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Gaia ha scoperto due buchi neri “invisibili”, i più vicini a noi finora individuati

Mariasole Maglione di Mariasole Maglione
Marzo 31, 2023
in Astronomia e astrofisica, News, Scienza
Gaia BH1 e Gaia BH2

La posizione dei primi due buchi neri scoperti dalla missione Gaia dell'ESA nella Via Lattea, Gaia BH1 e Gaia BH2. Credits: ESA/Gaia/DPAC; CC BY-SA 3.0 IGO

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Studiando il movimento di alcune stelle tracciate dal satellite Gaia dell’ESA, i ricercatori hanno notato una strana “oscillazione”, come se fossero attratte gravitazionalmente da un oggetto massiccio. Non essendoci nulla nelle vicinanze di visibile, la possibilità era solo una: che si trattasse di un buco nero.

I buchi neri scoperti, in realtà, sono due. Sono stati nominati Gaia BH1 e Gaia BH2 e si trovano a soli 1560 e 3800 anni luce da noi, rispettivamente nella direzione della costellazione dell’Ofiuco e di quella del Centauro. Sono entrambi circa dieci volte più massicci del nostro Sole, e sono i più vicini alla Terra finora scoperti.

A stupire è la loro “invisibilità“. Tutti i buchi neri di cui gli astronomi sono a conoscenza, finora erano stati scoperti dall’emissione di luce radio o raggi X, prodotta dalla caduta di materiale all’interno del corpo celeste. Ma Gaia BH1 e Gaia BH2 sono veramente invisibili: possono essere rilevati solo dai loro effetti gravitazionali.

Ognuno di essi è parte di un sistema binario con una stella. Tuttavia, la distanza e le orbite delle loro stelle compagne sono molto più ampie rispetto ad altri sistemi simili. “Questi buchi neri probabilmente hanno una storia di formazione completamente diversa” ha spiegato Kareem El-Badry, ricercatore presso l’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics negli Stati Uniti e il Max-Planck Institute for Astronomy ad Heidelberg.

Astrometria: tracciare miliardi di stelle in movimento

L’astrometria è il metodo che rileva il moto di una stella effettuando misurazioni precise della sua posizione nel cielo. Questa tecnica può essere utilizzata anche per identificare i pianeti attorno a una stella, misurando minuscoli cambiamenti nella posizione della stella mentre oscilla attorno al centro di massa comune del sistema.

La missione Gaia dell’ESA, attraverso la sua indagine senza precedenti su tutto il cielo della posizione, della luminosità e del movimento di oltre un miliardo di stelle, sta generando un ampio set di dati, la cui accuratezza è essenziale per ricerche come questa.

Astrometria
La tecnica astrometrica utilizzata da Gaia. Credits: ESA, CC BY-SA 3.0 IGO

Il movimento delle stelle, infatti, può fornire indizi essenziali sugli oggetti che le influenzano gravitazionalmente, come i buchi neri individuati da El-Badry a partire dai dati di Gaia. La minuscola oscillazione delle stelle, compagne binarie di Gaia BH1 e Gaia BH2, ha testimoniato la presenza dei due mostri invisibili.

Gaia fornisce misurazioni accurate del movimento in tre direzioni, ma per capire più precisamente come le stelle si sono allontanate e avvicinate a noi, sono state necessarie ulteriori misurazioni della velocità radiale. Gli osservatori a terra hanno fornito questi valori per i buchi neri scoperti, confermandone la presenza.

Buchi neri invisibili: come individuarli?

I buchi neri spesso non sono completamente invisibili. Quando il materiale cade al loro interno, attratto dalla potente forza di gravità, possono emettere luce radio e raggi X. Per Gaia BH2, l’osservatorio spaziale a raggi X Chandra della NASA e il radiotelescopio sudafricano MeerKAT a Terra hanno anche cercato questa luce, ma non sono stati in grado di individuare alcun segnale.

Sia Gaia BH1 che Gaia BH2 non emettono alcuna luce, il che li rende praticamente invisibili, probabilmente perché sono molto più lontani dalle loro stelle compagne: hanno le orbite più separate di tutti i buchi neri conosciuti. Il fatto che siano anche i buchi neri conosciuti più vicini alla Terra suggerisce anche che molti altri buchi neri simili nelle binarie larghe sono ancora in attesa di essere scoperti.

Il problema è individuarli, ma le misure ultra-precise di Gaia sicuramente danno speranza agli scienziati. Il prossimo data release si baserà su 66 mesi di osservazioni e conterrà informazioni migliorate sulle orbite delle stelle. Nel frattempo, gli astronomi saranno impegnati a capire da dove provengono questi buchi neri in orbite larghe. El-Badry ha affermato:

Sospettavamo che potessero esistere buchi neri in sistemi più ampi, ma non eravamo sicuri di come si sarebbero formati. La loro scoperta significa che dobbiamo adattare le nostre teorie sull’evoluzione dei sistemi stellari binari, perché non è ancora chiaro come si formino questi sistemi.

Al momento, il Consorzio per l’elaborazione e l’analisi dei dati di Gaia sta sviluppando metodi per identificare le binarie astrometriche con compagni compatti. Prevedono di fornire un buon campione di candidati nel prossimo release. Intanto, BH1 e BH2 sono i primissimi due buchi neri trovati da Gaia.

Lo studio approfondito di El-Badry su Gaia BH2 è reperibile qui.

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Tags: astrometriabuchi neriGaiaStelle

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