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| On 7 mesi ago

Due pianeti si sono scontrati in un sistema stellare lontano. Noi ne abbiamo osservato il bagliore

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Nel dicembre 2021, nel corso dell’indagine ASASN-SN, gli astronomi hanno osservato una stella simile al Sole la cui luminosità diminuiva, fino a oscurarsi quasi completamente. La stella si trova a circa 1800 anni luce dalla Terra e questo evento fu denominato ASASSN-21qj.

Vedere le stelle oscurarsi non è raro, e il motivo in genere sta in una nube di materiale che si frappone tra loro e la Terra. Gli astronomi però ancora non sapevano che se nel visibile la luminosità diminutiva, nell’infrarosso aumentava di circa il 4%. E che quello che stavano vedendo era con tutta probabilità il bagliore proveniente da una gigantesca collisione planetaria.

Un cataclismico scontro tra pianeti giganti

I pianeti crescono all’interno di dischi di gas e polvere, attorno a giovani stelle in formazione. Nel corso del tempo, orbitando velocemente in questi dischi, i corpi planetari possono scontrarsi, in giganteschi impatti in cui possono distruggersi completamente, o generare un altro oggetto massiccio.

Con il telescopio spaziale Spitzer della NASA sono stati registrati nel corso del tempo cambiamenti sostanziali e rapidi nell’emissione del medio infrarosso per diverse stelle. Poiché la polvere assorbe la luce visibile riemettendola nell’infrarosso, quei cambiamenti sono stati interpretati come generati da espulsioni di materiale caldo e polveroso durante collisioni su scala planetaria, riscaldato dalla stella centrale.

Nel caso della giovane stella (ha circa 300 milioni di anni) simile al Sole ASASSN-21qj, il suo cambiamento repentino di luminosità nel visibile e l’aumento del 4% nell’infrarosso osservato con il telescopio WISE della NASA sono coerenti con una collisione tra due esopianeti. Secondo le prime stime essi avevano una massa di decine di masse terrestri, quindi erano pianeti giganti, e si trovavano a 2-16 Unità Astronomiche (1 U.A. sono 150 milioni di km) dalla stella centrale.

Un tale impatto produce un corpo residuo caldo e massivo, con luminosità sufficiente per spiegare le osservazioni nell’infrarosso.

Schizzo dell’ipotesi per le osservazioni viste nell’evento ASASSN-21qj. Credits: M. Kenworthy et al. 2023

Il risultato? Un altro pianeta

L’impatto tra i due pianeti giganti ipotizzato per spiegare l’evento ASASSN-21qj avrebbe formato una massa calda e luminosa di materiale centinaia di volte più grande dei pianeti originari, con una luminosità emessa che poteva raggiungere una percentuale pari a quella emessa dalla stella. Questo residuo, però, impiegherà molto tempo, forse milioni di anni, per raffreddarsi e ridursi a qualcosa che potremmo riconoscere come un nuovo pianeta.

L’impatto avrebbe anche espulso grandi pennacchi di detriti in una serie di orbite diverse attorno alla stella. Una frazione di questi detriti sarebbe stata vaporizzata durante l’impatto, condensandosi successivamente per formare nuvole di minuscoli cristalli di ghiaccio e di roccia. Nel corso del tempo, parte di questa nube di materiale è passata tra ASASSN-21qj e la Terra, bloccando una frazione della luce visibile proveniente dalla stella e producendo l’oscuramento irregolare che è stato osservato.

La curva di luce di ASASSN-21qj dal satellite TESS e il periodogramma della fotometria di TESS e ASAS-SN. Credits: M. Kenworthy et al. 2023

Cosa ci insegna questo evento?

Se questa interpretazione è corretta, lo studio di questo sistema stellare potrebbe aiutare a comprendere un meccanismo chiave della formazione dei pianeti. Anche dall’insieme limitato di osservazioni ottenuto finora, è possibile evincere almeno due importanti implicazioni:

  1. Per emettere la quantità di energia osservata, il corpo post-impatto deve essere stato molte centinaia di volte più grande della Terra. Per creare un corpo così grande, i pianeti che si sono scontrati dovevano essere diversi volte la massa della Terra, forse grandi quanto i nostri giganti ghiacciati, Urano e Nettuno.
  2. La temperatura del corpo dopo l’impatto dev’essere intorno ai 700°C. Perché la temperatura fosse così bassa, i corpi in collisione non avrebbero potuto essere interamente costituiti da roccia e metallo. Quindi probabilmente si trattava proprio di esopianeti giganti ghiacciati, simili a Nettuno.

Inoltre, il ritardo osservato tra l’emissione di luce infrarossa e l’osservazione dei detriti che attraversano la stella suggerisce che la collisione sia avvenuta abbastanza lontano dalla stella, più lontano di quanto lo sia la Terra dal sole. Un tale sistema, in cui sono presenti giganti di ghiaccio lontani dalla stella, è più simile al nostro Sistema Solare che a molti dei sistemi planetari fitti che gli astronomi spesso osservano attorno ad altre stelle.

Le osservazioni future con il James Webb Space Telescope consentiranno di determinare le dimensioni e la composizione delle particelle nella nube di detriti, e di identificare la chimica del corpo post-impatto. Potremmo capire in tempo reale come questo pianeta si raffredda ed evolve, e se si formano sue lune.

L’abstract dello studio, pubblicato su Nature, è reperibile qui.