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L’osservatorio Vera C. Rubin sarà il primo a rivelare la luce interammasso negli ammassi di galassie

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Dicembre 5, 2023
in Astronomia e astrofisica, News, Scienza
Immagine dell'ammasso di galassie Abell 85 , ripresa dalla Hyper Suprime-Cam montata sul telescopio Subaru alle Hawaii. La sovrapposizione verde acqua, potenziata, è la luce interammasso, che Vera C. Rubin permetterà di vedere e studiare

Immagine dell'ammasso di galassie Abell 85 , ripresa dalla Hyper Suprime-Cam montata sul telescopio Subaru alle Hawaii. La sovrapposizione verde acqua, potenziata, è la luce interammasso, che Vera C. Rubin permetterà di vedere e studiare. Credits: M. Montes, J. Pinto

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Tra le galassie ci sono innumerevoli stelle, strappate dalle loro galassie d’origine e vaganti nel vasto spazio intergalattico. La loro radiazione complessiva è nota come luce interammasso, incredibilmente debole e difficile da rilevare, per via della preponderanza della luce proveniente dalle galassie sullo sfondo.

A studiare questa radiazione in migliaia di ammassi di galassie ci penserà presto l’osservatorio Vera C. Rubin, in costruzione in Cile, che eseguirà la prima indagine astronomica al riguardo: la Legacy Survey of Space and Time. Regalandoci, con essa, importanti indizi sulla storia evolutiva dell’Universo su larga scala, a partire dal 2025.

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Stelle strappate alle galassie

Le galassie sono agglomerati di miliardi di stelle, tenute insieme dalla gravità. A volte si raggruppano in ammassi, contenenti centinaia o addirittura migliaia di galassie. Gli ammassi di galassie sono gli oggetti più grandi dell’Universo tenuti insieme dalla loro stessa gravità, e impiegano miliardi di anni per formarsi e cambiare.

Tuttavia, nel corso di quei miliardi di anni, scontrandosi e interagendo si rubano stelle o le perdono nello spazio intergalattico. Queste stelle emettono un bagliore “spettrale”, la luce interammasso, che è almeno 1000 volte più debole del cielo notturno più buio percepibile ad occhio nudo.

Ammasso del Perseo - Euclid
L’ammasso del Perseo fotografato da Euclid. Credits: ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA,

Non sappiamo quante siano le stelle libere dalle galassie, né come si distribuiscano attorno o tra gli ammassi galattici. Perché la loro radiazione è difficilissima da raccogliere, o comunque da distinguere rispetto a quella degli ammassi.

Ecco perché i dati del Legacy Survey of Space and Time dell’osservatorio Vera C. Rubin, che inizierà tra un paio d’anni, saranno fondamentali. La potenza del telescopio e dei suoi strumenti ci fornirà moltissime informazioni sugli ammassi di galassie, permettendoci di osservare la luce estremamente debole delle stelle solitarie come mai prima d’ora.

La luce interammasso: un record fossile per gli astrofisici

Nel corso di milioni di anni, quando le galassie si scontrano e si fondono, la luce interammasso va a costituire una specie di record fossile delle interazioni dinamiche che un ammasso di galassie ha sperimentato. Ciò offre una ricchezza di informazioni sulla storia del sistema dell’ammasso, così come sulla storia dell’Universo su larga scala. Un po’ come fosse un cortometraggio.

“Queste stelle sono come la polvere rilasciata da un pezzo di gesso quando scrivi su una lavagna” ha spiegato Mireia Montes, ricercatrice presso l’Instituto de Astrofísica de Canarias e membro della Rubin/LSST Galaxies Science Collaboration. “Tracciando la polvere di gesso stellare con Rubin, speriamo di riuscire a leggere le parole sulla lavagna dell’ammasso galattico”.

Oltre a studiare la luce interammasso per trovare indizi sulla storia degli ammassi di galassie, gli scienziati possono anche usarla per ottenere informazioni sulla materia oscura, materia non ordinaria e invisibile, che non emette né riflette la luce e si trova in alte concentrazioni intorno alle galassie e agli ammassi galattici.

L’indagine decennale di Vera C. Rubin

Per portare a termine la Legacy Survey of Space and Time, Rubin esplorerà l’intero cielo dell’emisfero meridionale. Lo farà ogni poche notti per dieci anni, con la più grande fotocamera digitale del mondo, rivelando la luce interammasso che, fino ad ora, gli astronomi sono stati in gran parte in grado di rilevare solo con osservazioni lunghe e mirate di un ammasso di galassie alla volta.

L'osservatorio Vera C. Rubin nell'ottobre 2023, con uno spettacolare tramonto sullo sfondo
L’osservatorio Vera C. Rubin nell’ottobre 2023, con uno spettacolare tramonto sullo sfondo. Credits: RubinObs/NOIRLab/NSF/AURA/H. Stockebrand

Nel corso di questa indagine decennale, Rubin scatterà milioni di immagini ad alta risoluzione di ammassi di galassie distanti. Successivamente, gli scienziati saranno in grado di mettere insieme queste immagini nelle più grandi viste a esposizione ultra-lunga mai create del cielo dell’emisfero meridionale.

Le immagini sovrapposte, inoltre, forniranno agli scienziati più ammassi di galassie con luce interammasso rilevabile di quanti ne abbiano avuti in totale fino ad oggi. In questo modo, Rubin espanderà il numero di ammassi di galassie che possiamo studiare da una manciata a migliaia. Consentendo ai ricercatori di analizzare il debole bagliore della luce intraammasso attraverso il cosmo.

Dall’evoluzione degli ammassi di galassie alla distribuzione della materia oscura, infatti, questo tipo di radiazione trattiene importanti indizi su come si è formata la struttura su larga scala dell’Universo. E può finalmente raccontarcene la storia.

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Tags: ammasso di galassieluce interammassoTelescopioVera C. Rubin

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