Nel corso dei miliardi di anni della sua crescita ed evoluzione, la nostra Galassia natale, la Via Lattea, si è ingrossata man mano che altre galassie si sono avvicinate, sono entrate in collisione e sono state distrutte e consumate da essa. Ogni collisione ha provocato la formazione di diverse famiglie di stelle, che è possibile riconoscere e distinguere da quelle originarie della Galassia e che influenzano il modo in cui essa si muove e comporta. Un po’ come rughe sul volto di una persona che invecchia.
Uno degli obbiettivi del satellite Gaia dell’ESA, un telescopio spaziale per astrometria di precisione che cataloga i moti di miliardi di stelle, è quello di aiutarci a costruire la storia della Via Lattea e di queste collisioni, studiandone le rughe. Documentando il movimento di oltre 100mila stelle vicine alla nostra, Gaia ha di recente rivelato che il più recente di questi “incidenti” è avvenuto miliardi di anni dopo quanto pensassimo.
La collisione Gaia-Sausage-Enceladus
Nell’alone della Via Lattea sono presenti delle stelle con orbite peculiari, appartenenti ad un gruppo che secondo gli scienziati è stato adottato nel corso della cosiddetta “ultima grande fusione”. Si tratterebbe infatti dell’ultimo episodio di collisione, con una galassia nana che ha fatto acquisire alla nostra Galassia un certo numero di stelle anche nei pressi del suo centro.
Questo evento è noto con il nome di Gaia-Sausage-Enceladus (GSE). Attualmente lo vediamo con i resti di quella galassia nana che regalò alla Via Lattea almeno otto ammassi globulari e 50 miliardi di masse solari di stelle, gas e materia oscura. I ricercatori hanno datato l’episodio a 8-11 miliardi di anni fa.
Il nome è stato scelto per la caratteristica forma “a salsiccia” (sausage in inglese significa salsiccia) della popolazione di stelle e materiale acquisito dalla Via Lattea, se posto in un diagramma dello spazio delle velocità di tipo radiale. Le stelle che si sono fuse con la Via Lattea hanno infatti orbite molto allungate, ed erano già state individuate, prima di Gaia, nei dati della precedente missione Hipparcos dell’ESA, e identificate come originarie di una galassia accresciuta.
Riscrivendo la storia della Via Lattea: il Virgo Radial Merger
I recenti dati di Gaia, pubblicati come parte del Data Release 3 nel 2022, suggeriscono però che un’altra fusione potrebbe aver prodotto almeno una grossa parte di quelle stelle. Heidi Jo Newberg del Rensselaer Polytechnic Institute, co-autrice della ricerca, ha spiegato:
Affinché le rughe delle stelle siano così chiare come appaiono nei dati di Gaia, devono essersi unite a noi meno di tre miliardi di anni fa: almeno cinque miliardi di anni dopo di quanto si pensasse. Nuove rughe di stelle si formano ogni volta che le stelle oscillano avanti e indietro attraverso il centro della Via Lattea. Se si fossero unite a noi otto miliardi di anni fa, ci sarebbero così tante rughe una accanto all’altra che non le vedremmo più come caratteristiche separate.
Molte di quelle stelle quindi, invece di essersi originate dall’antica fusione GSE, proverrebbero da un evento più recente, che gli scienziati hanno soprannominato Virgo Radial Merger (VRM). Questo episodio sarebbe avvenuto circa 2.7 miliardi di anni fa (comunque non oltre 3 miliardi) secondo le simulazioni effettuate dagli scienziati. Un’idea che già da qualche tempo altri lavori avevano avanzato, mettendo in dubbio che tutte le stelle associate alla GSE provenissero effettivamente da un solo evento di fusione.
#GaiaData is writing and rewriting history. With each new data release, we learn more about the events that shaped our #MilkyWay 🌌 https://t.co/LxosTJIqkt
— ESA Gaia (@ESAGaia) June 7, 2024
Questo risultato indica che gran parte della Via Lattea si è unita a noi solo negli ultimi miliardi di anni. Ciò rappresenta un grande cambiamento rispetto a ciò che gli astronomi avevano pensato fino ad ora. Anche perché dalle simulazioni, il Virgo Radial Merger potrebbe aver portato con sé una famiglia di altre piccole galassie nane e ammassi stellari, che si sarebbero uniti alla Via Lattea più o meno nello stesso periodo.
Lo studio, pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, è reperibile qui.
I dati utilizzati provengono dal catalogo Data Release 3 di Gaia, disponibile qui.