La capsula Crew Dragon 2 di SpaceX è partita il 30 maggio dal John F. Kennedy Space Center spinta dal vettore Falcon 9. La navicella ha trasportato con sé i due astronauti della NASA, Dough Hurley e Bob Behnken, i primi a raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale a bordo di un mezzo americano da quando è terminato il programma Space Shuttle. La prima missione dimostrativa della Crew Dragon 2 si concluderà con il rientro della capsula ed il suo equipaggio. Lo splashdown a circa 24 miglia nautiche al largo della Florida è previsto per le ore 21:00 del 2 agosto.
Una volta completata la missione, SpaceX avrà il definitivo via libera per l’utilizzo della Crew Dragon come mezzo alternativo alla Soyuz nel trasporto di persone verso la ISS e ritorno. E’ proprio la fase di rientro in atmosfera a preoccupare maggiormente Elon Musk, il fondatore di SpaceX, come già dichiarato prima ancora che il Falcon 9 si alzasse da terra alla fine di maggio. Tali preoccupazioni sono dovute non solo alle difficoltà intrinseche di un rientro balistico, ma anche ad alcune caratteristiche peculiari della Crew Dragon 2. Quali sono dunque gli aspetti fondamentali da considerare per un generico rientro in atmosfera? Quali difficoltà dovrà superare la capsula che riporterà Dough Hurley e Bob Behnken a terra?
Criticità del rientro balistico
Sostanzialmente, durante la fase di rientro, la capsula deve cadere dalla sua orbita in maniera controllata, dissipando la propria energia, legata alla sua velocità orbitale e altitudine, senza venire distrutta dalle forze aerodinamiche e dal calore generati durante la caduta. La fase di rientro è caratterizzata, in generale, da tre aspetti critici: decelerazione, dissipazione del calore, precisione della zona di atterraggio.
La decelerazione è data dalla resistenza aerodinamica, una forza dovuta all’aria che si oppone al moto del veicolo mentre attraversa l’atmosfera. La decelerazione deve essere abbastanza grande da evitare che la capsula rimbalzi sugli strati più esterni dell’atmosfera, ma non tale da arrecare danni alla struttura del veicolo o ad un eventuale equipaggio umano.
Il secondo aspetto cruciale è il calore che si sviluppa per via delle onde d’urto e dell’attrito dell’aria sulla superficie esterna del veicolo. Questo aspetto viene valutato sia in termini di calore totale assorbito dalla navicella sia in termini di picchi termici istantanei. In alcune fasi del rientro, le temperature nei pressi della capsula sono così alte da ionizzare le molecole d’aria trasformandole in plasma. Se non dotato di adeguate protezioni termiche, il veicolo può subire danni tali da comprometterne l’integrità strutturale. Lo scudo termico assume quindi un ruolo fondamentale durante la fase di progettazione di un veicolo per cui si prevede un rientro balistico.
Infine, bisogna considerare la precisione richiesta nel raggiungere le coordinate della zona di atterraggio. Questa dipende molto dal tipo di veicolo e dalle modalità con cui deve avvenire l’atterraggio. Dovendo ammarare nell’oceano, questo requisito non sarà troppo stringente per la Crew Dragon 2. Bilanciando tra loro questi tre requisiti si può definire il “re-entry corridor”, una zona tridimensionale all’interno della quale è possibile disegnare la traiettoria per un rientro sicuro del veicolo. Come si nota dalla figura, il re-entry corridor è delimitato dalle zone di “overshoot”, dove una insufficiente decelerazione non permette un effettivo rientro, e di “undershoot”, dove la sicurezza del veicolo e dell’equipaggio sono compromessi da elevati valori di decelerazione e/o calore assorbito.
Le peculiarità della Crew Dragon 2
A queste criticità se ne aggiungono altre due peculiari della capsula Crew Dragon 2 di SpaceX. La prima riguarda le fasi iniziali della discesa ed è rappresentata dal design asimmetrico della capsula. Questo è dovuto al particolare posizionamento degli ugelli dei motori Super Draco, facenti parte del Launch Escape System.
Tale design potrebbe provocare una rotazione della capsula, esponendo alle alte temperature del plasma gli scarichi stessi dei Super Draco. Ciò potrebbe inficiare la stabilità del veicolo o surriscaldarne in maniera eccessiva aree critiche. Ovviamente gli ingegneri di SpaceX sono consci di queste problematiche ed avranno già adottato delle contromisure per minimizzare il rischio di eventi indesiderati. Minore preoccupazione desta invece l’impiego del nuovo sistema di paracadute, denominato Mark 3, in particolare riguardo al packing e al deployment delle tele. Sebbene abbia brillantemente superato l’estensiva campagna di test (27 prove dall’autunno scorso), sarà comunque la prima volta che il sistema verrà utilizzato al termine di una effettiva fase di rientro.
Infine, come sempre, saranno le condizioni meteo nella zona di splashdown a dare l’ultimo via libera al rientro della Crew Dragon 2. Sono soprattutto le condizioni del vento a porre le limitazioni più stringenti per la capsula. In alcuni scenari, fa sapere la NASA, la velocità dei venti dovrà essere particolarmente bassa per poter consentire l’ammaraggio. Tuttavia, sia il sito di rientro principale al largo della Florida, che il suo backup nel Golfo del Messico, sono tradizionalmente caratterizzati da venti leggeri nel mese di agosto. Proprio per questo motivo la data del 2 agosto appare realistica per il ritorno sulla terra dei due astronauti Dough Hurley e Bob Behnken.
Non ci resta dunque che attendere ancora pochi giorni per il rientro della capsula Crew Dragon 2. L’auspicabile positiva riuscita della missione Demo 2 consentirebbe l’utilizzo della capsula già a partire da settembre, quando è previsto il lancio della prima missione operativa Crew-1.