Con il lancio della Dragon del 5 dicembre, oltre a portare la capsula Dragon in orbita il Falcon 9 aveva una missione secondaria: testare la capacità del secondo stadio di riattivarsi.
Alcune missioni richiedono la riaccensione del motore del secondo stadio dopo molte ore, per portare il carico in orbite molto alte e in posizioni particolari. Per dimostrare queste capacità, dopo essersi sganciato dalla Dragon, il secondo stadio ha continuato ad orbitare attorno alla Terra per circa 6 ore prima di deorbitare riaccendendo il motore Merlin che lo alimenta.
Il problema da affrontare per questo tipo di missioni è quello di riuscire a mantenere il carburante allo stato liquido. Il rischio maggiore è quello del congelamento impendendo l’alimentazione del motore.
Un ulteriore fenomeno da evitare è quello dello sloshing, ovvero il movimento del liquido all’interno del serbatoio. Dopo lunghe permanenze in orbita, stabilizzare un liquido diventa più difficile e i suoi movimenti potrebbero danneggiare le strutture o portare il razzo fuori asse. Per evitare questi problemi, sono state aggiunte delle paratie all’interno dei serbatoi.
Gwynne Shotwell, presidente e COO (Chief Operating Officer) di SpaceX, ha dichiarato che il test si è concluso con successo. Il motore è stato acceso per 20,1 secondi dopo aver viaggiato per circa 6 ore. Questa accensione ha permesso al razzo di eseguire la manovra di rientro, distruggendosi completamente durante il suo rientro in atmosfera.
Si tratta del terzo test di questo tipo condotto con successo dalla SpaceX. Uno di questi è stato condotto durante la missione STP-2 (il terzo lancio del Falcon Heavy) per conto della USAF (U.S. Air Force). Anche in quell’occasione sono stati compiuti test sul secondo stadio, effettuando diverse accensioni in sequenza. La missione durò in totale circa 3 ore e 30 minuti ed ha portato in orbita 24 satelliti.
Il motivo del test
Uno dei motivi principali per questi test è che satelliti in orbite geostazionarie richiedono missioni molto lunghe per essere portati nella loro posizione finale. Alcuni enti richiedono che i loro carichi vengano portati direttamente nell’orbita finale, per non consumare il combustibile del satellite, allungandone la vita. Studiare la capacità di riaccensione del secondo stadio ha permesso ha SpaceX di migliorare nella loro offerta commerciale per queste orbite specifiche.
Lo scopo della missione del secondo stadio è stato rivelato pochi giorni prima dell’inizio della missione CRS-19. Si era creato un vero e proprio mistero sul perché il Falcon 9 dovesse atterrare sulla Of Course I Still Love You a 345 km dalla costa. Solitamente con missioni di questo tipo, il Falcon 9 riesce infatti a tornare a terra. In questa occasione invece, il secondo stadio aveva bisogno di molto più carburante da portare in orbita per i test, quindi è stato consumato quello del primo stadio che quindi non sarebbe riuscito a tornare alla Landing Zone di terra.
Si tratta di un ulteriore successo per l’azienda di Musk, che presto potrebbe ottenere altri contratti anche da parte di aziende che richiedono queste certificazioni, come la USAF.