Grazie all’esplorazione spaziale e alla scoperta di altri mondi, negli ultimi anni l’umanità è divenuta sempre più consapevole di quanto sia fortunata ad abitare su un pianeta come la Terra. Plasmato da una miriade di fattori, adatto a ospitare la vita grazie a un traballante gioco di equilibri a incastro perfetto. Anche se è praticamente impossibile trovare altri pianeti che siano stati graziati dalla stessa, preziosa combinazione, l’umanità guarda oltre e si chiede dove può arrivare.
Nel saggio divulgativo “Su un altro pianeta“, l’astrofisico italiano Amedeo Balbi affronta questo grande passo per i terrestri: il loro futuro, su questo pianeta o, forse, al di fuori di esso. Con ardore e occhio critico, Balbi stringe il cappio su temi particolarmente importanti: quanto vivrà ancora la Terra come la conosciamo? Siamo adatti a diventare colonizzatori spaziali? Studiamo gli esopianeti per andarci a vivere? Sapremo meritarci di salire la scala verso le stelle?
Le affermazioni dell’autore si basano sulle ricerche e scoperte del nostro passato, su ciò che stiamo imparando nel nostro presente (dai rover su Marte, ad esempio) e su tutte le prospettive future per la colonizzazione fuori dalla Terra. A partire dall’affermazione: “Sì, la Terra è meravigliosa, tanto che sembra fatta apposta per noi”, Balbi insegue le aspirazioni dell’umanità e le sfide che si sta trovando e si troverà in futuro ad affrontare.
Balbi ci tiene a ricordare quanto l’umanità sia progredita nel corso degli anni: appena un secolo fa siamo riusciti a concepire, costruire e far volare aeroplani, e adesso voliamo nello spazio con navicelle, razzi e strumentazioni futuristiche. Tuttavia, l’autore rammenta anche che viviamo in un Universo la cui struttura è governata da regole e leggi ben precise. Ci sono dei limiti, come la velocità della luce o il principio di conservazione dell’energia, che non dipendono dal grado di sviluppo della nostra civiltà, ma dalle leggi della fisica.
Le regolarità matematiche che descrivono i sistemi biologici sembrano altrettanto universali di quelle fisiche: esistono per esempio correlazioni molto precise tra la massa di un organismo e la durata della sua vita. Gli organismi più piccoli muoiono prima, e hanno pulsazioni cardiache più rapide. Il cuore di qualunque organismo batte circa un miliardo di volte dalla nascita alla morte, indipendentemente dalla taglia. Non c’è nulla di magico o misterioso in queste leggi. Siamo reti di miliardi di cellule, un sistema complesso di parti che funzionano in maniera interdipendente, e devono sottostare ad obblighi precisi.
Scappare dai limiti che incontriamo quaggiù, come il sovrappopolamento, il riscaldamento globale, il cielo sopra la testa, sta portando l’umanità a scontrarsi con limiti molto più ampi, ai quali non può fare altro che adattarsi. Ma ce la farà, o l’idea della “fuga” continuerà a prevalere sulle scelte di sfruttamento energetico e delle risorse?
L’autore affronta temi anche molto spinosi, permettendo ai lettori di riflettere sul futuro della nostra specie. Tenta di rispondere ad alcuni degli interrogativi legati a ciò che ne sarà dell’umanità al di fuori del nostro pianeta; fornisce spunti di riflessione talvolta inaspettati, mai banali. La scrittura è scorrevole e gli argomenti trattati sono di facile comprensione.
Il messaggio che traspare, dall’inizio alla fine, è che l’unica vera casa disponibile, nel futuro prossimo, è la Terra. Di essa dovremmo preoccuparci davvero, dice Balbi; certo anche imparando da ciò che sono stati altri pianeti prima del nostro (come Marte), ma concentrando le nostre forze al preservare l’ecosistema del nostro pianeta e all’utilizzarne in maniera corretta energia e risorse.
Una visione, quella offerta da Balbi, a modo suo contrastante con altri scienziati e pensatori del nostro passato e presente. Tra questi l’astrofisico Stephen Hawking, che ha sempre affermato che il futuro dell’umanità era quello di diventare una società interplanetaria e colonizzare altri mondi. Oppure dei miliardari che stanno guidando alcuni settori dell’esplorazione spaziale, come Elon Musk, costruendo mezzi per portarci fuori dal nostro pianeta.
Forse troppo radicata all’amore per la Terra, questa visione, con cui Balbi ci ricorda quanto sia importante non scordare da dove proveniamo. Non si rende una vera e propria negazione all’esplorazione umana dello spazio, perché è attraverso quell’esplorazione che l’umanità impara a conoscere e a comprendere; tuttavia, non ne è neppure diretta sostenitrice.
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