Il 13 giugno 2022 è stato rilasciato il catalogo Data Release 3 (DR3) del satellite orbitale Gaia dell’ESA. Gaia è un vero e proprio osservatorio spaziale che con i metodi dell’astrometria, della fotometria e della spettroscopia ci sta aiutando a caratterizzare al meglio le stelle della nostra Galassia.
Con il DR3, siamo arrivati a conoscere quasi 2 miliardi di stelle, ma non solo. Il telescopio ha anche osservato molte stelle binarie, asteroidi e corpi extra-galattici. La maggior parte dei dati sono di carattere spettroscopico, una tecnica fondamentale, insieme all’astrometria, anche per futuri studi di esoplanetologia. In occasione della pubblicazione del nuovo catalogo, abbiamo fatto qualche domanda alla dtt.essa Paola Sartoretti, parte della commissione Gaia e responsabile del trattamento dei dati, riguardo al satellite e alla sua importanza fondamentale per la comprensione della Galassia in cui viviamo.
Paola Sartoretti è ingegnere di ricerca CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique) all’osservatorio di Parigi-Meudon. È responsabile dal 2012 del gruppo di circa 50 astronomi e ingegneri del consorzio DPAC (Data Processing and Analysis Consortium), impegnati nel trattamento dei dati dello spettrografo di Gaia (Radial Velocity Spectrometer, RVS).
Perché è così importante la missione Gaia? Cosa può darci in più rispetto ad altre?
Gaia è davvero speciale per tante ragioni, e non penso si possa comparare a nessun’altra missione spaziale esistente e a nessuna “survey” da Terra. Solo Gaia ci permette di osservare la nostra Galassia cosi completamente e dettagliatamente. Gaia è unica:
- Per la quantità di dati che ottiene su tutto il cielo. Scansiona in continuazione tutto il cielo e registra i dati di tutti gli oggetti celesti che passano nel campo di vista dei suoi due telescopi, abbastanza brillanti per essere rilevati. I due miliardi di oggetti che Gaia vede sono, per la maggior parte, stelle della nostra Galassia, ma Gaia vede anche asteroidi del sistema solare e oggetti al di là della Via Lattea: stelle delle galassie vicine, quasar, galassie più lontane. In più, ciascuno di questi oggetti è osservato tante volte, in media 14 volte all’anno.
- Perché osserva questi oggetti con 3 tecniche diverse simultaneamente. L’astrometria, che permette di conoscere la loro distanza e posizione con una precisione incredibile (con Gaia si potrebbe misurare il diametro di una moneta di un euro sulla Luna). La fotometria, che permette di misurare la luminosità delle stelle e stimare la loro temperature e altre caratteristiche fisiche. La spettroscopia a alta risoluzione, che permette di misurare la velocità e la composizione chimica delle stelle più brillanti.
- Perché anche se non produce spettacolari immagini di piccole porzioni di cielo (come fa meravigliosamente JWST), produce una specie di “carta d’identità’’ per ognuna dei 2 miliardi di stelle osservate. Tutte queste carte d’identità ci permettono di sapere dove sono situate, come si muovono, che caratteristiche hanno e di che cosa sono fatte le stelle della nostra Galassia. E questo ci permette di studiare le diverse popolazioni stellari, e di capire meglio come si è formata e cosa succederà in futuro alla Galassia in cui viviamo. È grazie a Gaia che sappiamo, per esempio, che la Via Lattea ha subito e subirà collisioni con le galassie vicine, le stelle delle quali finiscono per essere inglobate nella Via Lattea stessa. Le stelle provenienti da collisioni recenti (“recenti’’ in senso astronomico, si parla di miliardi di anni) con altre galassie si riconoscono da anomalie nei loro movimenti. E da una diversa composizione chimica.
Un video che illustra bene come Gaia ottiene i dati è il seguente. Credits: ESA, Gaia collaboration
Con Gaia vediamo le stelle fino a quale luminosità? Potremmo andare oltre?
Con Gaia “vediamo” le stelle fino alla magnitudine 21, circa 900 mila volte più deboli delle stelle più deboli che vediamo a occhio nudo, di magnitudine 6. Dove “vediamo” vuol dire che ne misuriamo la posizione, distanza e la luminosità. Per poter fare meglio di Gaia e misurare posizione, distanza e luminosità di stelle meno luminose in tutto il cielo bisognerà aspettare la missione erede di Gaia, Gaia-NIR, tra più di vent’anni. Grazie all’infrarosso (NIR = Near InfraRed) potrà vedere le zone oscurate della nostra galassia e misurare fino a 10 miliardi di oggetti.
Se invece per “vedere” intendiamo semplicemente raccogliere il segnale di un oggetto più debole della magnitudine 21, è già possibile con un tempo di posa sufficiente (il tempo di posa di Gaia è limitato a 4.4 secondi per ognuno dei suoi CCD). Un noto esempio è il famoso Hubble Deep Field che con 22 giorni di posa raggiunse la magnitudine limite 31 (luminosità 9500 volte più debole di Gaia). E più recentemente, da terra, il Subaru Deep Field con 10 ore di posa ha visto oggetti con luminosità 450 volte più debole di Gaia. E recentissimamente, la prima immagine di JWST di 12.5 ore di posa. Ma questo si può fare soltanto per piccole regioni di cielo.
Per quanto riguarda la spettroscopia, con Gaia “vediamo” le stelle fino alla magnitudine 17 (circa 24 mila volte più deboli di quelle che vediamo a occhio nudo). E qui “vediamo” vuol dire che lo spettro contiene ancore un po’ di segnale della stella, quasi sommerso dal rumore. Sono previste survey spettroscopiche con telescopi al suolo che permetteranno di ottenere lo spettro di un numero limitato di stelle di Gaia più deboli della magnitudine 17.
Perché ci interessano tanto i sistemi binari?
Mentre la determinazione della massa di una singola stella è molto difficile, le masse delle stelle binarie possono essere calcolate direttamente grazie alle misure delle loro orbite. È soprattutto per questo che i sistemi stellari binari sono molto importanti in astrofisica. I calcoli delle loro orbite permettono di determinare direttamente le masse delle stelle componenti.
La massa di una stella è una delle sue caratteristiche più importanti. Se conosciamo la massa di una stella, possiamo conoscere la sua evoluzione, stimare per quanto tempo brillerà e quale sarà il suo destino finale. La conoscenza della massa consente anche di stimare indirettamente altri parametri stellari, come il raggio e la densità.
Siete soddisfatti dei risultati raggiunti finora dalla missione?
Sì, siamo molto soddisfatti. Gaia sta mantenendo le sue promesse, e il lavoro del consorzio DPAC porta i suoi frutti (DPAC: Data Processing and Analysis Consortium, formato da circa 450 persone in Europa; la Francia e l’Italia sono le nazioni più rappresentate). I dati che Gaia ottiene sono molto buoni, per certi versi anche migliori di quanto ci si aspettava, per esempio l’effetto nocivo della radiazione spaziale sui CCD è molto meno grave del previsto.
L’enorme quantità di dati che Gaia ottiene (circa 50 Gigabyte al giorno) è trasmessa a Terra, e qui inizia il lavoro lungo e complesso dei membri del DPAC che consiste nell’estrarre dai dati bruti le informazioni astrofisiche da pubblicare nelle “Data Release”. La complessità e le interdipendenze degli algoritmi di trattamento dei dati crescono con la quantità di dati da trattare e d’informazioni da estrarre.
Circa ogni 2-3 anni pubblichiamo un grande catalogo contenente tutte le informazioni estratte, chiamato appunto “Data Release”. Il 13 giugno abbiamo pubblicato il terzo catalogo, la Data Release 3 (DR3) e ci attendiamo molte scoperte interessanti nei prossimi anni! Grazie a questi cataloghi gli astronomi di tutto il mondo hanno potuto già fare molte scoperte. Infatti dall’aprile 2018, data della pubblicazione della Data Release2, al 13 giugno 2022, pubblicazione della DR3, i cataloghi di Gaia hanno portato alla pubblicazione di 1.600 articoli scientifici all’anno. E questo significa che Gaia è la missione più produttiva mai lanciata. Anche il telescopio spaziale Hubble della NASA è stato superato. Gaia fornisce il quadro di riferimento per tutta la ricerca in astronomia ottica.
Che prospettive future ci sono per Gaia?
Si prevede che Gaia continuerà a osservare tutto il cielo per ancora circa 3 anni, finché finirà il carburante necessario per le piccole manovre di mantenimento della sua orbita intorno al punto di Lagrange L2, a 1.5 milioni di km dalla Terra. Una volta finito il carburante, Gaia andrà alla deriva da L2. Probabilmente si seguirà una procedura di fine missione simile a quella seguita per le due missioni Plank e Herschel, le prime missioni ESA che hanno operato nel punto Lagrangiano L2. Dopo essere state disattivate, sono state posizionate su una traiettoria di smaltimento che le mantiene in un’orbita di parcheggio intorno al Sole, lontana dal sistema Terra-Luna e dal punto L2.
Per quanto riguarda la pubblicazione dei futuri cataloghi, per la DR4 useremo i dati ottenuti durante 66 mesi di osservazioni e si pubblicheranno anche le informazioni relative alle singole osservazioni. Per la DR3 sono stati usati 34 mesi, 22 mesi per la DR2. DR5 sarà il catalogo finale, ottenuto con tutti i dati ottenuti durante gli 11 anni di osservazioni, e non sarà pubblicato prima del 2030. A ogni successiva data release è disponibile un numero maggiore di osservazioni per ogni oggetto e le misure astronomiche sono più precise.
Per approfondire il contenuto dell’ultimo Data Release 3, è possibile visitare questa pagina dell’ESA per ulteriori informazioni sul satellite Gaia.
Questo invece il link ad un articolo dettagliato sul DR3 di Gaia pubblicato su Astrospace.it
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