La questione se Marte abbia mai ospitato la vita sta interessando la comunità scientifica (e non solo) da decenni. Al centro di questa ricerca c’è la comprensione del clima passato del Pianeta Rosso, che secondo i dati delle missioni spaziali, fino a tre miliardi di anni fa circa ospitava acqua liquida in superficie.
Ora un nuovo studio ha trovato prove che l’antico Marte per un certo periodo potrebbe aver avuto un clima freddo, ghiacciato e secco, piuttosto che caldo e umido. Questa scoperta si basa sull’analisi di materiali del cratere Gale effettuata dal rover Curiosity della NASA, che presentano analogie con i terreni di Terranova in Canada, un’area caratterizzata da un clima subartico.
Materiali amorfi ai raggi X nel cratere Gale
Il cratere Gale di Marte, esteso per circa 154 km di diametro, presenta molti segni della presenza di acqua nel corso della sua storia. Essendo stato un lago, gli scienziati sono interessati a capire quali fossero le condizioni ambientali quando era pieno d’acqua.
Il rover Curiosity della NASA sta esplorando questo cratere dal 2012, raccogliendo dati cruciali sui materiali del suolo e delle rocce marziane. Tra le scoperte più significative vi è la presenza di un materiale noto come materiale amorfo ai raggi X.
Questi materiali, che rappresentano tra il 15% e il 73% dei campioni analizzati, non possiedono la struttura atomica ripetuta tipica dei minerali cristallini, e quindi non possono essere facilmente caratterizzati attraverso la diffrazione dei raggi X. Questo metodo di analisi viene utilizzato per identificare le impronte digitali uniche dei minerali, ma non è efficace per i materiali amorfi.
Anthony Feldman, scienziato del suolo e geomorfologo al Desert Research Institute (DRI), spiega che i materiali amorfi ai raggi X sono come “una zuppa di diversi elementi e sostanze chimiche che scivolano l’una sull’altra”. L’analisi chimica dei campioni del cratere Gale ha rivelato che questi materiali sono ricchi di ferro e silicio, ma poveri di alluminio, suggerendo condizioni ambientali particolari durante la loro formazione.
L’analogia con un clima subartico
Per comprendere meglio queste condizioni, Feldman e il suo team hanno studiato terreni simili in tre località terrestri:
- Gli altipiani del Gros Morne National Park a Terranova, in Canada, con clima di tipo subartico.
- Le Klamath Mountains, nella California settentrionale, caratterizzate da un clima mediterraneo con estati calde e secche e inverni freddi e umidi.
- L’area della città Pickhandle Gulch, nel Nevada occidentale, con un clima desertico.
Solo i terreni di Terranova, con il suo clima freddo subartico, hanno mostrato caratteristiche chimiche e strutturali simili a quelle del cratere Gale.
Ciò suggerisce che l’acqua presente nel cratere Gale durante il periodo in cui Marte era geologicamente attivo era probabilmente associata a un clima freddo e vicino al punto di congelamento. Questo contrasta con l’ipotesi di un Marte caldo e umido, suggerendo invece condizioni subartiche simili a quelle che si trovano in regioni terrestri come Terranova, o come l’Islanda.
Il materiale amorfo ai raggi X è considerato relativamente instabile, poiché gli atomi non si sono ancora organizzati in forme cristalline definitive. Tuttavia, le condizioni fredde rallentano i processi cinetici, permettendo a questi materiali di persistere su scale temporali geologiche. Ecco perché è stato trovato da Curiosity su Marte.
Le implicazioni per il clima di Marte
Questa scoperta è cruciale per comprendere come i materiali amorfi possano formarsi e essere conservati in ambienti freddi, ma soprattutto, fornisce indizi preziosi sulle condizioni climatiche di Marte.
Suggerisce infatti che Marte potrebbe aver vissuto un’era glaciale, con temperature medie annue prossime allo zero. Risultati che non solo sfidano l’idea di un Marte caldo e umido, ma aprono anche nuove strade per la ricerca sul clima e la potenziale abitabilità (passata, presente e futura) del pianeta.
La comprensione delle condizioni ambientali passate di Marte è fondamentale per rispondere alla domanda se il pianeta abbia mai potuto sostenere la vita. Un piccolo passo alla volta, queste scoperte stanno contribuendo quindi a un quadro sempre più completo della sua storia geologica e climatica.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment, è reperibile qui.