente previsto nel 2027. Queste missioni potranno fornire uno sguardo più ampio sul problema, nuove osservazioni dirette e nuovi metodi per indagare sulla storia del cosmo. Come ha sottolineato Riess: “Dobbiamo scoprire se ci manca qualcosa su come collegare l’inizio dell’Universo e il presente”.
Lo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal, è reperibile qui.