Il programma Artemis affonda le proprie radici molto prima di quanto non si pensi. È il 2004 quando il neoeletto presidente degli Stati Uniti George W. Bush espone al Congresso americano gli obiettivi della NASA dopo la tragedia dello Space Shuttle Columbia. Il piano ideato dall’amministrazione Bush, chiamato Visual for Space Exploration (VSE), fu un espediente per riguadagnare il consenso e l’entusiasmo dell’opinione pubblica dopo l’incidente del Columbia, e il fallimento in termini economici e di sicurezza dell’intero programma Shuttle.
Nonostante il piano VSE avesse ricevuto pareri molto discordanti, nel novembre del 2004 il Congresso accordò un fondo di 16 miliardi di dollari alla NASA per lo sviluppo del piano. L’ambizioso progetto prevedeva di ultimare la costruzione della ISS e di ritirare lo Shuttle entro il 2010. Ma il principale obiettivo era quello di ritornare sulla luna con una missione umana entro il 2020, per stabilire un insediamento umano e creare i presupposti per una successiva esplorazione di Marte.
Il punto principale con cui Bush giustificò l’enorme entità dell’investimento fu che la disponibilità di un insediamento stabile sulla luna avrebbe diminuito drasticamente i costi per le future esplorazioni. La possibilità di lanciare missioni dalla superficie lunare avrebbe effettivamente consentito di sfruttare condizioni di lancio più favorevoli (gravità più bassa e assenza di atmosfera) oltre che la possibilità di produrre propellenti in situ. Numerose furono però le critiche mosse al VSE, che veniva visto da molti come una cattiva gestione del budget.
La nascita di Constellation
Per concretizzare l’obiettivo di tornare sulla luna, nel 2005 veniva avviato il programma Constellation, la cui architettura era del tutto simile a quella del programma Apollo. Due lanciatori (Ares I e Ares V) avrebbero permesso ad una navicella con equipaggio (una prima versione di quella che sarà la Orion) e ad un modulo lunare (Altair) di raggiungere l’orbita terrestre. Qui i due moduli avrebbero effettuato un rendez-vous prima di immettersi su una traiettoria translunare. Le modalità e le tecnologie di Constellation erano direttamente provenienti dal programma Shuttle e dallo stesso Apollo. Per questo motivo in molti rividero in Constellation un maldestro tentativo di emulare il successo ottenuto 35 anni prima. Ad ogni modo, la mancanza di finanziamenti adeguati fece sì che il VSE non raggiunse mai i suoi obiettivi originali, lasciando molti progetti in ritardo al termine del mandato di Bush.
Obama rilancia su Marte
Con l’arrivo di Obama alla Casa Bianca Constellation subì una definitiva battuta d’arresto. Nel 2009 venne istituita la così detta Commissione Augustine (dal nome del suo presidente) con lo scopo di revisionare il programma americano per il volo spaziale umano. Al termine dell’indagine venne stabilito che il programma Constellation era così in ritardo e sottofinanziato che non sarebbe stato possibile realizzare nessuno degli obiettivi. Fu così che nel 2010 Obama rimosse il programma dal budget dell’anno, cancellandolo in maniera definitiva. L’unico elemento che sopravvisse alla cancellazione del programma fu la Orion, che venne ripensata come capsula di backup per il rientro dalla ISS. La conseguenza diretta del cancellamento dello sviluppo dei due vettori Ares, fu che dal 2011, con il ritiro dello shuttle, gli USA persero la possibilità di accedere in maniera autonoma allo spazio, dovendo ricorrere ai lanciatori sovietici per portare astronauti in orbita.
Il 15 aprile del 2010 Obama tenne un discorso al Kennedy Space Center annunciando i nuovi obiettivi della NASA, tra i quali compariva lo sviluppo di un nuovo lanciatore pesante: lo Space Launch System (SLS). Questo nuovo vettore avrebbe reindirizzato la forza lavoro e le risorse che fino a quel momento erano state impiegate nel programma Space Shuttle e in Constellation. In quel discorso, inoltre, emerse chiaramente per la prima volta l’intenzione di costruire una solida collaborazione con l’industria privata.
Proprio in quei giorni Space X testava con successo il Falcon 9. Questa forte volontà si concretizzò nel Commercial Crew Program, con il quale venne dato un enorme impulso al mercato spaziale dei privati. Dovendo trovare un veicolo che sostituisse lo Shuttle, vennero infatti stanziati grossi finanziamenti sia per Space X che per Boeing affinché sviluppassero la Dragon e la Starliner rispettivamente. Ma l’obiettivo più ambizioso che Obama dichiarò nel suo discorso, fu quello di avere una missione su Marte negli anni 30, senza passare dallo step intermedio della luna. Solo in questo modo, secondo il presidente, l’esplorazione umana avrebbe potuto progredire, senza attaccarsi ai successi del passato.
Trump accelera verso la Luna
Alcuni anni dopo, quando Trump si è insediato alla Casa Bianca, ancora una volta il programma spaziale americano ha subito dei cambiamenti. L’11 dicembre 2017 il presidente Trump ha firmato la “Space Policy Directive 1”. Fu un cambiamento nella politica spaziale americana, con il quale la Luna tornava ad essere presente nell’agenda nazionale. Con questa nuova direttiva si mirava ad un programma integrato, guidato dagli Stati Uniti con partner del settore privato. L’obbiettivo è un ritorno umano sulla Luna seguito poi da missioni su Marte. La direttiva dichiarava inoltre l’intenzione di realizzare un insediamento umano sulla superficie lunare, che avrà anche lo scopo di preparare le successive missioni verso il Pianeta Rosso.
Per realizzare questi obiettivi si utilizzeranno i mezzi e le tecnologie sviluppate durante le amministrazioni precedenti: l’Orion e l’SLS. Anche il Lunar Gateway, che svolgerà un ruolo cruciale nelle fasi più avanzate del programma Artemis, è un progetto in parte “riciclato” dalla precedente amministrazione Obama. In realtà il progetto originale era quello di una missione per sperimentare il dirottamento di un asteroide (AME), nel quale si sarebbe testato un nuovo tipo di propulsione elettrica. Nonostante Trump abbia cancellato questo progetto, lo sviluppo della tecnologia necessaria a questo tipo di propulsione non è andato perso, e verrà utilizzato per la costruzione del Power and Propulsion Element del Gateway. Quest’ultimo è un chiaro esempio di come i programmi spaziali siano fortemente influenzati dalla storia politica, le cui vicissitudini impongono continui cambiamenti (e di conseguenza ritardi e spese). Sotto la presidenza di Trump il programma spaziale americano ha comunque subito una forte accelerazione.
La nascita del Programma Artemis
Nel marzo del 2019 il vicepresidente Mike Pence ha annunciato che l’obiettivo di far allunare un equipaggio, inizialmente previsto per il 2028, sarà anticipato di quattro anni, con la prima spedizione umana prevista per il 2024. Poche settimane dopo l’annuncio di Pence, l’amministratore della NASA Jim Bridenstine annunciava la nascita del programma Artemis che conosciamo.
Nonostante Artemis sia nato ufficialmente sotto la presidenza di Trump e l’amministrazione Bridenstine, è difficile definire chi ne fu il padre effettivo. Artemis è infatti il frutto di un processo storico pluridecennale, di una serie di compromessi e contrasti politici ed economici. Si erge sulle ceneri di diverse amministrazioni e programmi dai quali ha ereditato molti degli elementi che lo compongono. Basti pensare alla controversa storia della capsula Orion, nata sotto la presidenza di Bush, o al SLS, fortemente voluto da Obama, ma il cui design è in gran parte derivato dal vettore Ares V di Constellation.
Non si può poi non considerare l’enorme contributo apportato dall’industria privata, coinvolta grazie al Commercial Crew Program di Obama. Si pensi poi ai tre lander lunari appaltati dalla NASA a tutti gli altri contratti siglati dalla NASA con aziende private per esplorare la Luna. Viene allora da pensare che Artemis non sia figlio di una singola amministrazione, o di una cerchia ristretta di persone. Piuttosto di una comune volontà di uscire nuovamente dall’orbita bassa. Una volontà che, dall’epoca delle missioni Apollo, è sopravvissuta al susseguirsi delle amministrazioni, dei presidenti e dei tagli di budget.
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