Ormai da diversi anni i riflettori dell’esplorazione spaziale mondiale sono puntati su Marte. Molti sognatori e imprenditori bramano una futura colonizzazione del pianeta, affermando l’importanza di un avvenire multiplanetario della civiltà umana. Marte potrebbe infatti, considerando anche la presenza di ghiaccio in loco, rappresentare una seconda casa per l’umanità e un ulteriore avamposto verso lo spazio più profondo. Contemporaneamente, gli scienziati di tutto il mondo, data la probabile passata abitabilità del pianeta, ripongono forti speranze nello studio del suo ecosistema. Grazie ad analisi approfondite di rocce marziane si potrebbero trovare risposte che portino a un drastico cambiamento della nostra conoscenza sui cicli dei corpi celesti e, soprattutto, sulla vita “extraterrestre”.
Per questi motivi, e grazie anche ai recenti successi di Hayabusa2 e Osiris-Rex, sta crescendo sempre più l’interesse nel progettare “Mars Sample-Return Missions”, o MSR, missioni che hanno lo scopo di raccogliere e riportare sulla Terra campioni di suolo marziano. Data tuttavia la difficoltà delle operazioni da svolgere e la lontananza del pianeta, i costi di attuazione di queste missioni rischiano di rivelarsi molto elevati. In un mondo in cui Elon Musk e i suoi razzi riutilizzabili hanno dimostrato che lo spazio è accessibile anche a costi limitati, risulta quindi fondamentale trovare una soluzione per ridurre il budget necessario.
In questa fase moderna dell’esplorazione spaziale, in cui MSR low-cost devono essere una colonna portante per il progresso, l’AIAA (American Institute of Aeronautics and Astronautics) ha indetto lo scorso anno una competizione con l’obiettivo di progettare proprio una nuova MSR. La “Team Space Design Competition”, rivolta a studenti universitari, consisteva nella produzione di un documento scritto di 100 pagine, contenente uno studio di fattibilità di una missione robotica scientifica capace di raccogliere campioni di ghiaccio marziano da riportare sulla Terra.
A questa competizione ha partecipato un team di studenti del Politecnico di Milano, scelti e guidati dall’associazione spaziale dell’ateneo PoliSpace (già introdotta in questo precedente articolo), che ha progettato la missione ICE Cream, acronimo di “Ice Collection and Retrieval Expedition Aimed at Mars”. Il progetto è stato selezionato dalla commissione dell’IAC 2021, l’International Astronautical Congress, dove i ragazzi, insieme a PoliSpace, hanno presentato il progetto di persona Mercoledì 27 Ottobre.
In cosa consiste la missione Ice CREAM?
Tutto inizia dalla fase di lancio, che prevede l’utilizzo del vettore Falcon Heavy di SpaceX. Il viaggio interplanetario Terra-Marte, della durata complessiva di dieci mesi, viene completato grazie al Michael Collins Orbiter (MCO), che ha il triplice compito di portare il rover su Marte, fornire un continuo servizio di comunicazione con la base terrestre e infine trasportare i campioni di ghiaccio prelevati dalla superficie per riportarli in sicurezza sulla Terra. L’orbiter prende il nome dal celebre astronauta dell’Apollo 11, essendo l’unico segmento a non toccare mai la superficie marziana proprio come Michael Collins (1930-2021), l’unico membro dell’equipaggio a non mettere mai piede sulla Luna, rivestendo comunque un ruolo cruciale per l’intera missione.
Una volta entrati nella sfera d’influenza di Marte (SOI), lo stadio di discesa si stacca dal MCO per permettere a quest’ultimo di aumentare la propria altitudine ed evitare di entrare nell’atmosfera marziana. In quella che viene definita “fase d’ingresso”, si viaggia con una velocità di circa 5,52 km/s a un’altitudine di 125km, ma l’attrito con l’atmosfera provoca una rapida decelerazione fino al momento dell’apertura del paracadute e infine, tramite la manovra Skycrane, il rover viene portato in sicurezza al punto di atterraggio.
Il rover è un dispositivo di esplorazione del terreno che per la missione Ice CREAM dovrebbe trascorrere circa un anno sulla superficie marziana; precisamente sarà situato nella Green Valley, nell’emisfero settentrionale del Pianeta Rosso. È qui che avviene il vero e proprio campionamento delle ice cores, grazie all’utilizzo di un trapano da carotaggio e di un braccio robotico in grado di scavare il terreno e rimuovere i primi strati di suolo per portare così il ghiaccio in superficie.
Una volta raccolti i preziosi campioni di ghiaccio, questi vengono posizionati nella Orbiting Sample Capsule (OS), struttura dotata di una configurazione circolare con 21 spot per campioni da 35mm di diametro e 165mm di lunghezza. Data la ovvia necessità di mantenere il ghiaccio allo stato solido, la OS viene dotata di un sistema di controllo passivo della temperatura, tramite un MLI (Multi-layer Insulation) di alluminio e poliuretano, mentre per ogni tubo è stato studiato un ulteriore sistema di controllo termico attivo, tramite un refrigeratore termoelettrico, progettato per ridurre la complessità e il peso dell’intero sistema principalmente durante le fasi più complesse di salita e discesa.
Il ritorno sulla Terra
Un anno dopo, sarà tempo di allacciare le cinture e ritornare a casa! Montato orizzontalmente sul rover c’è il MAV (Mars Ascent Vehicle), un razzo a propellente liquido monostadio con una massa al decollo totale pari a 214 kg. Il MAV ha il compito di sollevare e portare la capsula OS da 4,5 kg in orbita, dove si esegue un rendezvous con l’orbiter.
La OS viene poi inserita da un complesso sistema automatizzato di attuatori robotici in una capsula di rientro (REC) installata sul MCO. La REC è un dispositivo dotato di due paracadute che dopo un viaggio di circa 11 mesi permettono di effettuare un atterraggio di sicurezza. La discesa verso la superficie terrestre inizia a un’altitudine di 125 km con una velocità di 11,86 km/s. Dopo la decelerazione causata dal rientro nell’atmosfera terrestre, il REC dispiega il primo paracadute, rallentando la capsula a velocità subsonica. All’altezza di 7 km anche il secondo paracadute viene dispiegato, rallentando ulteriormente la velocità della capsula a 8 m/s, rendendo possibile il processo del MAR (Mid-air Retrieval).
Da questo momento in poi, i due elicotteri coinvolti nel MAR (il principale e il backup) hanno un numero massimo di cinque tentativi per recuperare la capsula. Se questo non avviene come previsto, la capsula continua la sua discesa con una velocità verticale di 3,7 m/s. Per questo motivo il team di Ice CREAM ha scelto il deserto dello Utah come luogo di atterraggio. La sua superficie ricoperta da fango potrebbe aiutare a preservare l’integrità della capsula in caso di un atterraggio non assistito, come già accaduto in precedenza per la missione Genesis; a seguito di un mancato dispiegamento del paracadute, si riuscì comunque a preservare la maggior parte del payload scientifico durante l’impatto della capsula con il suolo.
L’importanza della missione Ice CREAM
Questa spedizione potrebbe rappresentare un grande passo in avanti per l’esplorazione spaziale con equipaggio. Le abbondanti riserve di acqua su Marte, oltre ad avere una notevole importanza per la ricerca biologica sulla vita extraterrestre, permetterebbero l’utilizzo di risorse in-loco per lo sviluppo di future colonie sul pianeta rosso. L’acqua può essere infatti scissa in ossigeno e idrogeno, rendendo così possibile la produzione di propellente per rifornire i serbatoi di razzi. Oltre a questo si ottiene dell’ossigeno, utile per respirare e gestire i supporti vitali. Riuscire a sfruttare queste riserve di acqua ghiacciata permetterebbe, quindi, insediamenti parzialmente autosufficienti, portando sia a un aumento della fattibilità di futuri insediamenti su Marte, sia a una considerevole riduzione dei costi.

Ice CREAM promette di riportare sulla Terra una quantità pari a 2,5 kg di ghiaccio marziano a costi inferiori a 1 Miliardo USD attuali. Questo budget deriva da un’analisi basata su modelli statistici, per lo più della NASA. Questo è possibile grazie all’utilizzo di componenti già sviluppati e collaudati, in modo da minimizzare, i costi delle fasi di test e qualificazione degli hardware.
Per rimanere aggiornati e saperne di più sulla missione Ice CREAM e sull’associazione spaziale PoliSpace che l’ha resa possibile, seguiteci tramite i nostri profili social e sul nostro sito web.
Continua a seguire Astrospace.it sul canale Telegram, sulla pagina Facebook, sul nostro canale Youtube e ovviamente anche su Instagram. Non perderti nessuno dei nostri articoli e aggiornamenti sul settore aerospaziale e dell’esplorazione dello spazio.