• AstroSpace.it
  • Collabora
  • La redazione
  • Privacy Policy
  • Newsletter
No Result
View All Result
  • Home
  • Agenzie Spaziali
    • NASA
    • Cina
    • ESA
  • Esplorazione spaziale
    • ISS
    • Luna
    • Sistema solare
  • Space economy
    • SpaceX
    • Boeing
    • Blue Origin
    • Nuove imprese
    • Rocket Lab
    • Satelliti
  • Scienza
    • Astronomia e astrofisica
    • Fisica
  • Rubriche
    • Astrospace Newsletter
    • Le guide di Astrospace
    • Cronache marziane
    • Leggere lo Spazio
    • I progressi di Starship
    • Spazio d’Oriente
    • Interviste
  • Spazio Italiano
    • Spazio Blog
AstroSpace
  • Home
  • Agenzie Spaziali
    • NASA
    • Cina
    • ESA
  • Esplorazione spaziale
    • ISS
    • Luna
    • Sistema solare
  • Space economy
    • SpaceX
    • Boeing
    • Blue Origin
    • Nuove imprese
    • Rocket Lab
    • Satelliti
  • Scienza
    • Astronomia e astrofisica
    • Fisica
  • Rubriche
    • Astrospace Newsletter
    • Le guide di Astrospace
    • Cronache marziane
    • Leggere lo Spazio
    • I progressi di Starship
    • Spazio d’Oriente
    • Interviste
  • Spazio Italiano
    • Spazio Blog
No Result
View All Result
AstroSpace

Non si riesce a trovare uno dei buchi neri più grandi dell’universo

Il buco nero supermassiccio che dovrebbe trovarsi dentro un gigantesco ammasso di galassie sembra essere sparito nel nulla. Si infittisce il mistero dietro questi intriganti oggetti celesti.

Mariasole Maglione by Mariasole Maglione
Dicembre 23, 2020
in Astronomia e astrofisica, NASA, News, Scienza
Immagine di Abell 2261 ottenuta come sovrapposizione dei dati di Chandra, ai raggi X (In viola) assieme ai dati nello spettro del visibile ottenuti da Hubble. Credits: X-ray: NASA/CXC/Univ of Michigan/K. Gültekin ; Optical: NASA/STScI and NAOJ/Subaru; Infrared: NSF/NOAO/KPNO;

Immagine di Abell 2261 ottenuta come sovrapposizione dei dati di Chandra, ai raggi X (In viola) assieme ai dati nello spettro del visibile ottenuti da Hubble. Credits: X-ray: NASA/CXC/Univ of Michigan/K. Gültekin ; Optical: NASA/STScI and NAOJ/Subaru; Infrared: NSF/NOAO/KPNO;

Condividi su FacebookTweet

Gli astronomi stanno studiando da anni l’ammasso di galassie Abell2261 in cerca di uno dei più grandi buchi neri dell’universo, che ci si aspetterebbe di trovare al suo centro. Tuttavia, tutte le ricerche eseguite sui dati del 1999 e del 2004 ottenuti con il telescopio spaziale Chandra della NASA non hanno ancora dato segni di tale presenza.

Di recente un team di scienziati, guidato dall’astrofisico Kayhan Gultekin dell’Università del Michigan, ha condotto una ricerca più approfondita sfruttando i dati di Chandra del 2018. Non riuscendo a localizzare il buco nero, hanno ipotizzato che forse è stato espulso dal centro della galassia ospite ed è ora destinato a vagabondare nel cosmo; la sua posizione resta però un mistero. Sembra un controsenso chiederlo, ma come può un buco nero essere sparito nel nulla? E se si trattasse invece della prima prova di un buco nero che si ritrae?

Alla caccia del buco nero supermassiccio di Abell2261

I buchi neri supermassicci sono corpi celesti con una massa milioni o miliardi di volte superiore a quella del Sole, ma una densità davvero molto bassa. Come per i loro fratelli più piccoli, in essi la gravità è talmente forte da risucchiare qualsiasi cosa si trovi nelle vicinanze, anche la luce.

Si pensa che quasi tutte le galassie ospitino un buco nero supermassiccio al loro centro, dove c’è un’altissima concentrazione di materia. La massa di tale corpo celeste è proporzionale alla massa della galassia stessa. Per questo gli scienziati stimano che il buco nero nella galassia centrale di Abell2261 dovrebbe avere una massa tra i 3 e i 100 miliardi di volte quella del nostro Sole. Com’è possibile che un oggetto così mostruoso non si riesca a trovare da nessuna parte?

Per localizzare i buchi neri gli scienziati studiano la regione nelle loro vicinanze. Un modo diretto per rivelarne la presenza consiste nel cercare raggi X prodotti dal surriscaldamento del materiale mentre viene fagocitato da questo mostro del cosmo. Ecco perché sono stati utilizzati i dati di Chandra, un telescopio orbitale a raggi X, per cercare una firma prodotta da tutto ciò che dovrebbe essere caduto nel buco nero di Abell2261: purtroppo non è stato riscontrato nessun segnale.

Abel 2261 buchi neri supermassicci
L’ammasso Abel 2261 osservato nello spettro visibile e nelle onde radio. Credits: X-ray: NASA/CXC/Univ of Michigan/K. Gültekin ; Optical: NASA/STScI and NAOJ/Subaru; Radio: NSF/NOAO/VLA

L’ipotesi del buco nero che si ritrae

Un’ipotesi avanzata dal team di Kayhan Gultekin è che la galassia al centro di Abell2261 si sia originata dallafusione di altre due. Anche i due buchi neri supermassicci al loro centro si sarebbero fusi, generando un unico enorme buco nero. In questo processo si sarebbero prodotte increspature dello spazio-tempo che conosciamo come onde gravitazionali. Tali onde, se più forti in una direzione rispetto all’altra, possono far allontanare il buco nero molto massiccio prodotto al centro della neonata galassia nella direzione opposta: una sorta di fenomeno di rinculo. Si parlerebbe in questo caso di buco nero che si ritrae (recoiling black hole in inglese).

Questi sono concetti ancora solo ipotizzati in linea del tutto teorica. Gi scienziati non hanno mai trovato prove definitive della presenza di buchi neri che si allontanano dal centro della galassia che li ha ospitati. E’ ancora oggetto di studio anche il processo di fusione tra corpi celesti di così grandi dimensioni.

La galassia centrale di Abell2261 fornisce quindi un’ottima regione di studio per eventualmente trovare un buco nero che si ritrae in seguito alla fusione di due buchi neri supermassicci. Nonostante non siano ancora stati rintracciati segnali del vagabondare di questo oggetto, si potrebbe ipotizzare che si sia ritirato molto distante dal centro della galassia. Un’altra possibilità è che stia mangiando il materiale attorno a sé troppo lentamente per produrre una qualche firma ai raggi X rilevabile.

Dovremo aspettare il James Webb Space Telescope che sarà lanciato nel 2021, per avere qualche risposta in più sull’enigma di questo buco nero. L’esempio di Abell2261 costituisce infatti un altro filo nella fitta rete di mistero che ancora ci separa dal conoscere davvero la natura di questi enormi mostri celesti.

La ricerca completa: Chandra Observations of Abell 2261 Brightest Cluster Galaxy, a Candidate Host to a Recoiling Black Hole.

Continua a seguire Astrospace.it anche sul canale Telegram, sulla pagina Facebook, e su YouTube. Iscriviti direttamente cliccando qui. Non perderti nessuno dei nostri articoli e aggiornamenti sul settore aerospaziale e dell’esplorazione dello spazio.

Tags: Astrofisicabuchi neribuco neroChandra

Potrebbe interessarti anche questo:

Il logo di Galactic Park

È arrivato Galactic Park, il festival interamente dedicato allo spazio e alla divulgazione scientifica

Giugno 13, 2022
Buco nero isolato

Hubble prova per la prima volta l’esistenza di un buco nero isolato, misurando la sua massa

Giugno 11, 2022
ALMA e Sgr A*

La foto di Sagittarius A*: intervista alla Dtt.essa De Laurentis, vice-responsabile del progetto EHT

Maggio 23, 2022
Sagittarius A* composizione

Sagittarius A* e M87*: così simili eppure così diversi, come mai?

Maggio 19, 2022
Sgr A*

Ecco la prima foto di Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea

Maggio 12, 2022
Immagine simulata di un buco nero e dei suoi dintorni, mentre deforma lo spazio-tempo. Credits: NASA/ESA/Gaia/DPAC

L’eco dei buchi neri: trovate otto nuove fonti di questo fenomeno

Maggio 11, 2022
Next Post
Un render del sistema EXOport di Exolaunch, che volerà a bordo di SXRS-3. Credits: © 2020 EXOLAUNCH

SpaceX si prepara per SXRS-3 la prima missione dedicata al ridesharing

Render del progetto del Houston Spaceport.

Axiom Space costruirà un campus allo Houston Spaceport per costruire la propria stazione spaziale

Gli articoli più letti questa settimana

  • Webb

    Ecco cosa vedremo il 12 luglio, quando saranno rilasciate le prime immagini scientifiche del James Webb

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • Anche la capsula americana Cygnus ora può spostare la ISS

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • Partita con successo la missione CAPSTONE: inizia ufficialmente l’ERA Artemis

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • CAPSTONE è pronto a partire. Ecco tutto quello da sapere sul primo satellite dell’Era Artemis

    0 shares
    Share 0 Tweet 0

Segui AstroSpace.it anche in:

Telegram LinkedIn Twitter Youtube

I nostri ultimi approfondimenti

Nuovi scenari si prospettano per lo sviluppo dei futuri sistemi di protezione termica, anche grazie all’introduzione di nuovi materiali e tecniche costruttive, come nel caso dei TPS “in tessuto”. Credits: NASA

La guida completa al TPS di un mezzo spaziale: prospettive e sviluppi futuri

Maggio 6, 2022
progressi di starship

Un nuovo rinvio per i permessi della FAA. I progressi di Starship

Maggio 10, 2022
Lo spaceliner, spazioplano ipersonico in studio presso l’agenzia spaziale tedesca (DLR) potrebbe utilizzare la tecnica del Transpiration cooling, un tipo di TPS attivo.

La guida completa al TPS di un mezzo spaziale: i sistemi attivi

Maggio 6, 2022
AstroSpace

© 2021 Astrospace.it Info@astrospace.it - News e approfondimenti di astronautica e aerospazio.

  • Privacy Policy
  • AstroSpace.it
  • Collabora
  • La redazione
  • Feed RSS
  • Newsletter

  • Home
  • Agenzie Spaziali
    • NASA
    • Cina
    • ESA
  • Esplorazione spaziale
    • ISS
    • Luna
    • Sistema solare
  • Space economy
    • SpaceX
    • Boeing
    • Blue Origin
    • Nuove imprese
    • Rocket Lab
    • Satelliti
  • Scienza
    • Astronomia e astrofisica
    • Fisica
  • Rubriche
    • Astrospace Newsletter
    • Le guide di Astrospace
    • Cronache marziane
    • Leggere lo Spazio
    • I progressi di Starship
    • Spazio d’Oriente
    • Interviste
  • Spazio Italiano
    • Spazio Blog
No Result
View All Result

© 2021 Astrospace.it Info@astrospace.it - News e approfondimenti di astronautica e aerospazio.